Nel deserto della Giudea, zona a nord del Nahal Zohar, gli archeologi dell’Autorità israeliana per le Antichità hanno scoperto un edificio sovrastato da una struttura piramidale risalente al III secolo a.C. circa. Costruita durante il periodo ellenistico, sotto il dominio tolemaico, la struttura sorge in prossimità di una più antica stazione di sosta.

“Uno degli scavi archeologici più ricchi e intriganti mai scoperti nel deserto della Giudea. – hanno affermato i direttori degli scavi Matan Toledano, Eitan Klein e Amir Ganor – Alta circa 6 metri, la struttura piramidale è costruita con pietre tagliate a mano, ciascuna del peso di centinaia di chili”.
Non è una vera e propria piramide ma un edificio con un cumulo di enormi pietre sulla cima che gli conferisce un aspetto piramidale.

Il Nahal Zohar è un torrente nel deserto giudaico meridionale e la struttura piramidale fu eretta dopo la conquista della regione da parte di Alessandro Magno. Scavata per la prima volta dalla sua scoperta negli anni ’50, si è rivelata essere un edificio quadrato con un cumulo di pietre sulla cima che gli conferisce un aspetto piramidale.
Al di sopra della struttura piramidale vi è una sepoltura di epoca romana
Al di sopra della struttura piramidale vi era una tomba profanata in antichità, ma molto più recente rispetto all’edificio sottostante. Non si esclude l’ipotesi che nel riuso del sito come sepoltura, i blocchi siano stati alterati accatastandoli e conferendo loro l’aspetto piramidale. Questo dettaglio apre nuovi interrogativi. Chi è stato sepolto proprio in quel punto in epoca romana? Un importante dignitario o semplicemente qualcuno che amava la vista panoramica?
L’edificio sottostante la struttura piramidale
L’edificio, di 11×11 metri, conservato fino a un’altezza di 6,5 metri, è stato eretto con blocchi monumentali, ciascuno del peso di diversi quintali. All’interno, gli archeologi hanno scoperto travi di legno, che potrebbero aver separato i piani interni, frammenti di mobilio, frammenti di papiri su cui sono state identificate lettere in greco e in aramaico e delle monete. La comparsa di papiri scritti in greco è particolarmente rivelatrice. Sebbene siano ancora in fase di studio, il loro contenuto potrebbe far luce su pratiche fiscali o transazioni commerciali. Documenti di questo tipo sopravvivono raramente al di fuori dell’Egitto, e il loro ritrovamento nel deserto di Giudea è una vera rarità.

Sono state soprattutto le monete a far datare l’edificio al periodo ellenistico. Ce ne sono alcune coniate sotto Antioco IV Epifane, re dell’Impero Seleucide dal 175 al 164 a.C., periodo durante il quale terminò la tolleranza religiosa nei confronti degli ebrei della Giudea ed ebbe inizio un periodo di repressione e rivolte. Questo attesta che il sito sia stato in uso per molto tempo. Mobili, utensili e tessuti mostrano una mescolanza di stili greci e orientali, suggerendo una presenza diversificata e interazione culturale.
Probabilmente era un avamposto militare con funzioni amministrative
La presenza di alcuni oggetti identificati come armi induce a considerare l’ipotesi che l’edificio sia stato un avamposto militare. Sappiamo che in epoca tolemaica furono fondate numerose città-stato con funzioni militari e amministrative. Alcune erano “cleruchie”: colonie in cui soldati greci in pensione ricevevano terre e si integravano con le popolazioni locali. È possibile che questo punto elevato sulla rotta del Mar Morto avesse una doppia funzione: proteggere il passaggio delle carovane e fungere da punto di controllo fiscale.
A circa 50 metri dalla struttura è stata identificata una stazione di posta lungo quella che era un’antica rotta commerciale che dal Mar Morto raggiungeva Arad, Gerusalemme e Gaza. Il caravanserraglio presentava un complesso quadrato di circa 30 x 30 metri, con camere costruite attorno a un cortile centrale.

Lo scavo fa parte di un progetto più ampio, avviato otto anni fa, che ha già esplorato 180 chilometri di scogliere nel deserto, scoprendo circa 900 grotte e migliaia di reperti rari – rotoli, monete, utensili e papiri. Tra le scoperte più interessanti si annoverano un cesto intrecciato che ha più di 10.000 anni, spade romane in condizioni quasi perfette e il corpo di un bambino sepolto 6.000 anni fa.
Al di là dell’importanza scientifica, questo scavo è diventato anche un modello di partecipazione cittadina e di utilizzo della tecnologia applicata al patrimonio. Il progetto ha coinvolto centinaia di volontari, da studenti a pensionati, che hanno lavorato a fianco degli archeologi, scoprendo ogni giorno nuovi frammenti di storia.
https://www.youtube.com/watch?v=F6wJcwQmz4Y
fonte: https://www.shalom.it/israele/il-mistero-della-piramide-rinvenuta-nel-deserto-della-giudea/