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Battaglia Terme
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GIORNALISTI SUGLI ATTENTI? NO, GRAZIE! di Paolo Cortesi

Purtroppo,
questo non accade, o accade meno di quanto dovrebbe.

In
queste convulse settimane, dal terribile 11 settembre 2001, assistiamo
attoniti ad un uso pazzesco delle parole proprio da parte di coloro che
dovrebbero saperle usare meglio di altri.

In
queste affannate settimane, vediamo sbigottiti che giornalisti, inviati
e commentatori dei mass media fanno a gara a chi trova la frase più
tragica, la battuta ad effetto; il sensazionale ed il truculento vengono
sparsi senza ritegno, con un repertorio di frasi fatte guerresche e di
luoghi comuni bellicosi che, se la situazione non fosse funesta,
sarebbero piccoli capolavori di macabro umorismo involontario.

Da
settimane, ad esempio, si parla di guerra; addirittura vi sono solerti
giornalisti che tengono il conto dei giorni di guerra…

Ma
se la lingua italiana non è un’opinione ed ha un suo dizionario, il
termine guerra significa: lotta armata tra due o più stati. Ora, ciò
che sta accadendo in Afghanistan lo si può chiamare in tanti modi
(intervento militare, ritorsione, vendetta…) ma sicuramente non lo si
può chiamare guerra perché le cose (come le si vogliano interpretare)
stanno così: aerei statunitensi bombardano da settimane alcuni
territori afgani. Punto e basta. L’azione è lineare ed
unidirezionale: uno bombarda, l’altro è bombardato. Quale guerra si
sta combattendo, dunque?

Così
sono sconcertanti i titoloni truci che urlano di attacco all’America
con l’antrace, di minaccia della guerra batteriologica, di incubo
nucleare.

Non
si capisce perché i giornalisti fomentino queste psicosi, né tanto
meno perché abbraccino così rapidamente la versione dei fatti che
proviene dagli Usa. In fondo, il giornalismo non dovrebbe essere prima
di tutto informazione corretta?

Io
sono giornalista pubblicista, iscritto all’Albo dall’ormai lontano
1992, eppure non approvo chi sceglie le notizie in base all’eco che
susciteranno o all’allarme che potranno diffondere: ed affermare che i
talebani di Bin Laden stanno progettando di far saltare mezzo mondo con
bombe nucleari non è la più distensiva e neutrale delle notizie.

La
minaccia nucleare di Osama Bin Laden, dicono i cervelloni
dell’amministrazione Bush, è una minaccia all’umanità intera.
Verissimo. Ma come definire la minaccia nucleare statunitense che dal
1945 tiene il pianeta in stato di esistenza condizionata?

Se
Osama è un mostruoso criminale perché ha, o vorrebbe avere, una bomba
atomica portatile, come chiameremo quegli stati (tra cui gli Usa) che da
decenni hanno migliaia di testate nucleari immagazzinate e pronte
all’uso?

Personalmente,
detesto ogni fondamentalismo e quello islamico mi è particolarmente
odioso; ma questo non mi spinge ad accogliere come verbo divino tutto
quello che viene da Washington.

I
nostri giornalisti sono attenti nel ripetere le notizie americane, e
questo va bene. Ma credo di poter notare che non tutte le notizie sono
considerate con la medesima attenzione.

Ad
esempio, il governo Usa ha ripetuto che vi sono collegamenti che
uniscono Osama Bin Laden con i gruppi di pazzi assassini che hanno
compiuto l’attacco al WTC. Okay.

Ma
vi sono anche collegamenti che uniscono Osama Bin Laden alla CIA, quando
questa foraggiava e addestrava i talebani in funzione antisovietica. E
non è preistoria, ma eventi dell’altro ieri, nella scala temporale
relativa alle nazioni.

Qual
è il collegamento sbagliato? Qual è la relazione pericolosa, la prima
o la seconda?

Osama
Bin Laden sarebbe potuto essere arrestato cinque anni fa, quando il
governo del Sudan offrì agli Usa la cattura del famigerato sceicco. La
CIA ringraziò ma rifiutò. (1) La notizia, che si presta a svariate
interpretazioni, non ha fatto il giro del mondo.

Le
missioni delle forze speciali Usa paracadutate dietro le linee nemiche
sono state generalmente deludenti, con il ferimento di 12 commandos (tre
dei quali in modo grave) e la dura sorpresa che i talebani hanno opposto
una resistenza superiore al previsto. (2)

Eppure,
queste notizie vengono trascurate, o ignorate del tutto. Perché? Forse
è più piacevole parteggiare per gli occidentali contro gli islamici?

Ma
può un giornalista parteggiare?

Avete
mai sentito il nome del maggiore John Bolton? Si tratterebbe di un
ufficiale americano morto per insufficienza renale in un ospedale di
Kandahar, che faceva parte di un gruppo di venti commandos che i
talebani affermano di aver fatto prigionieri. (3)

Mi
auguro con tutto il cuore che il signor John Bolton sia vivo e sano e
torni presto a casa sua, spero che la notizia sia falsa e che si tratti
solo della solita propaganda di guerra; ma mi chiedo: perché ho letto
questa notizia sul The Times of India online e non ne ho trovato una
sillaba nei tanti giornali e telegiornali nostrani?

John
Pilger è l’ex-direttore dei servizi dall’estero del Mirror. E’ un
giornalista specializzato nel raccogliere e commentare notizie dal
mondo; non è islamico ed ha una bella esperienza professionale.

Il
suo articolo con cui considera tutta la storia dalle Torri colpite in
poi ha un titolo chiaro: This war is a fraud (Questa guerra è una
frode). (4)

Secondo
Pilger, e secondo molti altri osservatori con lui, il movente vero di
tutta questa atroce faccenda sarebbe il desiderio Usa di mettere le mani
sulle disponibilità di petrolio nel bacino del Mar Caspio: "Solo se
l’oleodotto passa attraverso l’Afghanistan" scrive Pilger "gli
Americani possono sperare di controllarlo"; e solo se possono
controllare l’Afghanistan, si può aggiungere, gli Americani possono
sperare di monopolizzarlo.

Questa
"guerra" è quanto di meglio potevano desiderare i padroni degli
States per rafforzare il loro ruolo di gendarme mondiale, per aumentare
il controllo sulla nazione e sugli stati "amici", per dare una
salutare scrollatina all’economia statunitense che stava arrancando:
si sa, da che mondo è mondo, che la guerra fa girare il volano
dell’economia…

E
questo non lo afferma un "nemico", ma un americano. (5)

Ci
vorranno anni di studi, ricerche e verifiche per fare luce sulla vera
storia di questa "guerra"; ora i fatti sono troppo vicini, troppo
incalzanti e, come ammoniva Edgar Allan Poe, l’eccessiva vicinanza ci
impedisce di averne una corretta visione, tutto appare distorto e
sfuocato.

Ma
non lasciamo che anche la nostra mente, la nostra capacità critica e la
nostra libertà di giudizio vengano compromesse dall’enfasi
guerrafondaia che brulica nei mass media.

Non
facciamoci trascinare come i topi del Pifferaio di Hamelin dalle fanfare
militari e dalle trombe della cavalleria.

Leone
Tolstoj amava ripetere che quando si tiene un fucile in mano si lascia
dormire metà del cervello e l’altra metà tace in attesa di ordini.
Questo non deve accadere, perché proprio in situazioni di crisi
gravissima abbiamo bisogno di tutta la nostra lucidità, della nostra
libertà e della nostra ragionevolezza.

I
genitori di Greg Rodriguez, morto nella strage del WTC, hanno
dichiarato:

"Abbiamo
letto abbastanza per realizzare che il nostro governo si è indirizzato
verso una vendetta violenta, con la prospettiva di figli, figlie,
genitori, amici, che muoiono in paesi lontani, che soffrono e che
alimentano per noi nuove sofferenze.

Questo
non è il modo di agire, non nel nome di nostro figlio". (6)

Parole
splendide, toccanti, che non avete letto nei nostri gloriosi bollettini
di guerra chiamati quotidiani.


(1)Thanks, but not thanks di Jennifer Gould, in: http://villagevoice.com/issues/0144/gould.php

(2) US
special forces "botched mission" di Martin Plaut della BBC, in: http://news.bbc.co.uk/hi/english/world/americas/newsid_1638000/1638830.stm

(3)
US commando’s body expected in Pak city, in: http://www.timesofindia.com/articleshow.asp?art_id=1835853233&prtPage=1
(4) In:
http://mirror.icnetwork.co.uk/news/allnews/page.cfm?objectid=11392430&method=full

(5) A
moment of reflection, in: http://www.whatreallyhappened.com/reflection.html

(6)
La dichiarazione è riportata nell’articolo di John Pilger
citato.

COSA POSSIAMO FARE COL TERRORISMO? del Dr. Robert M. Bowman (Ten. Col. USAF in pensione)

Balle!
Noi siamo l’obiettivo di terroristi perché appoggiamo la dittatura,
la schiavitù e lo sfruttamento umano nel mondo. Siamo il bersaglio dei
terroristi perché siamo odiati. E siamo odiati perché il nostro
governo ha fatto delle cose odiose."

"Non
siamo odiati perché pratichiamo la democrazia, la libertà e i diritti
umani. Siamo odiati perché il nostro governo nega queste cose ai popoli
dei paesi del terzo mondo, le cui risorse sono ardentemente desiderate
dalle corporazioni multinazionali. E quell’odio che abbiamo seminato
è tornato indietro a tormentarci sotto forma di terrorismo — e in
futuro, terrorismo nucleare."

ALCUNI
ANNI FA, dei terroristi distrussero due ambasciate statunitensi. Il
Presidente Clinton reagì contro le sospette installazioni di Osama bin
Laden. Nel suo discorso televisivo, il Presidente disse al popolo
americano che noi eravamo i bersagli del terrorismo perché sosteniamo
la democrazia, la libertà e i diritti umani nel mondo.

In
tale occasione, io scrissi: "Dica la verità al popolo, signor
Presidente … sul terrorismo, non sulla povera Monica. Se le sue
menzogne sul terrorismo passeranno incontestate, allora è probabile che
la guerra di terrore che lei ha scatenato continuerà sino a
distruggerci.

"La
minaccia del terrorismo nucleare sta incombendo su di noi.

Il
terrorismo chimico è a portata di mano, e quello biologico è un futuro
pericolo. Questi idoli di plutonio, titanio ed acciaio sono impotenti.
La nostra venerazione nei loro confronti per più di cinque decenni non
ci ha portato sicurezza, solo maggiore pericolo. Nessun sistema di
‘Guerre Stellari’ … non importa quanto sia tecnologicamente
avanzato, non importa quante migliaia di miliardi di dollari vi siano
state investite… può proteggerci anche da una sola bomba
terroristica. Nel nostro vasto arsenale non c’è una sola arma che
possa schermarci da un’arma nucleare trasportata in una barca a vela o
su un Piper Cub o una valigetta o un furgone della Ryder in affitto.

Dei
273 miliardi di dollari che spendiamo annualmente nella cosiddetta
difesa, non un solo centesimo può difenderci da una bomba terroristica.
Nel nostro enorme apparato militare non c’è nulla che possa
effettivamente darci un briciolo di sicurezza. Questo è un fatto
militare.

"Signor
Presidente, lei non ha detto la verità al popolo americano sul perché
noi siamo i bersagli del terrorismo. Lei ha detto che siamo
l’obiettivo perché sosteniamo la democrazia, la libertà e i diritti
umani nel mondo. Balle! Noi siamo l’obiettivo di terroristi perché
appoggiamo la dittatura, la schiavitù e lo sfruttamento umano nel
mondo. Siamo il bersaglio dei terroristi perché siamo odiati. E siamo
odiati perché il nostro governo ha fatto delle cose odiose.

"In
quanti paesi abbiamo deposto i leader democraticamente eletti per
sostituirli con dei dittatori militari fantoccio compiacenti a svendere
il proprio popolo alle corporazioni multinazionali americane?

"L’abbiamo
fatto in Iran, quando spodestammo Mossadegh perché voleva
nazionalizzare l’industria petrolifera. Lo sostituimmo con lo Scià, e
addestrammo, armammo e sovvenzionammo la sua odiata guardia nazionale,
la Savak, che assoggettò e brutalizzò la popolazione. Tutto per
proteggere gli interessi finanziari delle nostre compagnie petrolifere.
C’è da meravigliarsi se in Iran c’è gente che ci odia?

"L’abbiamo
fatto in Cile quando abbiamo deposto Allende, democraticamente eletto
dal popolo per introdurre il socialismo. L’abbiamo sostituito col
brutale dittatore di destra, il Generale Pinochet. Il Cile deve ancora
riprendersi.

"L’abbiamo
fatto in Vietnam quando ostacolammo le elezioni democratiche nel Sud,
che avrebbero unito il paese sotto Ho Chi Minh. Lo sostituimmo con una
serie di deboli burattini delinquenti, che ci invitarono laggiù a
massacrare il loro popolo — e noi lo facemmo. (Ho volato 101 missioni
di combattimento in quella guerra cui giustamente si è opposto.)

"L’abbiamo
fatto in Iraq, dove abbiamo ucciso 250.000 civili in un fallito
tentativo di rovesciare Saddam Hussein, e dove da allora ne abbiamo
uccisi un milione con le nostre sanzioni. Circa metà di queste vittime
innocenti erano bambini sotto i cinque anni.

"E,
naturalmente, quante volte l’abbiamo fatto in Nicaragua e in tutte le
altre repubbliche delle banane dell’America Latina? Una volta dopo
l’altra, abbiamo rimosso i leader popolari che volevano che le
ricchezze della terra venissero condivise con coloro che la lavoravano.
Li sostituimmo con tiranni assassini che avrebbero svenduto e
controllato il loro stesso popolo in modo che le risorse della terra
potessero essere arraffate da Domino Sugar, United Fruit Company,
Folgers e Chiquita Banana.

"In
un paese dopo l’altro, il nostro governo ha ostacolato la democrazia,
soffocato la libertà e calpestato i diritti umani. Ecco perché nel
mondo siamo odiati. Ed ecco perché siamo il bersaglio dei terroristi.

"La
popolazione del Canada gode di una democrazia migliore, di una maggiore
libertà e diritti umani di noi. Altrettanto dicasi di quella della
Norvegia o della Svezia. Avete mai sentito di ambasciate canadesi fatte
saltare con le bombe? O di quelle norvegesi? Oppure svedesi. No.

"Noi
non siamo odiati perché pratichiamo la democrazia, la libertà e i
diritti umani.

Noi
siamo odiati perché il nostro governo nega queste cose alle popolazioni
dei paesi del terzo mondo, le cui risorse sono ardentemente desiderate
dalle nostre corporazioni multinazionali. E quell’odio che abbiamo
seminato è tornato indietro a tormentarci sotto forma di terrorismo —
e in futuro, terrorismo nucleare."

"Una
volta compresa la verità sul perché esiste la minaccia, la soluzione
risulta evidente. Dobbiamo cambiare i sistemi del nostro governo.

"Invece
di mandare i nostri figli e le nostre figlie in giro per il mondo ad
ammazzare arabi così che le compagnie petrolifere possano vendere il
petrolio sotto la loro sabbia, dobbiamo mandarli a ricostruire le loro
infrastrutture, rifornirli di acqua pulita e dar da mangiare ai loro
bambini.

"Invece
di continuare ad ammazzare ogni giorno migliaia di bambini iracheni con
le nostre sanzioni, dobbiamo aiutarli a ricostruire le loro centrali
elettriche, i loro impianti di trattamento delle acque, i loro ospedali
— tutte quelle cose che abbiamo distrutto nella nostra guerra contro
di loro e che gli abbiamo impedito di ricostruire con le nostre
sanzioni.

"Invece
di voler essere il re del colle, dobbiamo diventare un membro
responsabile della famiglia delle nazioni. Invece di stanziare centinaia
di migliaia di soldati in tutto il mondo per proteggere gli interessi
finanziari delle nostre corporazioni multinazionali, dobbiamo riportarli
a casa ed espandere il Corpo di Pace.

"Invece
di addestrare terroristi e squadre della morte alle tecniche di tortura
ed assassinio, dobbiamo chiudere la Scuola delle Americhe (non importa
quale nome usano adesso). Invece di sostenere le dittature militari,
dobbiamo appoggiare l’autentica democrazia – il diritto del popolo
di scegliersi i propri leader. Invece
di appoggiare l’insurrezione, la destabilizzazione, l’assassinio e
il terrore in tutto il mondo, dobbiamo abolire la CIA e dare i fondi ad
enti umanitari.

"In
breve, facciamo del bene anziché del male. Torniamo ad essere i buoni.
La minaccia del terrorismo svanirebbe. Questa è la verità, signor
Presidente. Questo è ciò che il popolo americano ha bisogno di
sentire. Siamo brava gente. Abbiamo soltanto bisogno che ci venga detta
la verità e data la sagacia. Lei può farlo, signor Presidente. Fermi
il massacro. Fermi la giustificazione. Fermi la ritorsione. Si occupi
prima del popolo. Gli dica la verità."

Non
occorre dire che non l’ha fatto… né lo ha fatto George W. Bush.
Be’, i semi piantati dalla nostra politica hanno dato i loro frutti.
Il World Trade Center se n’è andato. Il Pentagono è danneggiato. E
migliaia di americani sono morti. Quasi ogni sapientone in TV sta
chiedendo a gran voce una massiccia ritorsione militare contro chiunque
possa aver fatto tutto ciò (presumibilmente lo stesso Osama bin Laden)
e contro chiunque dia asilo o aiuto ai terroristi (in particolar modo il
governo talebano dell’Afganistan). Steve Dunleavy del New York Post
urla "Uccidete i bastardi! Addestrate assassini, assoldate mercenari,
offrite ai cacciatori di taglie un paio di milioni di dollari per averli
vivi o morti, preferibilmente morti. Per quanto riguarda le città o i
paesi che ospitano questi vermi, bombardateli sino a ridurli in campi da
pallacanestro." Si è tentati ad essere d’accordo. Non ho simpatia
per gli psicopatici che hanno ammazzato migliaia dei nostri
concittadini. Non c’è scusante per un atto del genere. Se venissi
richiamato in servizio attivo, partirei di corsa. Allo stesso tempo,
tutta la mia esperienza e conoscenza militare mi dice che la ritorsione
non ci ha liberato dal problema in passato, e non lo farà stavolta.

Il
migliore apparato antiterroristico del mondo è di gran lunga quello
israeliano. Misurato in termini militari, ha registrato fenomenali
successi. Eppure Israele subisce ancora più attacchi di tutte le altre
nazioni messe insieme. Se la ritorsione funzionasse, gli israeliani
sarebbero le persone più al sicuro del mondo.

Solo
una cosa ha mai fermato una campagna terroristica – togliere
all’organizzazione terroristica il sostegno della comunità più
grande che rappresenta. E il solo modo per farlo è ascoltare e
alleviare i legittimi risentimenti della popolazione. Se davvero Osama
bin Laden era dietro i quattro dirottamenti e il seguente massacro,
questo significa dare una risposta alle preoccupazioni degli arabi e dei
musulmani in generale e dei palestinesi in particolare. Non significa
abbandonare Israele. Però potrebbe benissimo significare il ritiro del
sostegno finanziario e militare finché non abbandona gli insediamenti
nei territori occupati e ritorna ai confini del 1967. Potrebbe anche
significare la concessione ai paesi arabi di avere dei leader da loro
scelti, e non dei dittatori scelti con cura ed insediati dalla CIA, ben
disposti a collaborare con le compagnie petrolifere occidentali.

Chester
Gillings l’ha espresso molto bene: "Come possiamo contrattaccare bin
Laden? La prima cosa che dobbiamo chiederci è cosa speriamo di ottenere
– sicurezza o vendetta? Le due cose si escludono a vicenda; cercare
vendetta ridurrà la nostra sicurezza. Se è quest’ultima che si
cerca, allora occorre iniziare a rispondere alle domande difficili –
quali sono i risentimenti che i palestinesi e il mondo musulmano hanno
nei confronti degli Stati Uniti, e qual è la nostra vera colpa per tali
risentimenti? Laddove si trovasse una effettiva responsabilità, occorre
essere preparati a lenire il risentimento in ogni modo possibile.
Laddove non si trovasse responsabilità o modo di porre rimedio, occorre
comunicare onestamente le nostre posizioni alla popolazione araba. In
breve, la nostra migliore condotta d’azione è toglierci dalle dispute
della regione in qualità di combattenti."

Uccidere
adesso bin Laden sarebbe renderlo un eterno martire. A migliaia si
alzerebbero a prenderne il posto. In un altro anno, dovremmo
confrontarci con una nuova ondata di terrorismo, probabilmente molto
peggiore persino di questa. Eppure esiste un altro modo.

In
parole povere, dobbiamo proteggerci da coloro che già ci odiano.

Questo
significa un incremento nella sicurezza e una migliore intelligence. In
marzo ho proposto ai membri del Congresso che si dovrebbe negare
qualunque finanziamento per le "Guerre Stellari" sino a quando il
Ramo Esecutivo non possa dimostrare di stare effettuando ogni possibile
ricerca per scoprire e intercettare armi per la distruzione di massa che
entrino clandestinamente nel paese (una minaccia molto maggiore dei
missili balistici). Vi è un gran numero di misure che si possono
prendere per aumentare la sicurezza senza limitare i diritti civili. Ma
sulla lunga distanza, dobbiamo cambiare le nostre politiche per
smetterla di causare la paura e l’odio che creano nuovi terroristi.
Diventando indipendenti dal petrolio straniero tramite il risparmio,
l’efficienza energetica, la produzione di energia da fonti rinnovabili
e la transizione verso sistemi di trasporto non inquinanti ci permetterà
di adottare una politica più razionale verso il Medio Oriente.

La
grande maggioranza di arabi e musulmani sono persone buone e pacifiche.
Ma un certo numero di essi, nella loro disperazione, rabbia e paura,
prima si sono rivolti ad Arafat e adesso a bin Laden per alleviare la
loro miseria. Rimuoviamo la disperazione, diamo loro qualche speranza, e
l’appoggio al terrorismo evaporerà. A quel punto bin Laden sarà
costretto ad abbandonare il terrorismo (come ha fatto Arafat) o verrà
trattato come un comune criminale. In qualunque modo, lui e il suo
denaro cesseranno di essere una minaccia. Noi possiamo avere
sicurezza… o possiamo avere vendetta. Non possiamo avere entrambe le
cose.

*Il
Dr. Robert M. Bowman ha diretto tutti i programmi "Guerre Stellari"
sotto i presidenti Ford e Carter e ha volato in 101 missioni di
combattimento in Vietnam. È laureato in Aeronautica e Ingegneria
Nucleare al Caltech. È presidente dell’Istituto per gli Studi su
Spazio e Sicurezza e presiede alla carica di Arcivescovo della Chiesa
Cattolica Unita. Il Dr. Bowman si può contattare presso RobertBowman@MiddleEast.Org
.

IL TERRORISMO NEL LORO CORTILE di George Monbiot

"
Qualunque governo, se sponsorizza fuorilegge e assassini di innocenti
– ha annunciato Bush il giorno in cui ha cominciato a bombardare
l’Afghanistan – diventa esso stesso fuorilegge e assassino. E prende
questa strada solitaria a suo rischio e pericolo". Mi fa piacere
che abbia detto "qualunque governo", perché ce n’è uno che
richiede urgentemente la sua attenzione, sebbene non sia stato ancora
identificato come sponsor del terrorismo.

Da
cinquantacinque anni a questa parte, esso gestisce un campo di
addestramento terroristico le cui vittime superano di molto le vittime
dell’attacco a New York, delle bombe alle ambasciate e delle altre
atrocità attribuite, a ragione o a torto, a al-Qaeda. Il
campo si chiama Western Hemisphere Institute for Security Cooperation (Whisc).
Si trova a Fort Benning, Georgia, ed è finanziato dal governo
Bush.

Fino
al gennaio di quest’anno, esso si chiamava "Scuola delle
Americhe", o Soa. Dal 1946 ha addestrato oltre 60.000 poliziotti e
soldati dell’America Latina. Tra i suoi "laureati" vi sono
molti dei torturatori, omicidi di massa, dittatori e terroristi di stato
più famosi del continente. Come dimostrano centinaia di pagine di
documentazione compilate dal gruppo di pressione Soa Watch, l’America
Latina è stata fatta a pezzi dagli uomini che lo hanno frequentato.

Nel
giugno di quest’anno il colonnello Byron Lima Estrada, che è stato
addestrato in questa scuola, è stato condannato a Città del Guatemala
per l’omicidio del vescovo Juan Gerardi avvenuto nel 1998. Gerardi fu
ucciso perché aveva contribuito a redigere un rapporto sulle atrocità
commesse dal D-2, l’agenzia di intelligence militare del Guatemala
diretta da Lima Estrada con l’aiuto di altri due uomini usciti anche
loro dal Soa. Il D-2 ha coordinato la campagna "anti-insurrezionale"
che ha distrutto 448 villaggi Mayan Indian e ha assassinato decine di
migliaia dei loro abitanti.

Alla
Scuola delle Americhe ha studiato il 40% dei ministri che hanno preso
parte ai regimi genocidi di Lucas Garcia, Rios Montt e Mejia Victores.
Nel 1993 la commissione Onu per la verità sul Salvador ha dato un nome
agli ufficiali dell’esercito che hanno commesso le peggiori atrocità
della guerra civile. Due terzi di loro erano stati addestrati alla
Scuola delle Americhe. Tra loro vi erano il capo degli squadroni della
morte Roberto D’Aubuisson, gli uomini che hanno ucciso l’arcivescovo
Oscar Romero, e 19 dei 26 soldati che uccisero i padri gesuiti nel 1989.
In Cile, la polizia segreta di Augusto Pinochet e i suoi tre principali
campi di concentramento erano diretti da uomini addestrati alla Scuola
delle Americhe. Uno di essi ha partecipato all’uccisione di Orlando
Letelier e Ronni Moffit a Washington nel 1976.

I
dittatori argentini Roberto Viola e Leopoldo Galtieri, i panamensi
Manuel Noriega e Omar Torrijos, il peruviano Juan Velasco Alvarado e l’equadoregno
Guillermo Rodriguez, si sono tutti avvalsi dell’addestramento ricevuto
in questa scuola. Altrettanto hanno fatto il capo dello squadrone della
morte "Grupo Colina" nel Perù di Fujimori, quattro dei cinque
ufficiali che comandavano l’infame Battaglione 3-16 in Honduras (che
negli anni ’80 controllava gli squadroni della morte in questo paese), e
il comandante responsabile del massacro di Ocosigo avvenuto in Messico
nel 1994.

Tutto
questo, assicurano i difensori della scuola, è storia vecchia. Ma gli
uomini addestrati alla Scuola delle Americhe sono coinvolti anche nella
sporca guerra che si combatte attualmente in Colombia con il sostegno
Usa.

Nel
1999 il rapporto del Dipartimento di stato americano sui diritti umani
cita due uomini, addestrati in questa scuola, come gli assassini del
commissario di pace Alex Lopera. L’anno scorso Human Rights Watch ha
rivelato che sette uomini provenienti dalla stessa scuola comandano
gruppi paramilitari in quel paese e hanno commissionato rapimenti,
sparizioni, omicidi, massacri. Nel febbraio di quest’anno un altro uomo
addestrato alla Scuola delle Americhe è stato condannato per complicità
nella tortura e nell’uccisione di trenta contadini da parte dei
paramilitari in Colombia. Nella scuola attualmente arrivano più
studenti dalla Colombia che da qualunque altro paese.

L’Fbi
definisce il terrorismo come "atti violenti… miranti a intimidire
o a coartare la popolazione civile, a influenzare la politica di un
governo, o a interferire nella condotta di un governo", una
definizione che descrive precisamente le attività degli uomini Soa.

Ma
come possiamo essere certi che il loro centro di addestramento abbia
avuto una parte in tutto questo? Bene, nel 1996 il governo Usa è stato
costretto a rendere pubblici sette dei manuali di addestramento della
scuola. Tra gli altri consigli per i terroristi, essi raccomandavano il
ricatto, la tortura, l’esecuzione e l’arresto dei parenti dei testimoni.

L’anno
scorso, grazie anche alla campagna condotta da Soa Watch, molti membri
del Congresso americano hanno cercato di far chiudere la scuola. Sono
stati sconfitti per dieci voti. La Camera dei Rappresentanti ha votato
invece per chiuderla e poi riaprirla immediatamente, sotto un altro
nome.

Perciò,
proprio mentre Windscale diventava Sellafield nella speranza di eludere
la memoria pubblica, la Scuola delle Americhe si è lavata le mani del
suo passato prendendo il nome di Western Hemisphere Institute for
Security Cooperation (WHISC). Come il colonnello della scuola Mark
Morgan ha spiegato al Dipartimento della difesa, subito prima del voto
del Congresso: "alcuni dei vostri capi ci hanno detto di non poter
sostenere una cosa chiamata ‘Scuola delle Americhe’. La nostra proposta
risponde a questa preoccupazione. Il nome è cambiato".

Paul
Coverdell, il senatore della Georgia che si era battuto per salvare la
scuola, ha dichiarato ai giornali che i cambiamenti sarebbero stati
"fondamentalmente cosmetici".

Ma
visitate il sito web del WHISC e vedrete che la Scuola delle Americhe è
stata praticamente rimossa. Anche la pagina denominata
"Storia" evita di nominarla. I corsi del WHISC, ci viene
detto, "coprono un ampio spettro di aree rilevanti, come la
pianificazione operativa per le operazioni di pace; i soccorsi in caso
di disastri; le operazioni civili-militari; la pianificazione tattica e
l’esecuzione di operazioni anti-droga". Molte pagine descrivono le
iniziative del centro a favore dei diritti umani. Ma, sebbene diano
indicazioni su quasi l’intero programma di addestramento, non si parla
di tecniche di combattimento e di commando, contro-insurrezione e

interrogatorio.
Né si parla del fatto che le opzioni sulla "pace" e i
"diritti umani" della scuola erano offerte anche dalla Scuola
delle Americhe, per tenere a bada il Congresso e preservare il budget.
Ma difficilmente gli studenti sceglievano di frequentare quei corsi.

Non
possiamo aspettarci che questo campo di addestramento terrorista si
auto-riformi: dopo tutto, esso rifiuta persino di riconoscere il proprio
passato, per non parlare della possibilità di imparare da esso. Perciò
– dato che le prove che collegano questa scuola alle atrocità che
ancora avvengono in America Latina sono più schiaccianti delle prove
che collegano i campi di addestramento di al-Qaeda all’attacco di New
York – che cosa dobbiamo fare con i "cattivi" di Fort
Benning, Georgia? Be’, possiamo chiedere ai nostri governi di esercitare
la massima pressione diplomatica chiedendo l’estradizione dei comandanti
della scuola, affinché siano processati per complicità in crimini
contro l’umanità. In alternativa, potremmo domandare che i nostri
governi attacchino gli Stati Uniti, bombardando le loro installazioni
militari, le città e gli aeroporti. Il tutto nella speranza di
rovesciare il suo governo non eletto e di sostituirlo con una nuova
amministrazione sotto la supervisione dell’Onu.

Nel
caso che questa proposta risulti impopolare presso il popolo americano,
possiamo conquistare il loro consenso lanciando pane "naan" e
curry essiccato in buste di plastica con sopra stampigliata la bandiera
afghana.

Obietterete
che questa proposta è ridicola, e io vi do ragione. Ma, per quanto ci
provi, non riesco a vedere la differenza morale tra un simile
comportamento e la guerra che si sta combattendo oggi in Afghanistan.

*
Scrittore e giornalista, Monbiot è editorialista del Guardian
e docente universitario a Keele, East London, Oxford, Bristol.
Traduzione di Marina Impallomeni

La festa e’ finita

l’aspetto
tragicamente ironico della vicenda. Una mazzata tremenda alle ultime
illusioni
di quella parte di umanità che, sorda e indifferente alle
sofferenze di tutto
il resto del pianeta, pensava di potersi impunemente rifugiare nei
propri
esclusivi paradisi tropicali e stordirsi con un falso benessere,
dimenticandosi
di tutte le tragedie, le ingiustizie e la violenza di questo nostro
mondo. Un
segno dei tempi, insomma, che si preannunciano quanto mai incerti
tranne che in
una cosa: la certezza che non vi sono più certezze.

Sia
quel che sia, se ne parla come del più grande terremoto dell’era
moderna, che
con la sua potenza di 9,2 sulla scala Richter ha generato uno tsunami
che ha
devastato le coste dello Sri Lanka,
dell’India, delle
Maldive, della Tailandia, dell’Indonesia, di Singapore. La faglia in
corrispondenza di Sumatra, dove il sisma ha avuto origine, si è
spaccata lungo
più di mille chilometri, un fenomeno mai osservato in precedenza.

L’evento presenta alcune
anomalie, come sottolinea giustamente
Galileo Ferraresi quando nota che “…il
movimento
sottomarino ha creato un’onda concentrica che si è espansa per
l’Oceano
Indiano; e qui sta il problema, perché l’onda è arrivata
a Phuket (600 Miglia),
a Sri Lanka (500) miglia, alle Maldive (1100 miglia), alle Seychelles
(2500
miglia), in Somalia e Kenia (3000 miglia) ma non ha raggiunto le coste
dell’Australia
(2200 miglia). Si dice…che i massimi scienziati mondiali hanno
riscontrato una
serie di vibrazioni della crosta terrestre, e secondo alcuni ci
potrebbe essere
anche uno spostamento dell’asse
terrestre. Ma questi, signori, sono tutti sintomi dell’impatto di un
asteroide,
per l’esattezza di un piccolo asteroide (forse 100 metri di diametro)
che,
provenendo da est sud est ha impattato la Terra 300 miglia a ovest di
Sabang
(Sumatra). Dico ciò perché le onde non sono state
concentriche e circolari ma
evidentemente l’acqua è stata spinta verso WNW colpendo solo
marginalmente la
Tailandia e per nulla l’Australia. Non si è mai sentito parlare
di un terremoto
che abbia provocato vibrazioni e spostamenti dell’asse terrestre. Solo
un
impatto astrale può provocare come reazione un movimento
precessionale e quindi
uno spostamento dell’asse terrestre…”

Ipotesi interessante, ma
allora le spaccature della faglia come si spiegano? C’è anche da
notare come la
singolare coincidenza di questo evento stia dando fiato alle trombe di
coloro
che da alcune settimane sostenevano l’imminente spostamento dell’asse
terrestre
dovuto alla vicinanza del famoso Decimo Pianeta. Se ci aspettiamo una
risposta
dalla scienza, comunque, andiamoci piano perché ultimamente non
se la passa molto
bene. Avete presente quella Teoria del Big Bang che per decenni ha
infarcito la
letteratura scientifica e ci è stata presentata come la
più solida spiegazione
sulle origini dell’Universo? Be’, sembra che delle recenti osservazioni
ne
abbiano demolito la tesi di fondo, ovvero l’interpretazione Doppler
dello
spostamento verso il rosso: sebbene quasi tutte le galassie osservate
siano
caratterizzate da tale spostamento, questo non fornisce una misurazione
affidabile della loro velocità o, indirettamente, della loro
distanza. Infatti,
quasar e galassie con spostamenti diversi si trovano fisicamente vicini
fra
loro e appaiono collegati da filamenti di materia. Il Big-Bang è
stato smontato
tramite osservazione diretta, ad esempio un quasar con un elevato
spostamento
verso il rosso di fronte a una galassia nelle vicinanze.

Mentre gli eventi celesti
seguono il proprio corso, qui sulla Terra non ci si annoia di certo: in
Iraq
prosegue la mattanza quotidiana, intorno a Falluja e a Mosul si
continua a
combattere ferocemente e la spavalderia
con la quale le truppe statunitensi hanno inizialmente pianificato e
condotto
il loro sanguinoso, distruttivo e per ora vano assalto ai capisaldi
della
resistenza irachena ha dell’incredibile, stando a questa foto che
ritrae dei soldati
che poco prima dell’operazione giocano a fare Ben Hur…


L’attacco è stato
condotto
in grande stile, e ha visto l’impiego di un consistente numero di mezzi
corazzati e di fanteria.


La città e le sue
infrastrutture sono state letteralmente devastate per cercare di
stanare i
guerriglieri…


…i quali però hanno
invece
tratto vantaggio dal fatto che il territorio urbano non è certo
il terreno di
manovra ideale per i carri armati Abrams, i quali rimanevano esposti al
tiro
dei numerosi RPG a disposizione degli iracheni, in gran parte ex (?)
appartenenti alla Guardia Repubblicana, assai ben addestrati e motivati.


In
altre parole, un piccolo plotone dotato di qualche RPG del valore di
qualche
migliaio di dollari risulta tremendamente efficace nei confronti del
più
possente carro armato al mondo, che di dollari ne costa svariati
milioni. E
allora, osservando questa foto di soldati americani che presidiano
alcune
rovine della città, trovo che questa scena ricordi molto da
vicino un’altra
città passata alla storia in circostanze per qualche verso
analoghe:
Stalingrado.


Se
la resistenza irachena dovesse riuscire a tagliare del tutto le linee
di
rifornimento dal Kuwait, già troppo allungate e sotto costante
attacco, le
truppe statunitensi si ritroverebbero in grossi guai. Ha sempre
più ragione chi
vede questo conflitto come un secondo Vietnam, dato che anche le
tattiche
militari sul terreno ne sembrano la fotocopia, sia da una parte che
dall’altra:
gli americani sembrano reagire in preda a riflessi pavloviani, senza
alcuna
memoria storica di quanto accadde in quel lontano paese. La resistenza
irachena, d’altro canto, sembra aver fatto tesoro delle esperienze e
delle tattiche
del generale Vo Nguyen Giap, considerato un eroe di guerra in tutta
l’Asia,
colui che sconfisse i francesi cacciandoli dal Vietnam, e in seguito
concesse
un quasi impossibile bis facendo esattamente la stessa cosa agli
americani,
venti anni più tardi.


A
rigor di logica, Giap dovrebbe essere il più famoso generale del
mondo, giacché
tradizionalmente sono i vincitori a scrivere la storia. Sfortunatamente
ciò fu
impossibile per il Vietnam, che non aveva alcun controllo su
istituzioni
accademiche e mezzi d’informazione occidentali. Nel corso degli anni
che
seguirono, gli studiosi e gli inviati occidentali cercarono
costantemente di
sminuire la statura del generale Giap, forse nella futile speranza che
questo
avrebbe cancellato i suoi straordinari successi, e dunque smesso di
perseguitarli con ricorrenti incubi di continue ed aspre
sconfitte, la
più famosa e cocente delle quali avvenne presso Diên
Biên Phu, al confine col
Laos.

Joe
Vialls fa un interessante raffronto tra il Vietnam del 1954 e l’Iraq
del 2004.
Nella prima fase della campagna vietnamita, i francesi furono indotti a
muovere
un gran numero di truppe combattenti al fronte, nella città in
gran parte
deserta di Diên Biên Phu, che non aveva valore militare, e,
fattore cruciale,
era situata 600 miglia a nord dei depositi di rifornimenti, a Saigon.
Nella
prima fase della campagna irachena, gli Americani sono stati indotti a
muovere
un gran numero di truppe combattenti al fronte, nella città in
gran parte
deserta di Fallujah, che non ha valore militare, e, fattore egualmente
cruciale, è situata 450 miglia a nord dei depositi di
rifornimento, a Kuwait
City. In entrambi i casi, ogni singolo miglio tra la città e i
magazzini dei
rifornimenti è terra di nessuno, coi convogli di terra esposti
al rischio
estremo d’imboscata e distruzione. La nuda cronaca, per chi sappia
leggere tra
le righe, sembra confermare lo sviluppo di questo scenario, mentre
emergono
sempre nuovi particolari in relazione a quello dell’11 settembre.
Adesso è
saltato fuori che sin dal 1989 si stava progettando di demolire e
ricostruire
le due torri gemelle,
al costo di 5,6 miliardi di dollari, in quanto
entrambi
gli edifici erano affetti da un grave problema strutturale equiparabile
all’osteoporosi, dovuto ad una corrosione di tipo galvanico tra i
pannelli
esterni in alluminio del WTC
e l’infrastruttura in acciaio della
costruzione,
la quale pertanto si stava indebolendo sempre di più. Per farla
breve, il
“ciclo vitale” dell’edificio, calcolato in 200 o 300 anni, in
realtà si è
dimostrato assai più vicino alla trentina. Nel 1989, durante un
incontro col
gruppo di architetti, cui erano stati sequestrati archivi, progetti,
piante,
disegni e specifiche, fu detto loro che il progetto da 5,6 miliardi di
dollari
per demolire e ricostruire le due torri era stato cancellato, e che
entro 10-12
anni sarebbero state fatte saltare per ripartire da zero. Che
coincidenza…

Comunque
sia Larry
Silverstein
, il finanziere che poche settimane prima degli
eventi
aveva preso in leasing il complesso del WTC e aveva stipulato un
ricco
contratto di copertura con un gruppo di 24 compagnie di assicurazioni,
si è
visto riconoscere da un tribunale federale il doppio del premio
previsto,
quindi 7 miliardi di dollari invece di 3,5, in quanto ai fini
strettamente
assicurativi gli eventi terroristici sono stati due, ovvero due aerei
hanno
colpito separatamente le due
torri
. Come si dice, piove sempre sul
bagnato…

Per
concludere, eccovi la copertina del Time
che in molti auspicavano di
vedere,
quella col detenuto dell’anno:


Quest’anno,
comunque, il natale ha riservato sorprese un po’ a tutti…

Autolavaggio marziano

“Non intendo negoziare con me stesso in
pubblico”, uno che il mese scorso asseriva di voler aiutare il processo
di pace
in Irlanda del Nord prima di interrompere la riunione dicendo che
doveva
“andare a farsi un hamburger”, è stato incensato per la sua
ispirata leadership
dai cosiddetti “intellettuali” ed elevato al rango di personaggio
dell’anno.
Forse il fatto che la rivista Time
dedicò a suo tempo la sua copertina anche a Hitler non è
del tutto casuale…

Chissà cosa ne
pensano gli abitanti di Falluja, che stando ad una dichiarazione fatta
il 21
dicembre dallo Sceicco Hareth Suliman Al-Dari, segretario generale
dell’AMS,
ovvero l’associazione irachena degli studiosi islamici, sarebbe
“completamente
distrutta e sabotata; è diventata inabitabile, senza acqua,
elettricità né
strutture fognarie. Il tanfo dei cadaveri è dappertutto mentre i
fumi di armi
internazionalmente bandite [utilizzate dalle forze statunitensi
occupanti]
coprono il cielo. Non penso che la popolazione possa rientrarvi a
breve, anche
se le forze di occupazione lasciassero il terreno. Probabilmente ci
vorranno
mesi, o anni”.

Per quanto
riguarda “l’attentato” (chissà perché chiamarlo per
quello che è, un attacco,
dà tanto fastidio ai mezzi di “informazione”…) alla base
americana di Mosul, le
contraddittorie versioni dei fatti che si sono susseguite mi fanno
sospettare
che le cose non siano andate come ci viene raccontato: alcune voci non
confermate parlano di un camion Mercedes imbottito di esplosivo,
penetrato
nella base e saltato per aria proprio in prossimità delle
cucine, provocando
ben più vittime di quelle dichiarate. Personalmente prendo con
le pinze questi
resoconti, anche perché se le cose stessero davvero in questi
termini, be’,
penso che prima o poi la verità salterebbe fuori… ma il punto
non è questo: il
punto è che adesso la strategia della guerriglia sembra
cambiata, tanto da
potersi permettere precisi ed efficaci attacchi direttamente nel cuore
delle
installazioni militari statunitensi. Non sono più azioni
effettuate contro
pattuglie o convogli all’esterno, bensì all’interno di una base
americana, con
una esecuzione ed una tempistica che sottolineano anche una
pianificazione ed
un lavoro di intelligence particolarmente accurati.

E se fosse
solo l’inizio di una nuova fase di questa sporca guerra? Tanti auguri:
alcuni
membri del parlamento britannico, tornati da un’ispezione alle loro
truppe in
Iraq, hanno dichiarato di prevedere che possano stazionarvi per altri
dieci
anni…

Nel frattempo,
nel vicino Iran sono state arrestate più di dieci spie
appartenenti
all’organizzazione terroristica Mujahedin Khalq Organization (MKO) che
secondo
Ali Yunesi,
responsabile dei servizi segreti, sarebbero al servizio
degli Stati
Uniti. Sembra infatti che queste spie nucleari passassero informazioni
false o
obsolete agli USA i quali, pur sapendolo, se ne vorrebbero servire come
prove
atte a costruire un “caso Iran”.

Insomma, ci
risiamo… e allora via, cambiamo aria e andiamo a vedere che succede su
Marte,
dove uno strano fenomeno simile ad un autolavaggio spaziale ha
aumentato di
parecchio le prestazioni di Opportunity,
uno dei due rover statunitensi che ne stanno esplorando la superficie.
Qualcosa, o qualcuno, ha costantemente ripulito dalla polvere i
pannelli solari
del veicolo quando questi erano richiusi durante la notte marziana.
Come
risultato della pulizia, i pannelli di Opportunity
lavorano quasi al massimo delle loro prestazioni fornendo 900 watt/ora,
contro
gli appena 400 del fratellino Spirit.
Be’, a giudicare dalla pozzanghera visibile in questa foto, l’acqua su
Marte
non manca di certo…

L’uomo dell’anno?

USA e in tutto
il mondo.
Insomma, considerando l’aura di autorevolezza che da sempre circonda
questa
testata, dovremmo credere che questo fior di statista abbia meritato
tale
titolo in virtù del suo innovativo e coraggioso modo di fare
politica… e con
tutta probabilità è questo il motivo per cui sarebbe
stato rieletto con voto
praticamente plebiscitario, giusto?

Sulle recenti elezioni
statunitensi ho già scritto e riportato
abbastanza, quindi mi limiterò ad aspettare l’esito di quella
che si
preannuncia come una grossa manifestazione di protesta contro
(l’illegale)
insediamento del neo-presidente, che si terrà il 20 gennaio a
Washington, DC,
(manifestazioni analoghe sono previste anche a San Francisco, Los
Angeles e
altre città) e alla quale hanno già formalmente aderito
svariate migliaia di
persone. Combinazione, l’amministrazione Bush ha mobilitato proprio per
quel
giorno e proprio in quella città qualcosa come 4.000 agenti
armati sino ai
denti, in vista di una presunta, preannunciata minaccia terroristica. Sia quel che sia, a mio modo di vedere il
vero simbolo di queste elezioni presidenziali è espresso
perfettamente
dall’immagine che segue…

Intanto, dall’Iraq
continuano a giungere resoconti che contrastano
decisamente con le notizie ufficiali: ad esempio, il solo 18 dicembre
nella
zona di Falluja vi sarebbero stati 101 soldati statunitensi uccisi o
feriti, 21
Humvee, 11 Bradley, 3 carri
armati Abrams e 7 camion distrutti o
immobilizzati.



Naturalmente, come dico
sempre, non c’è alcun modo di sapere
quanto di tutto ciò corrisponda al vero, ma secondo il portavoce
dei cosiddetti
“Leoni di Falluja” un’imponente offensiva statunitense, intesa a
stroncare una
volta per tutte ogni resistenza nella città e forte di qualcosa
come 400 carri
armati, 200 blindati e 4.000 uomini, avrebbe subito una cocente
disfatta quando,
proprio in concomitanza con l’inizio dell’assalto, si sarebbe levata
una grossa
e del tutto inattesa tempesta di sabbia. Le truppe americane, senza la
possibilità di usufruire di alcun appoggio aereo, abbandonate a
sé stesse dopo
appena quindici minuti dai soldati della “guardia nazionale” di Allawi
e
confuse dalla scarsissima visibilità, finivano sotto un pesante
e preciso fuoco
incrociato e nel giro di qualche ora abbandonavano parte
dell’equipaggiamento
ed erano in rotta, al punto da dover addirittura richiedere una tregua
di
un’ora con i megafoni, allo scopo di poter recuperare i propri feriti
dal campo
di battaglia…

Pure, l’immagine della
guerra in Iraq che più di cento quotidiani
statunitensi hanno scelto di rilanciare,
Los Angeles Times
in
testa, è questa foto di un soldato del
Kentucky con
una sigaretta in bocca, esausto dopo dodici ore di combattimenti senza
tregua a
Falluja durante i primi giorni dell’offensiva. Significativo il titolo
da prima
pagina scelto dal New
York Post
a
commento di questa immagine: “L’uomo Marlboro tira calci in culo a
Falluja”…

Il valzer dei suicidi

onori delle cronache per aver smascherato, tramite
una serie di
articoli pubblicati sul San
Jose
Mercury
News
sotto il titolo “Dark
Alliance” (Alleanza Oscura), il legame tra i gruppi paramilitari
finanziati
dalla CIA in Nicaragua, i famosi
Contras, e l’epidemia di cocaina crack
che
sommerse l’America negli anni ’80; per questi articoli, peraltro
estremamente
documentati, fu dapprima ignorato e poi attaccato ed osteggiato in ogni
modo da
numerosi altri quotidiani nazionali, al punto che il suo stesso
giornale
dovette almeno parzialmente ritrattare sulla questione dichiarando che
questi lavori
effettivamente non soddisfacevano gli ordinari standard giornalistici
della
testata. Un anno e mezzo più tardi
si licenziò, per poi
pubblicare il suo libro
basato su questo materiale, intitolato
"Dark Alliance: The
CIA, the Contras and the Crack Cocaine Explosion".

Be’, ora che si è
“suicidato” con un colpo di pistola alla testa (anzi, per la
verità il rapporto
ufficiale parla di “ferite”, al plurale: si vede che ha dovuto tirare
più volte
il grilletto…), Gary Webb è andato a far buona compagnia a Mark
Lombardi, J.H.
Hatfield e Danny Casolaro, altri tre giornalisti investigativi
“suicidi”
che ebbero tutti la malaugurata idea di
indagare, tra le altre cose, sugli strani legami tra la famiglia Bush e
i
narcotraffici gestiti o appoggiati dalla CIA… (Per la verità,
Mark Lombardi non
si può propriamente definire un giornalista, nondimeno il suo
lavoro
“artistico” fu davvero degno di nota.)

Un matematico si è
dilettato a calcolare quante possibilità ci fossero
statisticamente che quattro
biografi della famiglia Bush si togliessero la vita: esaminando il
tasso di
suicidi negli ultimi anni in USA, una stima prudente dà come
risultato medio 17
suicidi maschi ogni 100.000 persone, vale a dire lo 0,017%. Le
possibilità che
quattro specifici biografi maschi si suicidino, in base a calcoli
statistici
che non sto a riportare per intero, sarebbe di 1 su
10.000.000.000.000.000. Per
intenderci, ci sarebbero maggiori possibilità che uno giocasse
in vita sua due
volte alla lotteria canadese 6/49 (simile al Superenalotto, ma i sei
numeri si
scelgono su un totale di 49) e vincesse il jackpot col sei tutte e due
le
volte…

Come si dice, paese che
vai, suicidio che trovi. Ricordate il Dr. David Kelly, scienziato che
lavorava
per il governo britannico, coinvolto nella controversia sulle
(inesistenti)
armi di distruzione di massa irachene e che in seguito si sarebbe
suicidato?
Be’, adesso salta fuori che i due paramedici che ne recuperarono il
cadavere,
Dave Bartlett e Vanessa Hunt, affermano di non ritenere plausibile la
spiegazione del suicidio, dato che nel luogo in cui fu ritrovato il
corpo di
Kelly c’era ben poco sangue, il che è incompatibile col tipo di
taglio al polso
sinistro che, stando alla versione ufficiale, ne avrebbe provocato la
morte.
Bartlett è arrivato a dire che, se Kelly fosse stato un suo
congiunto, non
avrebbe mai potuto accettare il suicidio come spiegazione per il suo
decesso.

Un
fatto indicativo dell’aria che tira negli USA, invece, è
avvenuto a New York,
dove una galleria d’arte è stata chiusa per la presenza, fra le
opere esposte,
di un quadro intitolato “Bush Monkeys” (“Le scimmie di Bush”), un
acrilico su
tela realizzato dall’artista Chris Savido che, se da una parte è
rimasto
sorpreso da questo atto di pura e semplice censura, grazie al clamore
suscitato
da questa repressione ha visto crescere le sue quotazioni e l’interesse
intorno
ai suoi lavori. Sia quel che sia, Chris ha deciso di mettere il quadro
all’asta
e di donare il ricavato ad una fondazione dedita alla tutela della
libertà
d’espressione.


E
cosa dire del fatto che la Corte Suprema USA ha recentemente sancito
(con una
votazione di 8 favorevoli e 0 contrari) che le forze di polizia non
sono
affatto obbligate a fornire una motivazione per l’arresto di qualcuno?
Mah…

Nel
frattempo, in Iraq le forze armate statunitensi stanno organizzandosi
per
ridurre il più possibile i trasporti della sussistenza tramite
convogli su
strada (decimati da attacchi, bombe, etc., che ormai costano un
centinaio di
soldati al mese, tra morti e feriti) ed effettuare il trasporto dei
rifornimenti per via aerea, perlopiù usando al massimo velivoli
da trasporto
C-130,
autentici muli dell’aria in grado di decollare e atterrare su
piste
semipreparate o addirittura su normali tratti di strada. Il problema
è che
questi ultimi ovviamente rimarranno esposti ad attacchi tramite missili
a
spalla terra-aria: comunque sia, già ora questi aerei
trasportano 450
tonnellate di rifornimenti giornalieri che prima venivano trasportati
in
convogli (circa il 30% del totale), e l’obiettivo dichiarato è
di arrivare a
1.600 tonnellate. Detta in altri termini, le truppe USA non detengono
affatto
il controllo delle principali arterie di comunicazione dell’Iraq…

Da
questo paese poi, le notizie in arrivo sono scarse e contraddittorie:
avrete
notato come da giorni e giorni non si parli più di Falluja, se
non
sporadicamente per menzionare bombardamenti aerei che, converrete con
me,
suonano abbastanza strani per una città conquistata in cui
c’erano soltanto da
ripulire le ultime “sacche di resistenza”. Dunque, a chi dobbiamo dar
credito?
Alle (scarse) informazioni rilasciate dal Pentagono, o a
quelle dei
portavoce
della resistenza irachena, secondo i quali negli ultimi giorni, a
fronte della
morte di 82 guerriglieri, gli americani avrebbero subito la perdita di
circa
350 uomini e la cattura di 47 militari, fra i quali sembra vi siano
addirittura
tre generali, nonché 243 uomini della cosiddetta “guardia
nazionale”? Queste
fonti affermano di disporre di numerose documentazioni video e
fotografiche,
che verranno diffuse non appena possibile.

Anche
in fatto di mezzi, a sentire queste voci, le recenti perdite
statunitensi
sarebbero piuttosto pesanti: 1 elicottero Apache, 1
cacciabombardiere
F-16, 33
tra camion e autobotti, 17 carri armati Abrams distrutti o
immobilizzati, 27
Humvees, 12 Bradley e 10 APC, tutti distrutti o
immobilizzati…

Lo ripeto, è
impossibile
stabilire quanto ci sia di vero in queste notizie, ma il silenzio
informativo
calato sull’Iraq non aiuta certo a chiarirsi le idee.

Per
concludere questa carrellata di notizie, devo per forza tornare ad
occuparmi
del fenomeno (!) delle scie chimiche: oggi è stata una giornata
campale, e nel
momento stesso in cui sto scrivendo il cielo del Veneto è
ridotto ad una schifezza
lattiginosa, creata dal frammischiarsi di decine e decine di scie
cariche di
porcherie chimiche, rilasciate da un incredibile numero di aerei
impegnati in
questa frenetica attività sin da stamattina. Mi sono giunte
segnalazioni
analoghe anche da altre parti della penisola, e quello che continua ad
indignarmi è l’assoluto silenzio sulla questione da parte di
autorità e organi
di informazione (quale?) e la totale inconsapevolezza dei cittadini,
che hanno
davanti agli occhi uno spettacolo a dir poco clamoroso e non se ne
rendono
assolutamente conto, malgrado alla fin fine tutto questo vada ad
incidere anche
sulla loro salute…

Ma
forse parlare di silenzio non è corretto: in realtà
esisterebbe una vera e
propria campagna di disinformazione, ad esempio quando in certe
trasmissioni
televisive che si dovrebbero occupare di meteorologia si invitano i
telespettatori a non badare troppo alle scie biancastre osservabili tra
le
nuvole, in quanto normali scie di condensazione degli aerei di linea;
oppure
quando si spiega con dovizia di particolari cosa sono e da cosa sono
originate
le polveri sottili (il famoso PM10)… già, peccato che l’allarme
polveri sottili
spesso sia incompatibile con le località interessate o con le
stesse condizioni
meteorologiche presenti al momento dell’emergenza. Scommetto che se si
analizzassero queste famigerate polveri, salterebbe fuori un’anomala
presenza
di alluminio, di bario e chissà cos’altro, tutti composti
incompatibili col
traffico automobilistico, coi riscaldamenti domestici o altre fonti cui
normalmente viene attribuita l’origine di questi particolati. A me
sembra
evidente che queste schifezze, almeno in parte, piovono dall’alto!

Osservate
questa foto satellitare (di fonte NASA, oltretutto) e
ditemi voi se si
può
parlare di scie di condensazione prodotte dal normale traffico aereo…


…oppure
questi esempi fotografici di attività nei cieli italiani: come
si può parlare
di normali scie di condensazione, o di regolare traffico aereo? Quanto
andrà
avanti ancora questa scandalosa menzogna?


Vabbe’,
dato il clima natalizio, vi lascio con un Grinch un po’ particolare…