Facebook e Youtube, i due grandi Social Network che “autodichiarano” di aver superato la mitica soglia del miliardo di membri, stanno ovviamente modificando alcuni aspetti della geopolitica mondiale e in particolare della politica in Usa. Questi due giganti infatti non sono più definibili semplicemente Comunità Digitali perché il comportamento dei loro membri, e soprattutto il comportamento dei loro proprietari, li rende trasmutabili in altre macroentità. Stati transnazionali? Religioni più o meno laiche? Modelli di comportamento e lifestyle globalizzati? Lobbies di pressione? Oppure un mix di tutto ciò? Certamente sì. Nel caso dei membri, l’ingresso in tali macroentità conferisce di fatto uno status che prima non esisteva. Aprire un account è come ottenere una carta d’identità, una sorta di passaporto. E soprattutto aderire, quasi sempre beotamente, alla mappata di “Terms and Conditions”, significa accettare una Costituzione che di democratico ha ben poco. Se ci fosse una Costituzione da Nuovo Ordine Mondiale, sarebbe questa. Nel caso dei proprietari invece, gli osservatori e gli analisti si cominciano a domandare, già da qualche tempo, quale sia la visione del potere e del futuro di costoro.
Al di là del fatto che i boss e i loro CdA sono diventati, per le industrie multinazionali e per il cartello delle Agenzie Pubblicitarie, i maggiori referenti utili al collocamento e alla promozione di merci e servizi. Al di là del fatto che è stata dimostrata una efficace e reiterata violazione della privacy dei membri. Al di là del fatto che finora i Poteri Digitali si sono messi al servizio più o meno indistintamente dei diversi partiti. La domanda che ci si pone è: può esistere una loro strategia politica? E se (verosimilmente) sì, quale potrebbe essere?
È in questa chiave che va letto il recente caso che ha visto Facebook, e il suo patron Mark Zuckenberg, in difficoltà. Dopo la presentazione del suo “graph search”, un motore di ricerca interno a Facebook che lo mette, in qualche modo, in diretta competizione con Google e dopo il cinguettio con Apple, all’inizio della seconda settimana di aprile il giovanotto miracolato si è espresso – ancorché vagamente – a proposito di raccolta fondi a favore del Governatore del New Jersey Chris Christie, un repubblicano. Ovviamente la cosa ha allertato i democratici i quali hanno alzato la sorveglianza.
Si sapeva già da tempo che Facebook- Zuckenberg stava per presentare pubblicamente un’operazione che ha precise connotazioni politiche. L’operazione aveva (e avrà) quali obiettivi : “comprehensive immigration reform and education reform”.
Secondo alcune fonti le riforme relative all’immigrazione sono da interpretare alla luce del fatto che a Silicon Valley operano “cervelli digitali” arrivati da molte parti del mondo, alcune dei quali da zone altamente strategiche, quali Cina, India e Russia.
Secondo altre fonti – decisamente più malevole – la visione di Facebook dell’immigrazione sarebbe una “captatio benevolentiae” nei confronti di tutti quei membri, non cittadini americani, che sognano di sbarcare prima o poi in USA. E sarebbe, in tale chiave, un’enorme opportunità per effettuare una macroscopica raccolta fondi, in arrivo da ogni angolo remoto del pianeta, a sostegno dell’operazione. Sta di fatto che il Senato americano, dopo la pausa pasquale, sta per mettere nuovamente mano all’argomento e quindi l’eventuale pressione da parte dell’operazione Facebook-Zuckenberg (per alcuni) è impropria.
La menzione relativa alla education poi appariva (e appare) piuttosto inquietante, nell’ipotesi che un colosso del web, unitamente ad altri partner rilevanti, si dia come obiettivo quello di “educare” le nuove generazioni. Operazione che – va detto – è pienamente in corso, in deroga a qualsiasi progetto governativo.
All’ONU poi, dopo decenni di attività, le organizzazioni internazionali preposte alla cosiddetta “educazione”, temono una sovrapposizione di “linee guida” con la quale sarebbe difficile confrontarsi.
La “cosa” ancora priva di nome era stata definita un Advocacy start up (l’inizio di un patrocinio) e rientrava dunque in quel grande solco tracciato dalla Cittadinanza Attiva . Fin qui (ufficialmente) tutto bene. Senonché il 9 aprile, “Politico”, una pubblicazione online Usa di tutto rispetto, “intercetta” una email. E già qui l’affaire puzza di intelligence. Come si fa ad intercettare una email ? Fatevi una domanda , datevi la risposta. Tanto più che l’email , definita il “Prospectus”, è inviata ai membri del “board e dello staff” da uno storico personaggio: Mr. Joe Green, ovvero uno dei compagni di stanza ad Harvard di Mark Zuckenberg. Cioè un uomo con il quale il Miracolato, ai tempi della Marcia sul Web, probabilmente si scambiava anche lo spazzolino da denti, i calzini sporchi e il mouse.
Il testo, una volta intercettato, appare ridondante di affermazioni incaute. Tra queste brillano le frasi secondo le quali i boss digitali Bill Gates di Microsoft e Marc Andreessen (co-autore di Mosaic e co-fondatore di Netscape), sarebbero entrati a tutto tondo nella partita. L’affermazione viene smentita – secondo Politico – da fonti vicine all’operazione. In realtà i portavoce, sia di Gates che di Andreessen, si limitano a non rilasciare commenti.
Altra affermazione rilevante – e smentita – è il nome dell’operazione, che secondo Joe Green doveva essere “Human Capital”. E che ora non si sa più che nome avrà.
Il Gruppone degli aderenti all’operazione – scriveva inoltre Green – era composto da: il fondatore di Netflix Reed Hasting, il creatore di Twitter Jack Dorsey, il co-fondatore di Linkedin Reid Hoffman, più altri boss di Dropbox, Kynga, Instagram e alcuni venture capitalists, probabilmente pronti a sostenere l’operazione con bei soldini. A proposito del Gruppone, il giornale online “Politico” ricordava che i semi dell’iniziativa sarebbero stati gettati la scorsa estate nel corso di un incontro dei boss della tech industry, durante il quale i presenti avrebbero invocato la formazione di una Rappresentanza, per difendere la loro visione sia industriale che politica, simile alla Motion Pictures Association (il cartello delle Majors hollywoodiane) o addirittura simile al cartello delle farmaceutiche, noto come Big Pharma.
A questo punto c’è da dire che – nei confronti delle proposte Facebook per l’immigrazione – altri Boss digitali avrebbero piani diversi. Tra questi: Eric Schmidt di Google e i vertici di Intel, Oracle e Cisco. Esiste dunque un altro fronte che, al momento, non ha assunto posizione pubblica.
In una sezione del “Prospectus”, definita “il nostro assetto tattico”, Green si concedeva infine toni da Big Brother, con diverse frasi che si possono leggere quali incitazioni ad assumere il controllo delle “avenues” della distribuzione. Tra queste : «il popolo della tecnologia può essere organizzato in una delle forze politiche più potenti» … «abbiamo visto la punta dell’iceberg al tempo di SOPA/PIPA” (il più grande black out della Rete avvenuto il 21.2.2012 per protestare contro la votazione del Parlamento Usa sui provvedimenti a favore del copyright)… » … «la nostra voce ha un gran peso perché siamo popolari» … « tra noi c’è gente con un sacco di denaro (qui non si capisce se allude agli organizzatori o alla Comunità ) e questo può avere una grande influenza nell’attuale campagna di finanziamento».
Insomma, la faccenda sembra essere un bel campo di battaglia del futuro. Oltre al braccio di ferro con la Finanza e con le Banche, i Governi – primo fra tutti quello USA – dovranno fare i conti con i nuovi Poteri Digitali e con le loro (spesso) agguerrite comunità. Lo scontro non è più limitato al grande fronte “Copyright – No copyright” ma si estende alle migrazioni di individui e alla gestione delle menti (la cosiddetta educazione).
di Glauco Benigni – 15 aprile 2013. Fonte: megachip.info