Era convinzione dell’utente medio, fino a qualche anno fa, che l’utilizzo di un calcolatore fosse strettamente legato ai prodotti informatici dell’azienda statunitense con il logo della finestra quadricromica. Premere il bottone d’accensione sull’unità centrale generava un’unica aspettativa: quella di trovarsi stampato sullo schermo uno sfondo con un prato verde ed un cielo azzurro. Simboli di libertà e speranza, valori dei quali la società del capitale abusa quotidianamente.
Dagli sforzi di un informatico – nonché attivista per i diritti civili – nordamericano, Richard Stallman, nacque, nel lontano 1983, GNU (acronimo ricorsivo che sta per “GNU is not Unix”), una collezione di programmi utili a svolgere le più svariate operazioni: un sistema operativo. La differenza precipua tra questo ed i preesistenti era la licenza d’uso con la quale veniva rilasciato: oltre a poter usufruire gratuitamente dei programmi, l’utente aveva accesso al codice sorgente degli stessi ed era libero, inoltre, di apportarvi modifiche e redistribuire a sua volta, evidenziando il punto di partenza e quello d’arrivo, il risultato del suo lavoro.
L’alternativa ai sistemi operativi cosiddetti “proprietari” (la cui licenza d’uso non consente le libertà sopracitate) era però carente di quello che tecnicamente è chiamato “kernel” (letteralmente “nocciolo”), ovvero il programma che consente ad un SO di “dialogare” con la macchina. Uno studente universitario finlandese, Linus Torvalds, entrò nella storia inconsciamente, nei primi anni novanta, creando proprio il pezzo che mancava al puzzle GNU. Nacque GNU/Linux, ed oggi il mondo informatico ne fa largo uso: sui server che ospitano i siti Internet che navighiamo, sui telefoni cellulari (Android è infatti una distribuzione GNU/Linux) e su innumerevoli altri dispositivi.
Uno dei principali meriti della logica di quello che Stallman chiama “free software” è la nascita spontanea di comunità informatiche perseguenti obiettivi comuni e offerenti “mutuo soccorso”. Il codice “chiuso” o proprietario, al contrario, limita l’utente all’utilizzo del programma, chiudendolo nell’individualismo del mondo binario. Delle potenzialità del FLOSS (Free/Libre Open Source Software) si sono accorti anche paesi come la Cina e la Repubblica Popolare Democratica di Corea, la Russia, il Venezuela bolivariano e, più marginalmente, la Repubblica Islamica dell’Iran.
Nel dicembre 2010, l’allora Primo Ministro della Federazione Russa, Vladimir Putin, ordinava la migrazione dei sistemi informatici delle agenzie governative all’opensource, un processo che ha avuto inizio nei primi mesi dell’anno successivo e che dovrebbe avere compimento, stando ai propositi del governo, entro il 2015. Nel 2007, in attuazione del decreto presidenziale 3390 teso ad agevolare la transizione a sistemi liberi, si avvia nella Repubblica Bolivariana del Venezuela lo sviluppo di Canaima Linux, che il 14 marzo 2011, con effetto determinato dalla pubblicazione della gazzetta ufficiale 39633, diviene il sistema operativo ufficiale della pubblica amministrazione.
Nel 2000 viene rilasciata la prima versione di Red Flag Linux, distribuzione ideata un anno prima dall’Istituto di Ricerca sul Software dell’Accademia Cinese delle Scienze. Nella Corea socialista è in uso, dal 2002, Red Star OS. Tanto paradossale quanto ovvio, sui calcolatori di Pyongyang girava la versione inglese del sistema operativo di Bill Gates prima che il Korea Computer Center, centro di ricerca governativo sulle tecnologie dell’informazione (IT), desse alla luce una propria versione del sistema operativo GNU/Linux tradotta interamente nel dialetto coreano parlato nel nord della penisola.
Alan Baghumian è nella Repubblica Islamica dell’Iran il principale animatore della scena dedicata al software libero. Gestisce, oltre ai siti web Technotux ed IranTux, la cui finalità è quella della divulgazione della conoscenza dei sistemi operativi liberi nel suo paese, la distribuzione Parsix, la prima che potesse avvalersi di un gruppo di sviluppatori focalizzato sulla sua localizzazione in farsi.
Se la possibilità di sfruttare il codice sorgente di un programma adattandolo alle proprie necessità, fosse, una ventina d’anni fa, interesse dei soli appassionati e addetti ai lavori, oggi rappresenta un’occasione che può avere ricadute dall’innegabile peso politico. Il duopolio informatico dominato da mele e finestre è ormai tramontato, lasciando l’orizzonte all’alba di una nuova concezione del software, visto come frutto del lavoro collettivo finalizzato ad un unico obiettivo.
E se i pedagogici, subliminali risvolti non fossero abbastanza, rimane pur sempre da considerare l’affrancamento dalle tecnologie standardizzate da società private perseguenti il mero profitto, determinanti rischi per la sicurezza conseguenti dall’uso di programmi il cui funzionamento è tanto noto all’autore quanto precluso all’utente. Noi, il deus ex machina, preferiamo guardarlo in faccia.
Articolo di Alessandro Sardone
Fonte: statopotenza.eu