13.6 C
Battaglia Terme
Home Blog Pagina 347

Le catene della paura

Con un titolo così si rischia di fare la figura di chi grida al lupo. Invece, come vedrete, non si tratta di un'esagerazione. Quello che riportiamo è infatti un testo terribile nella sua chiarezza, che spiega esattamente cosa sia la Guerra del Bene contro il Male.

Chi non ammetterebbe di essere spaventato dal luogo oscuro dove i cosiddetti leaders, auto dichiaratisi "uomini di pace", stanno conducendo l'intera specie umana?

Chi non è in grado di riconoscere i segni di ribellione della terra contro l'abuso che ha impoverito le risorse del pianeta, inquinato i mari e distrutto le grandi foreste, la nostra anima, la nostra sorgente, il nostro respiro vitale? Gli animali stanno morendo, l'atmosfera è sul punto di essere lacerata, e le nostre speranze per un'umanità migliore annegano nel frastuono dell'indifferenza umana e nella disperazione.

Abbiamo creato un tale squilibrio su questo magnifico pianeta che le Grandi Balene e i Delfini, creatori della musica degli Abissi, si stanno arenando in massa sulle spiagge poiché le strazianti prove sonar eseguite in nome dei test sugli armamenti attraversano i corpi di queste maestose creature dilaniandone le cavità auricolari, distruggendo le armonie degli oceani.

Esse hanno semplicemente perso la strada, così come l'ha persa l'uomo.

Rannicchiati nella paura di tutto quello che sta accadendo intorno a noi, dove siamo stati e dove siamo diretti, facciamo nostre la negatività e il sensazionalismo dei mezzi d'informazione che riportano di cose oscure e forze del male estirpando tutto quanto è decente e buono nel mondo. Temiamo per il futuro, per i bambini, per le nostre stesse vite. Ci sentiamo indifesi, condannati e vittimizzati da coloro che agiscono per odio, vendetta e insensatezza di demolire, nel nome di inesistenti ideali di governo, razza e religione, quello che abbiamo realizzato. Rassegnati, piangiamo la situazione globale e diamo via il nostro potere, convinti di essere deboli e di non poter cambiare le realtà che ci si stanno rivelando.

Io dico che ora è tempo di trasformare questa paralizzante stretta di paura nella sua vibrazione più elevata: attenzione vigile e istinto penetrante. Prendiamoci carico del nostro mondo, diventando acutamente consapevoli dei nostri pensieri, atti e parole e responsabili di ciò che immettiamo nell'etere. Sosteniamo le nostre convinzioni pur rimanendo aperti a quelle altrui, senza temere il nostro impegno di cambiare il mondo, un mondo che sappiamo può essere migliore.

Mettiamo in discussione chi guida la guerra e la repressione, parlando apertamente e con grande determinazione. Curiamo le ferite, anziché dirigere la spada mortale verso il cuore degli uomini. Lasciamo fiorire in noi quella grandezza a cui abbiamo diritto quali appartenenti al genere umano. Lasciamoci essere nobili, pervasi di bellezza, e liberi.

Adesso è il momento di mettere alla prova le zone dove state comodi e spingervi oltre i loro confini. Staccatevi dalla sedia e scivolate nella corrente di consapevolezza dove coloro che vi sostengono si sono messi in azione. Rifiutate di essere manipolati dalle macchine e dai messaggeri del potere. Fatevi portavoce della vostra resistenza, scrivete lettere, siate coinvolti. In questo modo non farete altro che trasformare la vostra paura e il compiacimento che suscita in azione positiva e un centrato approccio al problema.

Sostenete l'umanità intera, partecipando alla protesta pacifica e facendo qualcosa di importante ogni giorno della vostra vita.
Non c'è spazio per la paura adesso. Non c'è spazio per la rabbia.
Solo l'elevato senso di riprenderci quello che ciecamente abbiamo consegnato ai vendicatori nel nome della "giustizia"
Solo noi possiamo spazzare le catene della nostra paura e obbedienza.

Solo noi possiamo spezzare le catene.


Immagine in apertura di Vinoth Chandar (Fonte: italianindie.com)


 

IL RAPPORTO SEGRETO DA IRON MOUNTAIN di Paolo Cortesi

Il libro si intitolava Report from Iron Mountain on the possibility
and desirability of peace

L’idea del Report – scriveva Lewin – risaliva addirittura
al 1961, all’interno della amministrazione Kennedy e dei suoi uomini
nuovi
(McNamara, Bundy e Rusk); solo nel 1965 il progetto fu
realizzato, con la formazione di un Gruppo di Studio Speciale (G.S.S.)
cui il governo Usa commissionò uno studio sulla reale possibilità di
una pace mondiale e sulla effettiva utilità di tale condizione.

In poche parole, il governo statunitense chiese al G.S.S. se fosse mai
possibile una pace perenne mondiale e, in caso positivo, se questa fosse
l’obiettivo da raggiungere e mantenere.

Il Gruppo, formato da studiosi e ricercatori di alto livello accademico,
storici, sociologi, economisti, scienziati, perfino un astronomo, dopo
mesi di lavori consegnò al governo il Rapporto che fu detto da Iron
Mountain
dal nome della località (un rifugio antiatomico segreto
presso New York) in cui si tennero diversi meetings del G.S.S.

Le conclusioni a cui il Gruppo pervenne sono agghiaccianti: per la
stessa sopravvivenza delle forme statali, per la loro conservazione e
rafforzamento, per l’economia mondiale la pace non è desiderabile ed
è al contrario necessaria una condizione di guerra costante, in
mancanza della quale occorre realizzare una serie di surrogati della
guerra.


La guerra è "la principale delle forme strutturanti della società";
essa "rappresenta nella macchina dell’economia una specie di volano
il quale con la sua inerzia controbilancia i progressi della
produzione"; essa garantisce il potere politico, ogni potere politico
poiché "l’autorità di base di uno stato moderno sui suoi cittadini
risiede nel suo potere militare", così che "l’eliminazione della
guerra implica la inevitabile scomparsa delle sovranità nazionali e
della tradizionale nazione-stato".

La guerra non ha solo funzioni di controllo politico ed economico, ma
anche sociologico, ecologico, culturale.
In una società da sempre fondata sulla violenza (così
concludono gli studiosi del G.S.S.), la guerra come espressione forte,
istituzionalizzata e generale della violenza, è l’anima stessa
della società
: eliminando la guerra, occorrerebbe ridisegnare tutta
la società in una inedita chiave di collaborazione, tolleranza,
comprensione: eticamente tutto ciò può essere affascinante, ma non
conviene al potere economico e statale, perché corrisponderebbe alla
fine di tali poteri
.

Dunque, cosa fare? Come rispondere alle masse che, istintivamente,
anelano alla pace? Il G.S.S. ha una soluzione tanto pratica quanto
terribile: istituire sostituti per le funzioni della guerra; così
che non vi sarà la guerra dichiarata che il popolo da sempre teme
(poiché è solo il popolo a pagarne le spese), ma al tempo stesso gli
scopi della guerra saranno salvaguardati ed il potere potrà conservarsi
indefinitamente.

Ad esempio, si può imporre una economia di guerra ma con altri fini: ciò
è accaduto con la corsa allo spazio delle due superpotenze, negli Anni
Sessanta e Settanta. La gara per la luna non ha avuto alcuno scopo
pratico se non quello di imporre ai bilanci statali delle spese
colossali.

La delirante competizione per gli armamenti nucleari ha fatto lo stesso:
miliardi di dollari sottratti alla edilizia pubblica, all’istruzione,
alla sanità pubblica e fatti fluire verso le industrie belliche e
cristallizzati in improduttivi arsenali. Il tutto giustificato con la
pazzesca pretesa di garantire sicurezza alla nazione: ecco il più
emblematico esempio di sostituto alla guerra.

Un altro espediente è, oggi, di paurosa attualità: inventare "nemici
sostitutivi", creare cioè un nemico che non esiste realmente ma dal
quale si dichiara di doversi difendere. Scrive il G.S.S.: "Le minacce
fittizie dovrebbero non solo apparire vere, ma essere credute tali con
incrollabile convinzione, e la convinzione dovrebbe essere rafforzata
dal sacrificio di esistenze umane in numero non insignificante". Non
trovate una spaventosa analogia con quanto è successo l’undici
settembre, alle Torri Gemelle? Migliaia di innocenti massacrati per
creare la certezza che esiste un nemico atroce e potente.

Dalla tragedia delle Twin Towers gli Usa hanno un "nemico fittizio"
perfetto, proprio come il Rapporto da Iron Mountain descriveva. Ora il
terrorismo è lo spauracchio, il babau, l’uomo nero di tutti gli stati
della terra. Per combatterlo si giustificano tutte le azioni che prima
sarebbero apparse almeno imbarazzanti.

I governi, primo dei quali quello americano, diffondono a cadenza quasi
regolare i comunicati che prevedono imminenti devastanti attacchi
(fortunatamente mai avvenuti, fino ad ora), giurano che il
terrorismo è forte, spietato e agguerrito, ma non ci hanno mai fornito
un nome (a parte Bin Laden, che è ormai un personaggio da cinema), mai
mostrato una prova documentaria definitiva, non ci hanno mai detto
chiaro e tondo chi e perché nutre questo odio implacabile
contro tutto il mondo…

I governi si autocelebrano compiaciuti elencando gli attentati che
avrebbero sventato; ma se si considerano questi eventi oltre la versione
ufficiale che i mass media accolgono come vangelo, si vede che gli
astuti piani di distruzione non sono niente di più che una bolla di
sapone.

Qualche tempo fa gli americani dissero di aver arrestato un tale che
voleva far scoppiare una bomba radioattiva in una metropoli; ma quello
che sembrava un piano ben articolato era solo un folle proposito, una
delirante intenzione, e nessun codice penale di questa terra prevede il
reato di "immaginazione di attività delittuosa", altrimenti non
basterebbero le galere del mondo per rinchiudere i colpevoli.

Sarà una coincidenza, ma gli Usa ed i loro solerti alleati stanno
realizzando alla lettera il perverso programma del Rapporto da Iron
Mountain.

So bene che, molto probabilmente, quel Rapporto fu ideato e redatto da
Lewin, so bene che non vi è alcuna certezza della veridicità di quel
documento, ma questo non cambia proprio niente.

Ciò che nel 1967 un giornalista pacifista pensò come situazione
limite, estrema, addirittura orwelliana, oggi è diventato realtà.

L’umanità non potrebbe sopravvivere ad una terza guerra mondiale, ma
lo stato non potrebbe sopravvivere senza la guerra: per questo
inventarsi una nuova forma di guerra è apparso necessario ai governi
democratici che amabilmente ci governano per il bene collettivo.

Questa nostra pace è una continua guerra dissimulata. Per un più
stretto controllo sociale, per dare la più ampia discrezionalità
decisionale ai governi, per dare soldi alle industrie belliche e non
solo, per compattare la gente in un osceno patriottismo da stadio, tutti
aizzati contro un comune odiato nemico, per dare più potere a chi già
lo detiene con rabbiosa determinazione, per plagiare le masse pigre e
rassegnate, il cosiddetto terrorismo internazionale è una vera manna
dal cielo…

L’incubo del 1967 è la nostra realtà.

(Rapporto da Iron Mountain sulla
possibilità e desiderabilità della pace); era curato da Leonard Lewin,
un giornalista freelance che nella prefazione raccontò come si era
giunti alla divulgazione di un rapporto governativo della massima
segretezza.

911 – IL GIOCO DEL POTERE

Recentemente
il governo degli Stati Uniti è stato costretto ad ammettere che la
scorsa estate del 2001 venne a sapere che stava per accadere qualcosa
come gli attacchi del 911.

Questa
è tuttavia una semplice diversione, un’operazione mirata a limitare i
danni, lontanissima dalla completa verità: vi è un’enorme massa di
prove, pateticamente descritte dai media ufficiali come "teorie
della cospirazione", che renderebbero inevitabile tale conclusione
in ogni seria inchiesta.

Tale
ammissione conferma quello che molti hanno sospettato: la fulminea
reazione al 911, la guerra contro l’Afganistan, le immediate accuse
all’Iraq, l’insabbiamento del caso Enron, la rapina al bilancio USA
delle corporations ed in pratica l’abolizione del Bill of Rights
americano erano probabilmente tutti preparati in anticipo. E forse lo
erano anche le mosse compiute dai leaders dei paesi satelliti, in modo
particolare di quelli anglosassoni.

Il
15 maggio 2002 il programma della Evening News della CBS riportò che
George W. Bush era a conoscenza di potenziali dirottamenti, da
attribuire ad Osama bin Laden, almeno dal 1° agosto 2001. La migliore
difesa che il portavoce della Casa Bianca Ari Fleischer riuscì ad
elaborare sulla rivelazione fu questa: "Chi poteva pensare che
avrebbero trasformato degli aerei in missili". Ed in seguito lo
stesso Bush dichiarò: "Non ci siamo potuti preparare in
tempo". Ed anche altri esponenti dell’amministrazione USA hanno
fatto dichiarazioni altrettanto sbalorditive.

Ma
sono solamente altre menzogne, queste si veramente patetiche. Il
Washington Post, quotidiano dell’establishment USA, nell’articolo del 16
maggio sul servizio della CBS e la replica della Casa Bianca indicò che
il Sen. Richard Shelby, del Comitato Ristretto per i Servizi di
Intelligence del Senato, suggerì che il Comitato aveva documenti che
provavano che Bush ed altri alti esponenti di governo sapevano dei piani
su aerei bomba.

Inoltre,
il Time Magazine del 14 novembre 1994 rivelava che "Durante la
guerra fredda, quando gli agenti della sicurezza facevano war games su
minacce terroristiche alla Casa Bianca l’unico problema di non facile
soluzione era un aeroplano commerciale carico di esplosivo proveniente
dal sentiero di avvicinamento al Washington National Airport per poi
virare con una picchiata suicida verso la Casa Bianca".

Si
potrebbe fare anche un’altra considerazione, più "leggera"
delle precedenti. Tutti quelli che hanno letto i libri di Tom Clancy
sanno che lo scrittore è molto agganciato alla CIA ed al Pentagono. Se
egli scrive su qualcosa, è molto probabile che le informazioni di
supporto al testo provengano da quelle istituzioni. In due dei libri di
Clancy si parla di aeroplani dirottati che attaccano degli edifici. Se
egli ha scritto questo, si può essere quasi certi che la CIA ha
considerato la possibilità di un attacco con aerei-missile.

Se
vogliamo anche aggiungere una nota ridicola a questa tremenda vicenda,
potremmo anche citare l’"avvertimento" del governo italiano,
che al G8 di Genova del luglio 2001 si temevano attentati a Bush con
aerei kamikaze. Pare proprio che questa "informazione" sia
stata fabbricata ad arte, ma, nella loro imbecillità ed arroganza, i
governanti italiani non hanno capito cosa poteva poi significare tale
affermazione.

La
CIA aveva praticamente già ammesso di essere stata a conoscenza degli
attacchi con le dichiarazioni del suo vice direttore James Pavitt
dell’11 aprile 2002 alla conferenza della Duke University Law School:
"Abbiamo informazioni molto, molto buone sulla struttura generale e
le strategie dell’organizzazione terrorista al Qaeda. Sapevamo ed
avvertimmo che al Qaeda stava progettando un grande attacco. Non vi deve
essere alcun dubbio su questo".

Vi
sono anche stati numerosi avvertimenti e preallarmi ricevuti da servizi
di informazione e leaders di ogni parte del mondo, dei quali è dato
ampio riscontro praticamente in ogni sito web indipendente ed anche in
queste pagine. Da notare anche il preallarme dato dall’americano Mike
Vreeland, del quale si parla approfonditamente nel sito del giornalista
investigativo Mike Ruppert, From the
Wilderness
.

Che
dire poi dell’insider trading, e delle conseguenti speculazioni al
ribasso sui titoli, in seguito crollati, delle società maggiormente
danneggiate dagli attacchi dell’11 settembre – specialmente su quelli
delle due compagnie aeree – se non che sarebbe stato impossibile non
notarlo per gli enti preposti al controllo dei mercati azionari e per i
servizi segreti USA? Anche di questo si trova ampia documentazione a FTW
ed in questo sito.

E’
fuori di ogni logica pensare anche che gli attacchi del 911 non siano
stati almeno permessi dal governo USA. Come ampiamente dimostrato dal
coraggioso lavoro di Jared Israel e del suo staff di The
Emperor’s New Clothes
(e riportanto anche qui a Freebooter
nell’eccellente articolo di Steve Grey) l’11 settembre 2001 l’USAF è
stata lasciata a terra di proposito. Il comportamento di Bush in Florida
poi parla da solo, soprattutto per il fatto che non sia stato portato in
un luogo sicuro dal primo momento dagli uomini del Secret Service. In
queste situazioni non si può certamente parlare di "casualità"
o di "inefficienza". E perché poi la richiesta dello stesso
Bush di "limitare le indagini" entro pochi giorni
dall’attacco? Perché non cercare di prevenire la perdita di altre vite
innocenti?

Anche
tutte le successive dichiarazioni dei responsabili del sistema di
comando americano, dal vicepresidente Dick Cheney, al capo di stato
maggiore, al capo del NORAD, fanno ragionevolmente pensare ad una loro
complicità nella vicenda, come riportato da The Emperor’s New Clothes e
da Carol Valentine a Public-Action: http://www.public-action.com/911/noradsend.html.

Non
solamente loro però: sicuramente i parlamentari che ascoltavano le
dichiarazioni di cui sopra e non trovavano nulla da obiettare, a nostro
avviso hanno tenuto un comportamento sospetto, se non di aperta
complicità quantomeno omissivo. Alle suddette URL si possono leggere
(in inglese) tutte le trascrizioni e giudicare con la propria testa, che
di questi tempi è cosa che fanno in pochi.

Vogliamo
far notare che attualmente l’amministrazione Bush tenta di giocare la
carta dell’incompetenza, ed i lacchè dei media ufficiali serrano i
ranghi entro questo schema di discussione. Ciò equivale a dire che
dobbiamo credere, gli americani ed anche noi dei paesi satelliti, che
fino al 10 settembre la sicurezza nazionale americana era in mano a
degli idioti, ma che dopo quella data è cambiato tutto e quegli idioti
sanno esattamente quello che fanno e noi dobbiamo affidarci a loro per
guerre ed altre avventure. Che strani tipi i giornalisti-prostitute!
Forse pensano che siamo tutti dei codardi completamente rincitrulliti
dalla TV.

Noi
propendiamo per la tesi che gli attacchi del 911 siano stati un Inside
Job: siano cioè stati interamente progettati ed eseguiti dagli apparati
politici e militari USA, partendo proprio dalla considerazione che
nessuna organizzazione terrorista, del primo o del terzo mondo, possa

portare a termine un’operazione del genere ed ottenere un sistema tanto
ampio e variegato di complicità e coperture.

Pare
ovvio che non possa essere stata l’organizzazione di bin Laden: non è
mai stata presentata al pubblico una prova degna di questo nome, e,
inoltre, proprio di recente lo stesso direttore dell’FBI Robert S.
Mueller ha dichiarato, il 19 aprile 2002 in un discorso al Commonwealth
Club di San Francisco, che i presunti dirottatori degli
aerei-bomba non hanno lasciato alcuna traccia, quindi non vi sono prove
contro nessuno. Pare anche molto sensato pensare che Osama bin Laden sia
ancora un operativo dei servizi segreti americani: risulta da molte
fonti che le indagini sullo stesso sono sempre state bloccate dal
governo USA, è certo che la sua rete al Qaeda abbia collaborato con la
NATO nei Balcani e che lì ancora si trovi, a fianco del KLA nelle
operazioni contro la Macedonia. Sono questi tutti fatti ben documentati
a The Emperor’s New Clothes, da prof. Michel Chossudovsky del Centre
for Research on Globalisation
ed altrove.

E’
anche storia ormai che la cd "Jihad" sia stata un’invenzione
del governo americano: ancora oggi spedisce in Afganistan i libri di
testo per le scuole dove la stessa viene esaltata. Questo paese del
resto non è mai stato lasciato dalla CIA, nemmeno dopo il ritiro dei
sovietici, come si evince chiaramente dal discorso di James Pavitt di
cui si è parlato prima. Ma vi è di più. L’ex agente dell’FBI Ted
Gunderson, assieme allo scienziato Michael Riconosciuto, assolvendo ad
un incarico per conto della CIA, nella tarda primavera del 1986 incontrò
in un albergo di Sherman Oaks in California due esponenti dei
mujiahedeen afgani, uno dei quali era Osama bin Laden, in piena guerra
santa contro i sovietici, senza barba ed in abiti sportivi, che allora
si faceva chiamare Tim Osman, il nome che gli era stato assegnato dalla
CIA per il tour negli USA. Un piccolo dettaglio che dovrebbe far
pensare sul reale ruolo del personaggio. E’ del tutto evidente che il
ruolo di Osama bin Laden è quello di parafulmine, serve ciè ad
attirare nel campo del fondamentalismo islamico i mussulmani che si
oppongono all’imperialismo americano.

Anche
i presunti "dirottatori" fanno parte del gioco delle spie e
delle illusioni. E’ noto, ed è efficacemente documentato da Carol
Valentine qui: http://www.public-action.com/911/robotplane.html
, che Atta ed i suoi 18 amici (7 dei quali risultarono essere ancora
vivi dieci giorni dopo gli attacchi) non erano in grado di pilotare
nemmeno un Piper. E’ noto pure i servizi di intelligence (cioè la CIA)
durante gli anni hanno inviato negli USA perché ricevessero
addestramento o per altri motivi almeno 600 terroristi islamici, come
testimoniato dall’ex capo dell’Ufficio Visti dell’ambasciata USA a
Jeddah (Arabia Saudita) Michael Springman in un programma della BBC:

http://news.bbc.co.uk/hi/english/events/newsnight/newsid_1645000/1645527.stm


Se
uniamo questo particolare con il fatto che negli aeroporti frequentati
da Atta e dai suoi operano compagnie private usate dalla CIA come
copertura (soprattutto per il traffico di droga ed armi) e che pare
certo che Mohammed Atta ed altri suoi soci entravano ed uscivano
tranquillamente dalle basi militari USA, come documentato dal
giornalista investigativo Daniel
Hopsicker
potremmo arrivare alla conclusione che tali personaggi
siano serviti per gettare fumo negli occhi e per giustificare le
operazioni relative alla preparazione del 911.

Secondo
il nostro parere, rientrano in questo quadro gli
"avvertimenti" ricevuti da altri servizi di informazione e
governanti vari, anche con riferimento ad aerei-bomba ed a bin Laden
(che ha il compito di reclutatore di terroristi islamici per conto del
governo USA, ma che difficilmente è stato messo al corrente di tutta
l’operazione); la preparazione dell’operazione è stata talmente vasta e
prolungata nel tempo che difficilmente poteva passare inosservata agli
occhi degli spook di mezzo mondo. Ed è probabilmente per la sua
complessità che, per la prima volta in tre decenni il direttore della
CIA, in questo caso George Tenet, a capo dell’agenzia dal 1997, non è
cambiato con il passaggio ad una nuova amministrazione.

Dopo
gli attacchi è iniziata l’operazione di copertura, facendo sparire le
possibili prove, e di propaganda. Per esempio, dal sito web della base
dell’USAF di Andrews, vicino a Washington, sono sparite le pagine
relative ai gruppi di intercettori "unità da combattimento sempre
nel maggiore stato possibile di preparazione" per difendere l’area
di Washington. Il WTC è crollato, e poco tempo dopo il sindaco di New
York Rudolph Giuliani ha fatto portare i detriti a Staten Island ed il
metallo è stato fuso. Tutto ciò nonostante le proteste dei vigili del
fuoco di New York che avevano ricevuto assicurazioni che i corpi dei
loro colleghi periti nel crollo e delle altre vittime sarebbero stati
recuperati, mentre invece sono diventati pasto per i gabbiani.

Ma
è stato un crollo dovuto agli impatti degli aerei bomba oppure si è
trattato di una demolizione controllata (http://serendipity.magnet.ch/wtc.html)?
Ormai le prove sono sparite, ma nemmeno i vigili del fuoco di New York
ci vedono chiaro ed hanno chiesto un’indagine indipendente, http://www.rense.com/general18/collapse.htm
.

Ma
come è stata eseguita l’Operazione 911? Probabilmente non lo sapremo
mai, anche se esistono ipotesi interessanti e molto realistiche, come
per esempio "Il volo degli aerei ape": http://serendipity.magnet.ch/wot/plissken.htm.
Quel che è certo che da un’inchiesta del Congresso USA o di altri
apparati del sistema di potere americano non verrà mai fuori la verità:
vi sono due partiti con gli stessi finanziatori. E’ indicativo di questo
anche la fretta con la quale entrambe i partiti hanno approvato il
Patriot Act ed altre leggi liberticide e l’attacco all’Afganistan: erano
probabilmente [quasi] tutti d’accordo oppure avevano capito come
dovevano comportarsi.

Tutta
la messa in scena è stata poi sostenuta attivamente dai "mezzi
d’informazione" e dalle successive campagne per creare il terrore
nella popolazione, come i falsi allarmi e gli attacchi con l’anthrax, di
cui da mesi è nota la provenienza dai laboratori militari USA. Non deve
stupire che l’FBI non abbia agito, la sua funzione è quella di polizia
politica del regime USA delle corporations, e le carceri americane sono
piene di agenti onesti che hanno denunciato certi loschi traffici.

E’
sintomatico il fatto che, in seguito alle ammissioni del governo USA, si
stiano ripetendo in questi giorni gli avvertimenti di "nuove
minacce terroristiche" della invisibile al Qaeda da parte di
esponenti dell’amministrazione Bush e dei loro tirapiedi: per loro, e
per il sistema in generale, l’aria si fa sempre più pesante. Gli
americani, ma anche i cittadini dei paesi satelliti, corrono il rischio
dell’instaurazione della legge marziale, evento molto probabile se il
muro di omertà continuerà a crollare con conseguenti "attacchi
terroristici" fasulli. Anche in queste pagine si parla di questo
rischio e delle sue conseguenze, come ad esempio la censura, i tribunali
militari ed i campi di concentramento per gli oppositori già pronti in
varie località degli Stati Uniti (Operation Gardenplot).

Quella
di seminare il terrore per indurre la popolazione a determinate scelte
politiche o per convincerla ad appoggiare guerre ed altre avventure è
una tecnica che viene messa in atto dalla notte dei tempi, e non
dovrebbe sorprendere che venga usata da chi è sempre alla ricerca di
maggiori ricchezze e potere. In Italia ne abbiamo avuto la prova anche
in anni (e mesi) recenti.

Il
perché di questa mossa azzardata della elite dominante negli USA e dei
suoi complici e lacchè in ogni parte del mondo è controversa, comunque
noi pensiamo che sia ragionevole quella condivisa anche, tra gli altri,
da The Emperor’s New Clothes e da Stan Goff: l’obiettivo è
l’accerchiamento e la conquista della Russia, un obiettivo storico delle
potenze occidentali. Gli USA non sono interessati all’Asia
Centrale per il petrolio, ma sono interessati al petrolio a causa
dell’Asia Centrale, la porta per l’attacco finale alla Russia, condotto
con l’aiuto dei paesi NATO ed inizialmente per mezzo delle bande di
mujiahedeen, la stessa strategia utilizzata nei Balcani.

La
strategia è quella descritta da Zbigniew Brzezinski nel suo libro
"The Grand Chessboard", e le conseguenze sarebbero il
controllo di grandi risorse economiche ed un enorme potere politico, il
Potere Assoluto. E’ una strategia che ha sempre portato a gravi
conseguenze per l’umanità, soprattutto per la parte più debole di
essa.

Ciò
coincide anche con quanto dichiarato dall’ex Segretario di Stato USA ed
ex comandante della NATO in Europa il 7 gennaio 2002: "La
reale ragion d’essere della NATO è quella di assediare la Russia. La
Russia non potrà mai appartenere alla NATO, perché allora non vi
sarebbe alcuno scopo per la NATO. Le dovrebbe essere dato un altro nome
e cambiato il suo principale obiettivo".

Questa
strategia comporta chiaramente anche la soppressione delle voci critiche
e di quanti si oppongono alle politiche delle elite dominanti e richiede
necessariamente la collaborazione dei paesi satelliti, la cui
popolazione dev’essere anch’essa messa in condizioni di non interferire.
I criminali non sono solamente tra quanti negli USA hanno eseguito e
coperto l’Operazione 911, ma sono anche a casa nostra, ed hanno nomi e
cognomi. Sono i membri della maggioranza, dell’opposizione, i nostri
bravi editorialisti e commentatori, della carta stampata e della TV (che
ha ripreso a trasmettere servizi propagandistici), tutti i
"giornalisti" codardi che temono di esporsi, ed in generale
tutti quelli che mentono, tacciono ed impediscono un vero dibattito su
quegli eventi.

Comunque
la si pensi, questa agenda è stata condannata dalla storia e dagli
uomini come criminale, tutti coloro che la appoggiano e la coprono con
le menzogne e la propaganda sono dei criminali, tutti coloro che anche
si limitano solamente ad eseguire degli ordini sono dei criminali:
"Gli individui hanno doveri internazionali che trascendono dagli
obblighi nazionali di obbedienza… Perciò i singoli cittadini hanno il
dovere di violare le leggi domestiche per impedire che si verifichino
crimini contro la pace e l’umanità"- Tribunale di Norimberga per i
crimini di guerra, 1950

http://freebie.multiservers.com/aps.htm

La Convenzione di Aarhus ed il gioco dei diritti di Paolo Cortesi

Di certo, i mass media non hanno banchettato con questo tema, come
invece fanno, con una enfasi ed una impudica frenesia che talvolta
raggiunge il paranoico, per altri soggetti.

La Convenzione di Aarhus prende il nome della città danese in cui è
stata sottoscritta da una ventina di paesi il 25 giugno 1998. E’ stata
ratificata alcuni anni dopo dai vari governi (europei, ma anche della ex
Unione Sovietica: ovviamente assenti gli Stati Uniti d’America, che
vivono con la presidenza Bush jr. la loro più cupa e intransigente
stagione antiecologica) ed è entrata in vigore il 30 ottobre 2001.

La Convenzione di Aarhus, sebbene non abbia scaldato i cuori dei popoli,
è stata salutata con entusiasmo davvero straordinario. Per Kofi Annan,
segretario generale dell’ONU, è "la più ambiziosa impresa di
democrazia ambientalista realizzata sotto gli auspici delle Nazioni
Unite".

Klaus Topfer, direttore esecutivo dell’United Nations Environment
Programme, la saluta come "una occasione d’oro"; mentre per Costas
Themistocleous, ministro dell’agricoltura di Cipro, "è la prima
volta che l’ambiente è così strettamente collegato ai diritti
umani".

Per Satu Hassi, ministro dell’ambiente ed energia di Danimarca, "la
data di entrata in vigore della Convenzione di Aarhus segna un giorno
speciale nella legislazione ambientale internazionale".

Il nostrano Altero Matteoli ha dichiarato: "La Convenzione di Aarhus
è lo strumento più avanzato al mondo nella promozione dei diritti del
popolo a giocare un ruolo attivo nella creazione di una società più
ecologicamente sostenibile".

Ma, in nome degli dei!, cosa stabilisce questa provvidenziale
Convenzione? Quale balzo gigantesco essa farà compiere alla umanità
redenta da legislatori sì meritevoli?

Essa, in parole semplici e veritiere e non con la retorica litania dei
suoi artefici, ha un solo scopo: permettere
ai cittadini di sapere cosa si sta decidendo sulla qualità della loro
vita presente e futura.
Quello che ad ogni persona ragionevole
appare (ed è) il più ovvio e naturale dei diritti, viene sbandierato
dai governanti come una clamorosa prova di democrazia.

L’obiettivo della Convenzione è sensibilizzare i cittadini sui
problemi ambientali favorendo l’accesso all’informazione e la loro
partecipazione al processo decisionale. Ma cosa c’è in tutto questo
che non dovrebbe già essere normalmente
previsto
?

Perché proclamare un atto di fulgida democrazia quello che è il più
irrinunciabile diritto di tutti, ovvero conoscere (almeno conoscere…)
quello che i governi intendono fare del mondo in cui tutti vivono? Quale
è il merito? E perché mai un governo, che si dice rappresentante del
popolo, non dovrebbe fornire informazioni e coinvolgere i cittadini (per
i quali dice di lavorare) nel processo decisionale?

Insomma: quale gioia dovremmo provare, quale riconoscenza per un atto
dovuto
?

La Convenzione, poi, fissa diverse limitazioni che lasciano sempre e
comunque ai governi la decisione finale in merito ad ogni procedimento.
L’accesso alle informazioni prevede dieci casi in cui esso non è
consentito: il rifiuto, ad esempio, è ammesso nel caso in cui
l’autorità pubblica non sia in possesso dell’informazione
richiesta. E questo è lapalissiano: non posso dare quello che non ho.
Tuttavia, chi garantisce che la autorità pubblica non neghi di disporre
di quei dati che invece ha ma non vuole diffondere?

Il rigetto di una
domanda è anche previsto per motivi di segreto delle deliberazioni
delle autorità pubbliche, ed allora siamo sempre allo stesso punto:
l’autorità concede solo quelle informazioni che intende concedere.
Dov’è, dunque, la grandiosa ventata liberatrice e democratica della
Convenzione di Aarhus?

Il segreto commerciale e industriale viene riconosciuto e difeso dal
documento, e quindi una grossa fetta di informazioni "delicate" non
arriverà mai al popolo, nonostante tutte le belle parole dei ministri.

Ma la perla di tutta questa fiaba mi sembra il punto in cui è stabilito
che informazioni possono essere rifiutate al pubblico per motivi di
carattere confidenziale dei dati, e siamo daccapo: chi decide cosa e
quanto un dato sia confidenziale? E del resto, ha senso definire confidenziale.

Applicando alla lettera la Convenzione di Aarhus, noi oggi non potremmo
disporre di dati relativi allo scoppio della centrale nucleare di
Chernobyl, perché tale sciagura poteva essere coperta dal segreto per
almeno un paio di motivi previsti dalla Convenzione: motivi di
segretezza per difesa nazionale e per pubblica sicurezza. E state pur
certi che, se occorre, i governi sapranno interpretare nel modo più creativo
i termini del trattato…

Nonostante i colpi di grancassa dei governi, non mi sento di festeggiare
la Convenzione di Aarhus, che francamente non considero una meravigliosa
opportunità, quanto piuttosto una occasione perduta.

E non mi sento neppure di accoglierla secondo il principio "meglio
questa che niente": è proprio con tale sillogismo avvelenato che i
governi ci propinano tutto quello che vogliono, ed il sistema del
bastone e della carota forse può andare bene per docili muli, non per
esseri umani che tentano di usare al meglio il loro cervello.

La Convenzione di Aarhus mi sembra paradigmatica sulla reale
natura del rapporto tra autorità e cittadini
: tale rapporto non è
fondato su una serie di effettive garanzie di trasparenza e
verificabilità, ma soltanto sulle dichiarazioni a senso unico di chi
governa. E’ infatti chi governa che decide se e come riconoscere
quegli stessi diritti che concede alle popolazioni le quali (notate bene!) sarebbero
rappresentate limpidamente dai governanti medesimi… Neppure Houdini si
sottopose mai a funambolismi così contorti! Infatti: come salvare capra
e cavoli?

Come salvare la faccia splendente della Dea Democrazia e, al
tempo stesso, continuare a comandare?
Come continuare a pretendere l’osservanza delle proprie decisioni e,
al contempo, la solerte partecipazione dei cittadini a decisioni che li
scavalcano o li schiacciano?

Risposta: con tanti trattati che, sulla carta, rappresentano "le più
ambiziose sfide della democrazia ambientalista", ma che tra una riga e
l’altra fissano, discreti ma insormontabili, limiti, paletti,
ostacoli, eccezioni, discrezionalità, vincoli…

Mi viene in mente un caso recente di sedicente trasparenze delle autorità…
L’ente gestore di una diga per anni si rifiutò di comunicare dati e
informazioni ad una associazione ambientalista; infine, non potendo
continuare sfacciatamente questo atteggiamento dittatoriale, si dichiarò
pronto a fornire i documenti richiesti, ma
con una sola, piccola condizione: ogni fotocopia andava bollata!!


Duole dirlo, ma la Convenzione di Aarhus non è il meglio che si
possa fare in tema di ambientalismo e di diritto alla informazione.

Secoli fa, nell’ancien regime,
le costituzioni erano "graziosamente concesse" dai sovrani. Oggi le
formule sono molto cambiate, e i termini in voga sono partecipazione,
confronto, dialogo, trasparenza…


La sostanza è ancora paurosamente, tristemente la stessa.

Per quanto ciò sia inquietante, proprio questa è la tendenza
generalizzata della politica del Duemila: ciò che conta (ciò che deve
contare) non è quello che si fa effettivamente, ma quello che si dice
di stare facendo. La finzione si sovrappone sempre di più alla realtà,
creando un "mondo virtuale parallelo" che dà corpo, ogni giorno di
più, ad incubi orwelliani.
Un dato relativo all’ambiente, cioè allo spazio naturale, cioè in
ultima analisi a tutti noi?

L’INFALLIBILE “RICETTA TERRORISMO” di Paolo Cortesi

O più semplicemente vi piace l’appartamento del vostro vicino e volete
arraffarlo?

La macchina del vostro collega è più bella della vostra e volete
rubargliela? Tutti questi progetti erano, fino a sei mesi fa, delle
intenzioni aberranti, moralmente indegne e infami che vi avrebbero fatto
considerare un criminale o un malato di mente.


Ora non è più così. Per realizzare i vostri più inconfessabili
propositi esiste una formula semplice e sicura: dichiarate
terroristi i vostri odiati nemici e potrete fare tutto quello che la
vostra fantasia vi detta!
Il condomino parcheggia troppo spesso nel vostro posto
macchina? Convocate una breve ma intensa riunione di condominio nella
quale dichiarerete (con toni solenni, con viso serio ma non dolente perché
voi non temete nulla e nessuno sotto il cielo) dichiarerete che il
ragionier Rossi vostro condomino è un terrorista, che ha minato
l’intero edificio e lo farà esplodere in una azione suicida.


Quindi, per il bene della
collettività, voi sarete costretti ad eliminare il ragioniere-bomba con
una rapida azione preventiva.

La vostra fidanzata vi ha tradito? No: non ricorrete alle obsolete armi
dello sdegno e della rivalsa. State al passo coi tempi: dichiarate
terrorista la vostra morosa fedifraga
. Le potrete dare la caccia
ovunque, in casa dei genitori o del suo nuovo compagno, e braccarla con
una operazione militare alla quale potrete dare nomi suggestivi e
memorabili: "Giustizia senza fine", "Pace perenne", "Core
ingrato" e così via…

La vostra squadra dilettante di calcio ha perso contro la squadra
aziendale?


Fino a sei mesi fa sareste stati costretti a subire umilianti sfottò e
magari avreste dovuto pagare da bere ai vincitori. Ora i tempi sono
cambiati e le relazioni sociali hanno subìto una svolta straordinaria: dichiarate
che la squadra che vi ha battuto è composta da una banda di spietati
terroristi.
Affermate (non avete alcun obbligo di fornire prove
sicure) che la squadretta in realtà è un branco di undici fanatici
assassini assetati di sangue umano, che nascondono sotto la maglietta del
calciatore l’uniforme di una organizzazione terroristica che ha
ramificazioni in tutto il mondo.


Dichiarate quindi, con maschia risolutezza, di non tollerare questa odiosa
minaccia alla libertà, alla incolumità, al sacrosanto diritto alla
prosperità e organizzate un robusto manipolo di prodi che guiderete allo
sterminio dei terroristi smascherati. E’ saggia e collaudata precauzione
dotarsi di armi infinitamente più letali di quelle di cui dispone, o
dovrebbe disporre, il nemico.


Se il gruppo terrorista è sospettato di avere armi chimiche o
batteriologiche, voi dovete averne almeno 55.000 volte di più.

La ricetta terrorismo si presta
alle più svariate elaborazioni, permettendo a ciascuno di voi di dare
libera espressione alla propria creatività, tuttavia richiede alcuni
ingredienti costanti:


1)
segretezza
assoluta
: non rendete
conto di nulla a nessuno, ma procedete solo per dichiarazioni assiomatiche
e sulle quali non ammetterete il minimo dialogo, proclamando il santo
principio di ogni buona crociata: "chi non è con me è contro di me".


2)
intolleranza
drastica verso ogni forma di dissenso
:
bastonature, gas lacrimogeni, sfollagente, proiettili di plastica e anche
(perché no?) di piombo, arresti, pugni e calci si sono rivelati da tempo
un’ottima forma di dialogo verso chi non si prostra docilmente.


3)
addomesticare
i mass media
, ai quali
fornirete solo le vostre versioni, anche le più improbabili e ridicole,
ma che avranno comunque dozzine di zelanti sostenitori della categoria
"giornalisti servi", i quali diffonderanno con entusiasmo trascinante
le vostre filastrocche, anche le più stomachevoli.


4)
gettate
ridicolo e disprezzo su oppositori e critici
:
una volta (ah! tempi barbari…) si usava dialogare, discutere, ragionare,
dimostrare; oggi le cose sono più spicce e basta rifiutarsi di prendere
in considerazione le ragioni dell’avversario, dichiarando però con pari
vigore che si è disponibili ad ogni confronto. Ciò che conta non è ciò
che si fa, ma ciò che si dice di stare facendo, anche se è l’esatto
contrario.

Bene. Ora possedete i fondamenti della migliore ricetta per
sbarazzarsi di concorrenti, nemici, ostacoli. Se avete ancora qualche
dubbio sulla efficacia della ricetta, guardate il pieno luminoso successo
di Israele che l’ha messa in pratica contro un antico nemico, i
Palestinesi.
Se avete ancora un brandello di
coscienza e tutto ciò vi ripugna, guardate i potenti della terra ed i
loro numerosi servi e leccapiedi, i tanti ciechi esecutori, i docili
sostenitori, guardate il lercio mondo del potere politico e chiedetevi:
"Queste centinaia di migliaia di persone riescono a dormire ogni
notte?".

Pare di sì. Miracoli della farmacologia o l’orrore di un’anima morta
e secca come pietra?


La
risposta a ciascuno di voi.

IL MEDIOEVO IN CUI VIVIAMO di Paolo Cortesi

Guardavo
il signore che mi diceva queste cose e pensavo: "Evidentemente, io e
lui abitiamo due diversi pianeti…"

Il
mio gentile interlocutore era un signore anziano che aveva letto tutti i
miei interventi on line su Nexus e li commentava; addirittura di
un paio di essi mi diede una sorta di analisi scritta, avendo redatto
delle osservazioni paragrafo per paragrafo.

Ringraziai
per la attenzione; riproposi alcune delle mie idee e poi la cosa
(ovviamente, necessariamente) finì lì, con una stretta di mano ed
ognuno di noi convinto quanto prima della rispettiva posizione.

Confesso
che ero stupefatto: che un ragazzino con la testa imbottita di luoghi
comuni della cosiddetta "educazione civica" scolastica possa pensare
certe cose è chiaro.

Ma
come può un signore maturo, un pensionato, come può dopo una vita di
lavoro e di esperienze credere ancora alle fate e ai maghi? Come può un
uomo che leggeva i giornali tutti i giorni non avere almeno il sospetto
che l’Italia, l’Europa, il mondo insomma non siano proprio il
paradiso della libertà, della democrazia, del dialogo socratico e
fraterno?

So
bene che non sono argomento diffuso, ma il gentile signore non aveva
proprio mai sentito accennare al Gruppo Bilderberg, al Council on
Foreign Relations, al Circolo Pinay, alla Trilaterale, e ad altri gruppi
di potere? CIA, P2, SISDE, SISMI, KGB erano, per lui, sigle di motorini?

Una
visione dietrologica e complottistica della storia e della politica è
rudimentale e semplicistica; ma non lo è meno la totale fiducia nelle
istituzioni che governano.

Parliamoci
chiaro: a parte poche, brevi e meravigliose eccezioni, la vita associata
degli uomini è sempre stata un gioco feroce fra chi detiene il potere e
chi lo subisce. Non è una scoperta recente: lo affermò per primo
Hobbes, nel XVII secolo; ne scrisse Rousseau quasi trecento anni fa;
Leone Tolstoj lo dichiarava con forza ai primi del Novecento…

La
posizione del mio critico è questa: sì, una volta, secoli fa, esisteva
una situazione di predominio e di imposizione; ora però la democrazia
è così diffusa e così forte da avere allontanato per sempre
quell’incubo.

In
proposito, ritengo che non sia mai avvenuta una reale mutazione nella
sostanza, ma solo nella forma: la libertà effettiva individuale
di oggi non è molto più grande di quella di cui si poteva disporre
sotto Napoleone, ma è cambiato profondamente il contesto entro il
quale viene giudicata e percepita questa libertà, per cui si è certi
che essa sia enormemente maggiore.

E
questo cambiamento è stato voluto proprio da chi detiene il potere,
affinché i sottoposti credano di essere liberi. Un trucco perfetto, no?
Pensate: è molto più facile dominare un servo se questi è sicurissimo
di essere libero. E se il servo osa alzare un po’ la testa o la voce
lo si zittisce subito: "Di che ti lamenti?" gli grida il padrone
"tu sei libero quanto me, poiché tu ed io siamo uguali! Tu mi hai
liberamente scelto quale tuo rappresentante! Di che ti lamenti?!"

Ecco,
questa è la cornice ideologica del nostro presente: una fittizia libertà
che nasconde una autentica dominazione.

E
che esista questa dominazione non è una mia ossessione paranoica, ma la
semplice verità dei fatti. Esaminateli: il mondo, l’umanità ed il
futuro vengono decisi e determinati da un pugno di uomini che vivono in
poche nazioni.

E
questi uomini hanno un solo scopo: accumulare potere e l’equivalente
materiale di esso, che è il denaro. Il potere crea denaro, il denaro
assicura il potere; ecco chiuso il perverso circolo che strangola
l’umanità.

Non
è una novità, lo so: dagli antichi Egizi questa è la sciagura della
strana specie homo sapiens; ma non è mai esistito un tempo, come
il nostro, in cui l’orrore e la barbarie fossero così estesi e
profondi. Oggi si devasta la terra; si creano armi che potrebbero
cancellare più volte l’umanità; si creano popoli di poveri; si
ipoteca il futuro; si cancella il passato; si violano sistematicamente e
impunemente i più fondamentali diritti; si sputa su ogni valore
morale…

(Mi
accorgo che ho sbagliato: al "si" impersonale dovrei sostituire le
parole "chi ha potere").

Prendiamo
un solo caso fra quelli che rendono così ottimista il mio
interlocutore: la rappresentatività democratica.

Le
elezioni sono un business; le vince chi ha più denaro da
investire; le vince chi ha i più forti alleati economici, ai quali dovrà
poi rendere il favore con tante belle leggi su misura.

Le
elezioni sono un gioco da ricchi. Negli Stati Uniti le elezioni
presidenziali, da diversi decenni, sono una operazione di marketing,
nelle quali il prodotto da piazzare è un uomo che aspira a diventare il
più potente della terra.

Nel
nostro piccolo, anche in Italia, abbiamo bene imparato questa fulgida
lezione: notate che per una bizzarra coincidenza il nostro attuale capo
del governo è anche l’uomo più ricco del paese.

Mi
chiedo: un multimiliardario quale società rappresenta? La vita che egli
ha condotto può essere solo un po’ simile a quella di un operaio, una
commessa, un insegnante, un pensionato?

I
valori etici di un uomo così ricco sono esattamente gli stessi di un
uomo normale o addirittura povero?

Qualche
volta mi sembra di vivere in un cupo medioevo. Oggi abbiamo una società
in cui il reddito medio è molto superiore a quello di una famiglia
aristocratica medievale, questo è certo. Ma, come nel medioevo,
esistono sperequazioni così enormi da essere intollerabili, dolorose.
Un solo campione di calcio è pagato più di quanto costerebbe
all’anno un intero ospedale.

Come
nel medioevo, viviamo in una società apparentemente omogenea e aperta,
ma che invece è stratificata in gerarchie e caste. E come nel medioevo,
esistono oggi figure che sono al di sopra di ogni legge e di ogni
giudizio; una confraternita di intoccabili che attraversa la vita col
sorriso odioso di chi sa che, qualunque cosa accada, qualunque cosa si
dica, avrà sempre potere e ricchezza.

Come
nel più tetro medioevo, i governi si accordano, decidono, scelgono
sulle teste dei cittadini/sudditi, di coloro che (si dice) li hanno
voluti.

E,
come beffa finale, questi stessi governi pretendono l’entusiasmo e la
piena collaborazione da parte dei sudditi. L’Europa unita e la moneta
unica non sono mai state oggetto di referendum: erano scelte che dovevano
piacere
; che lo capissero o no, era quanto i cittadini dovevano
accettare.

Il
presidente degli Usa, che alcuni riconoscono quale modello di libertà,
ha imposto il segreto sugli atti d’inchiesta sul gigantesco crollo
della Enron: migliaia di cittadini/sudditi rovinati non avranno neppure
la povera consolazione di sapere quale disastro li ha buttati sul
lastrico.

Come
nel medioevo, si fanno sante crociate contro i nemici della libertà e
della prosperità. E si impiegano termini medievali, come ha fatto il
signor Bush quando ha dichiarato guerra all’asse del male (axis
of evil
), facendo regredire la politica internazionale ai tempi più
trucidi della guerra fredda.

Ma
se al medioevo seguì il luminoso secolo del Rinascimento, è oggi molto
difficile sperare che avvenga lo stesso.

A
meno che non si sia puerilmente ottimisti o follemente candidi come il
mio anziano amico, che vive nel migliore dei mondi possibili (beato
lui!).

Gli Usa: da sentinella del mondo a stato poliziesco? Di Paolo Cortesi

Sappiamo molto meno, invece, di un altro fronte in cui si combatte una guerra molto diversa, ma non meno drammatica: intendo quell'attacco alla costituzione, al diritto, alla privacy ed alla libertà che si conduce negli Stati Uniti.
Subito dopo lo sventurato 11 settembre 2001, infatti, il governo americano decise che era necessario attuare una politica di pesante controllo poliziesco sul paese, per debellare la minaccia del terrorismo. Ma se lo scopo dichiarato sembrava di pura e semplice legittima difesa, ora sono molti i cittadini statunitensi i quali temono che la guerra al terrorismo non sia che un pretesto per realizzare uno stato di polizia orwelliano.
Il governo Bush non ha mai fatto mistero della direzione che intendeva prendere: John Ashcroft, attorney general (ministro della giustizia) si è così espresso nei confronti di coloro che osservavano con sgomento la restrizione delle libertà fondamentali in America: "La vostra tattica aiuta solo i terroristi, corrode la nostra unità nazionale e diminuisce la nostra risoluzione. Danno munizioni ai nemici dell'America e deludono gli amici dell'America. Incoraggiano la gente di buona volontà a stare zitta davanti al male". (1)
Della medesima opinione è Sandra Day O'Connor, della Suprema Corte di Giustizia, che visitando il Ground Zero del WTC, ha dichiarato: "Sono preferibili maggiori restrizioni alla libertà personale piuttosto che si ripeta un tale evento nel paese". (2)
Con l'Usa Act, noto anche come Usa Patriotic Act (Legge patriottica Usa), la cui esatta denominaione è Uniting and Strenghtening America Act (più o meno: Legge americana di unità e rafforzamento), approvato l'11 ottobre 2001 dal Senato con 97 voti favorevoli ed uno contrario, il governo Bush ha imposto misure di impressionante portata: ha ampliato la sorveglianza sulla gente comune, ha autorizzato la CIA allo spionaggio domestico, ha previsto tribunali militari per i sospettati di terrorismo, ha pesantemente limitato i diritti dei detenuti (tanto che l'ordine degli avvocati ha protestato con forza), ha permesso che agenti federali ascoltino i discorsi tra arrestati ed i loro legali, ha auspicato la realizzazione di un gigantesco sistema di identificazione personale con un colossale database che raccoglierebbe informazioni capillari su tutti, e registrerebbe dagli acquisti ai movimenti, dal reddito agli investimenti. (3)
Senza dimenticare, poi, la richiesta di studiare forme di tortura per indurre i prigionieri a rivelare le informazioni di cui sarebbero in possesso!
L'Usa Act è stato considerato come il ritorno al maccartismo; forse questo giudizio è eccessivo, ma di certo ora il governo Bush ha carta bianca per zittire gli oppositori: è sufficiente venire accusati di terrorismo e per esserlo non occorre essere fondamentalisti islamici con la barba cisposa e l'occhio fanatico; basta essere sospettato di commettere "atti che appaiono tesi ad influenzare la politica di un governo con l'intimidazione o la coercizione".
Questa, che ci crediate o no, è una delle definizioni che l'Usa Act dà di terrorismo: pensate alle possibili conseguenze…
Martin Luther King sarebbe oggi considerato come terrorista? E perché no? Visto che mobilitava masse di neri che potevano benissimo essere ritenuti una intimidazione al governo.
Fino a che punto si tratta di critica democratica e non di intimidazione? Dove finisce una e comincia l'altra? E chi stabilisce il limite?
Il segretario dell'Ufficio Stampa della Casa Bianca, il signor Ari Fleischer, ha recentemente ammonito i suoi concittadini: "La gente deve stare attenta a quello che dice e a quello che fa" (People have to watch what they say and what they do): è una richiesta di collaborazione o una minaccia?
Perplessità e preoccupazioni non provengono solo da esponenti della cultura democratica statunitense, ma addirittura dal direttore dell'ufficio di New York della Alta Commissione dell'ONU sui Diritti Umani, il signor Bacre Ndiaye, che ha comunicato: "E' evidente che alcuni governi stanno ora introducendo misure che possono colpire l'essenza delle garanzie dei diritti umani. In alcuni paesi, attività nonviolente sono state considerate alla stregua di terrorismo, e sono state adottati provvedimenti eccessivi per sopprimere o ridurre diritti individuali, inclusi la presunzione di innocenza, il diritto ad un giusto processo, libertà dalla tortura, diritto alla privacy, libertà di espressione e d'assemblea e il diritto di chiedere asilo". (4)
Sarebbe davvero grottesco se la cosiddetta liberazione dell'Afghanistan dovesse corrispondere alla istituzione di un regime semi-totalitario proprio nella nazione che, dal XVIII secolo, si presenta al mondo come faro di libertà e garante della più fulgida democrazia.
 

Paolo Cortesi

(1) Citato in The Washington Post del 7 dicembre 2001
(2) La citazione si trova nell'articolo The Constitution in danger di Nancy Chang, apparso sul numero di novembre-dicembre 2001 della rivista pacifista Nonviolent activist, che si può consultare anche in rete: www.warresisters.org/
(3) Vedi http://www.ccops.org/ E'il sito della associazione Concerned Citizens Opposed to Police States.
(4) http://www.arabicnews.com/ansub/Daily/Day/011225/2001122530.html

Guerra segreta:il segreto del potere assoluto di Paolo Cortesi

Come tutti gli spettacoli, la guerra era pubblica, anzi popolare, anzi
ostentata e maestosa, con un apparato imponente di musica (le bande
militari erano, solo fino a settanta anni fa, la più diffusa fonte di
musica popolare), con le divise sgargianti, tutte diverse, ricche, con
le parate tra ali di folla acclamante, i ragazzini che seguivano i
soldati nella marcia, le bandierine di carta sventolate…


Uno spettacolo che affascinava le menti semplici (tanto che c’era
sempre qualcuno che si sentiva chiamato al mestiere delle armi e
si arruolava, magari contro il parere del padre avvocato che lo voleva
medico…); uno spettacolo che dava il voltastomaco agli antimilitaristi
(che avevano colto, con doloroso anticipo, quale orrendo inganno si
celasse sotto lo sfavillio delle trombe e delle spade…).


Uno spettacolo,
comunque, ed uno spettacolo grande, intenso, assolutamente aperto,
coinvolgente. Leggete una pagina di memorie, di cronachistica, un
articolo di giornale, troverete una costante: la potenza della visione,
lo sfoggio della moltitudine per la moltitudine, la grandezza
dell’apparato e la imponenza dello spiegamento di uomini e mezzi.


La guerra è stata, fino al 1914, un rito sociale, un fenomeno di masse;
non solo: fu un fenomeno che ricadeva costantemente sulla folla, tenuta
sempre al corrente dell’andamento del conflitto, con i famosi bollettini
di guerra
, con i resoconti degli inviati, con le fotografie o le
riprese cinematografiche di coraggiosi operatori.


Certo: la condotta della guerra era un affare riservato ai generali, e
il segreto faceva parte della tattica militare; eppure la guerra, tutte
le guerre fino al Secondo Conflitto Mondiale, erano seguite dalle
popolazioni civili in tempo pressoché reale.
Gli stati maggiori indicavano, per quanto possibile, le direttive degli
attacchi, lo sviluppo delle operazioni, i fini previsti e lo svolgimento
generale sui vari fronti.


Pensate all’ultima guerra mondiale: nei cinema si proiettavano
"cinegiornali" che illustravano l’andamento della guerra; è
chiaro che si trattava di una forma di propaganda, ma questo non mi
interessa, ora.
Quello che voglio rimarcare è il fatto che era inconcepibile una
guerra segreta, condotta segretamente, con obiettivi segreti, con mezzi
segreti, con tempi segreti.


Il segreto, nelle guerre che precedettero quella del Golfo, era una
condizione del tutto eccezionale, riservata ad occasioni rare e gravi;
per il resto, la guerra era pubblica. E l’azione segreta era così
fuori dalla consuetudine che i corpi speciali (commandos) a cui
era affidata erano un’infima minoranza.
Non intendo sostenere che i bollettini di guerra fossero tutti
veritieri, ma dico che i vari governi si sentivano in obbligo di
informare la popolazione sulle vicende di guerra.
Questa realtà vecchia di secoli è finita pochi anni fa, prima con la
Guerra del Golfo ed ora, definitivamente, con la crisi (la chiamiamo così?)
afgana.


Già con la Guerra del Golfo abbiamo visto la più pesante censura
militare coprire e negare le informazioni, che venivano selezionate
all’origine e concesse dalle autorità militari.
Non esiste, oggi, un solo episodio della Seconda Guerra Mondiale che non
sia ampiamente noto ai polemologi nei suoi dettagli; anche per fronti
minori, possediamo oggi una conoscenza storica completamente
soddisfacente.
Della Guerra del Golfo, a distanza di anni, esistono ancora ombre e
silenzi.
Con la "guerra" che l’America ha dichiarato al terrorismo (?) sarà
ancora peggio, perché la segretezza è stata dichiarata, come
condizione essenziale primaria, fin dai primi giorni in cui il governo
statunitense cominciava a pensare alle ritorsioni per l’attacco a New
York.


Che un esecutivo voglia disporre a piacimento delle forze armate
nazionali non è una cosa sbalorditiva; sorprendente è, invece, il
fatto che tutti trovino ovvia e
giusta questa segretezza.
Perché fare la guerra in segreto vuol dire una sola cosa: saranno i
militari, e solo essi, a decidere cosa fare o non fare, come agire e
quando fermarsi, che armi usare e dove; in una parola: essi saranno i
soli giudici delle loro azioni.


Non vi sarà alcun controllo non dico politico (che qui conta poco
comunque), ma morale. Chiunque volesse esaminare le azioni dei
militari sarà accusato di collaborazionismo col nemico, o di non
sostenere patriotticamente la causa della civiltà contro la barbarie.
Se nessun giornalista, nessun fotografo indipendente potrà essere
testimone della guerra, chi potrà mai sapere se vi saranno o no
massacri di civili, esecuzioni sommarie, devastazioni e saccheggi?


Chi giudicherà la precisione millimetrica dei missili
"intelligenti" (sic!), se i soli esseri umani che assisteranno a
questi miracoli della tecnologia saranno quelli che verranno
polverizzati dall’ordigno stesso?
Una compagnia di marines, in Vietnam, senza testimoni e senza alcuna
forma di controllo perpetrò il massacro di My Lai: dozzine di vecchi,
donne e bambini sventrati a colpi di mitragliatrice.
Fu il rimorso implacabile di uno di quei marines a costringerlo a
rivelare le foto atroci che aveva scattato sui cadaveri buttati in un
fosso…
(Sia chiaro che ritengo fermamente che ogni esercito potrebbe
commettere simili mostruosità. Gli "italiani brava gente" hanno
sterminato coi gas, crivellato di proiettili esplosivi e impiccato gli
etiopi che si opponevano alla conquista fascista).


E dunque gli americani, ed i loro molti alleati, hanno dichiarato che
questa sarà una guerra diversa da tutte le altre, una guerra condotta
invisibilmente, senza pietà, senza rumore…
E’ la prova, un’altra drammatica prova, che la distanza tra potere e
persone si è fatta ormai lacerante. Il potere è invisibile,
onnipresente, cala dall’alto con la forza imperscrutabile della
folgore divina; non tollera confronti, commenti, giudizi; non ammette
discussione o critica, ma solo concede, a cose fatte, un resoconto che
non ha alcun obbligo di fedeltà ai fatti, ma di fedeltà alla sola
causa lecita, la causa del potere.


Siamo, credo, in una dimensione quasi fantascientifica, nella quale la
realtà consolidata da millenni è stravolta e rovesciata, e tutto ciò
avviene come se fosse naturale, anzi inevitabile. Nessuno che obietti,
nessuno che si preoccupi, nessuno che abbia timori.
Il potere ha assunto davvero una natura orwelliana: è sempre più
un’astrazione perfetta, purissima, che come un’equazione matematica
ha l’eleganza algida di un virtuosismo che perpetua solo se stesso.
Nessun controllo ammesso, dunque, ma una totale fiducia nelle scelte che
verranno operate. Non occorre alcun controllo, dice il condottiero
con paterna condiscendenza, perché la mia guerra sarà impeccabile,
irreprensibile. Userò ogni telematica prudenza e quindi non sarà
necessario, e tanto meno tollerato, il minimo dubbio, la minima
incertezza: io so quello che faccio, e ciò deve bastarti. Io so
quello che faccio: e questa è la sola garanzia che sono tenuto a darti
;
questo dice il condottiero, e questo è ciò che tutti accolgono
come ragionevole, come giusto.


La segretezza è diventato uno dei principali ingredienti della nostra
epoca, e questo è un fatto impressionante, comunque lo si pensi.
Mai come oggi la comunicazione tra gli uomini è stata più rapida e
capillare; eppure mai come in questo tempo esistono segreti e forme di
controllo occulto (un caso emblematico: Echelon).


La segretezza delle organizzazioni terroristiche e del crimine
globalizzato è indicata come il Grande Nemico, ma lo si vuole
combattere con una segretezza altrettanto ermetica; così si crea quel
giochetto che piace tanto alle menti semplici, ma che costituisce un
rischio mortale: il Bene ed il Male si scontrano in una epica lotta,
nella quale il Bene, per l’immancabile vittoria, può usare ogni arma,
anche sporca, anche cattiva, anche segreta. Affascinante, se
tutto questo fosse racchiuso nella sceneggiatura di un fumetto
giapponese. Ma questa, purtroppo, è la realtà. Ed è doveroso
chiedersi chi o cosa abiliti qualcuno ad autonominarsi "il
Bene"….Fino a che punto più spingersi la spregiudicatezza del Bene?
Fino a quale livello la ritorsione è "giusta"? E ammettiamo, per
paradosso, che una tale soglia possa essere ragionevolmente stimata;
ebbene: chi valuterà che non sia superata, se non potranno esserci
testimoni?


La "guerra diversa da tutte le altre" proclamata dal presidente
americano Bush è fatta di silenzi, smentite, allusioni, mezze frasi e
mezze verità; il tutto coperto dal segreto militare come estrema
ragione.
Questa condizione scatena poi quelle forme, nuovissime, desolanti, di
giornalismo-spettacolo in cui il reporter resta eroicamente in zona di
operazioni fino all’ultimo minuto per trasmettere brutte inutili
immagini di remoti scoppi di granate o scie luminose di traccianti o
raffiche di mitragliere.


Il giornalista-eroe non sa nulla di più di nessun altro, eppure è la
sola fonte di "notizie", e tutto quello che si vede della guerra
misteriosa sono le solite riprese sfocate e mosse, di esplosioni o di
colonne di fumo nero, immagini lontanissime, trasmesse decine di volte
(perché le sole disponibili).
Nella guerra segreta, il più modesto varco nel muro del silenzio sembra
una vittoria della professione giornalistica; mentre proprio i
giornalisti sono tra i primi cultori del mito del segreto,
enfatizzandolo in ogni occasione, diffondendolo come il verbo,
accettandolo e imponendolo come una dura necessità.


La guerra segreta è l’estremo stadio di degenerazione dell’antico
rito bellico. Dalla secolare tradizione di sfilate, marce, fanfare e
stendardi spiegati al vento si è adesso arrivati alle operazioni top
secret
, delle quali non si deve sapere nulla anche dopo che
sono avvenute.


La guerra segreta è anche l’estrema espressione del potere statale
che qui si può dispiegare senza limiti e senza controlli, ma stroncando
ogni tentativo di dissenso col pretesto che "chi non è con me è
contro di me".
La guerra segreta potrebbe essere il primo gradino verso un dominio
totale dello stato sulle persone, motivato con la necessità di
tutelarle dalla minaccia del terrorismo. In una guerra in cui non esiste
un nemico identificato, in una guerra non dichiarata, ognuno è
potenzialmente un nemico: la condizione di sospettato diventa naturale e
universale, ed è in questo contesto che il controllo statale (tramite
gli strumenti consueti della polizia e dell’esercito, ma anche con
mezzi più sofisticati, come il controllo telematico) può liberamente
agire su tutti, sempre e dovunque.
Un nemico che catalizza odio, terrore, desiderio di vendetta è una vera
fortuna per uno stato che vuole essere sempre più forte e armato.


Una guerra segreta è il tipo di guerra che innalza lo stato al più
vertiginoso culmine di imperium.
Alla gente, ai cittadini resta un solo compito: sperare di non essere
tra coloro che dovranno morire per questo progetto di potere assoluto.

L’ULTIMO CIAK DI OSAMA di Simone Colzani

Innanzitutto,
mi sembra incredibile che un ingegnere civile (Osama Bin Laden stesso),
dotato del background scientifico e delle informazioni tecniche sulle
Twin Towers, affermi che "si aspettava il crollo delle sole parti
superiori al punto di impatto degli aerei"; Al momento della
pianificazione dell’attentato, sarebbe stata chiara l’avventatezza di
tale affermazione, in quanto c’era più di una mera probabilità di un
crollo (anche parziale) delle Torri. A meno che qualcuno abbia garantito
(bluffando) Osama in senso contrario.

Se si
unisce questa "chicca" del video al sospetto che ci sia stata
una collaborazione esterna al crollo delle Twin Towers, aumentano le
quotazioni dell’ipotesi secondo cui Osama sia stato usato come un
burattino. Difatti, Tom Bosco, due settimane fa, aveva ripreso le
immagini e le teorie (molto fondate) secondo cui il crollo delle Twin
Towers sarebbe dovuto all’esplosione di un edificio facente parte del
complesso del World Trade Center. In questo contesto si colloca
l’allontanamento, rapido ed imprevisto, dei pompieri newyorchesi da
Ground Zero (scena del disastro): paura di essere smascherati dal New
York Fire Department? (1)

Leggendo
David Icke (2), mi ha assalito il timore che il Grande Gioco
Internazionale stia compiendo un deciso salto di qualità, con
l’incontro-scontro di due pedine di grosso calibro: George Bush Jr. e
Osama Bin Laden. Le famiglie Bush e Bin Laden hanno avuto contatti ed
interessi in joint venture per lungo tempo (come dimostrato da
un’inchiesta del Corriere della Sera. Evidentemente gli Illuminati (o più
probabilmente l’Elitè Globale di cui essi fanno parte) hanno deciso che
ci voleva un cambiamento secondo il noto schema tesi+antitesi=sintesi.

Il
casus belli è stato fornito dalla successione al Trono d’Arabia, viste
le perduranti cattive condizioni di salute di Re Fahd. Piuttosto che
favorire un accordo fra le varie fazioni della Famiglia Reale Araba
impegnate nella disputa (del valore di 10 miliardi di dollari almeno),
gli Illuminati hanno deciso che ci voleva una bella guerra
internazionale e trasversale, con il rischio (se non la certezza) di
prosciugare le finanze degli Stati coinvolti e conseguentemente causare
l’indebitamento dei medesimi Stati, potendoli poi ricattare sulla strada
del Nuovo Ordine Mondiale.

In
questo largo disegno (che non si concluderà in breve), si colloca il
famigerato Euromandato: al di là dei guai personali di Silvio
Berlusconi e dell’accanimento europeo nel perseguirlo, molti Stati
europei hanno più di una perplessità nell’accettare una restrizione
della propria sovranità nazionale (mi dispiace per molti, ma ha ragione
Bossi) per un pacchetto di reati che comprende figure non propriamente
riconducibili alla cooperazione europea (32!) e fatte passare sotto
l’egida delle esigenze antiterroristiche…

(1) In
particolare si vedano le immagini sul sito www.nexusitalia.com

(2)
David Icke, E La Verità Vi Renderà Liberi, Macroedizioni. Posso pure
essere in disaccordo sui rimedi all’Elitè Globale: Icke tenta di non
nutrire rancore verso Illuminati & C., ma sulla parte
cospirazionistica (in cui vengono illustrati i progetti del NWO) Icke è
veramente formidabile.

La strategia dell’informazione: una nuova arma negli arsenali di Paolo Cortesi


Ricordate
medici e generali che ci indottrinavano sulle potenzialità micidiali di
quelle "spore killer"? Ricordate la corsa affannosa ai vaccini? E la
grottesca caccia alle maschere antigas?
Ricordate
la psicosi del carbonchio? Ricordate il terrore sparso da centinaia di
buste e plichi vari, sospettati di contenere la polvere micidiale? Per
qualche settimana, nel mondo ci furono due tipi di eroi: i pompieri ed i
postini. Poi, improvvisamente, il silenzio.


La
folle ondata di terrore percorse il mondo, ne fece il giro un paio di
volte e si è spenta in una risacca lenta e limacciosa che ci spinge ad
una domanda: chi seleziona il flusso delle notizie? E secondo quale
strategia?
L’errore
più enorme che può commettere oggi un lettore è credere che la
notizia corrisponda al fatto, ed il fatto alla verità. Non si può più
narrare ciò che è accaduto, perché ciò che accade ci viene filtrato
da una regia neppure tanto occulta che distorce la realtà, come in un
gioco di specchi deformanti.

Vediamo
la faccenda dell’antrace come uno fra i tanti esempi possibili.
In
ottobre iniziano a girare negli Stati Uniti lettere contenenti polvere
al carbonchio.
Ovviamente,
l’indiziato numero uno è Bin Laden e la sua banda di fanatici
assassini, che incarnano il Male Assoluto. In effetti, la supposizione
non fa una grinza: i talebani attaccati dai bombardamenti Usa si
vendicherebbero con i mezzi letali di cui dispongono.
Questo
fornisce un ulteriore motivo all’amministrazione Bush per avere mano
libera (e pesante!) contro gli untori del nuovo millennio.
I
giornali italiani seguono docilmente la linea indicata dal governo Usa:
Bin Laden è un matto furioso che cerca di procurarsi armi di
distruzioni di massa, e le dichiarazioni in merito sono una escalation
di orrore: "Bin Laden vuole l’atomica", "Bin Laden ha già
l’atomica"…


Il
22 novembre 2001, sul London Times, la segretaria della
Federation of American Scientists’, Barbara Hatch Rosenberg, dichiara
che "i batteri dell’attacco all’antrace in America provengono
quasi certamente da un laboratorio statunitense governativo. New York,
la mia città" prosegue la Rosenberg "è stata attaccata prima da
terroristi stranieri, poi da un americano che usa un agente
biologico." (1)


Il
29 novembre la rivista di Greenpeace in Germania, citando informazioni
riservate dalla delegazione Usa presente alla Conferenza di Ginevra
sulle armi biologiche, rivela che "chi ha compiuto l’attacco
desidera ottenere un aumento del budget per la ricerca Usa sulle armi
batteriologiche". (2)


Ma
oltre a queste pur verosimili ipotesi, ci sono delle certezze:
"L’analisi
preliminare della polvere ha mostrato che ha la stessa concentrazione di
spore dell’antrace prodotto dal Pentagono: mille miliardi di spore per
grammo. Nessun governo straniero – per quanto è dato sapere – è
mai stato in grado di mettere a punto una polvere al carbonchio così
concentrata". (3)


Secondo
la fonte anonima della delegazione Usa a Ginevra citata sopra,
l’attentatore avrebbe voluto spaventare più che uccidere, per
imprimere una netta accelerazione allo sviluppo della ricerca
batteriologica militare. E questa supposizione è avvalorata da un
dettaglio molto interessante: l’attentatore non ha rimosso (non ha
saputo o non ha voluto rimuovere?) la carica elettrostatica della
polvere contenente le spore, rendendola perciò molto meno volatile e
quindi meno micidiale.

Dunque,
un avvertimento più che un attacco?

Fatto
sta che, da quando gli americani stessi hanno rivolto le indagini in
casa propria, di antrace, carbonchio, polverine e buste mortali non si
parla quasi più: sfogliate i quotidiani delle ultime settimane: la
notizia appare raramente e le sono dedicati spazi sempre più esigui.


Ora
che sembra quasi sicuro che la minaccia dell’antrace sia una faccenda
tutta americana, il governo Bush non può più utilizzarla come
sacrosanta causa per la guerra ai talebani; anzi è piuttosto
imbarazzante dover ammettere che sono proprio americani quei tipi che,
per sconosciuti motivi, hanno causato la morte di cinque sventurati,
vittime non meno innocenti dei bambini afgani maciullati dalle
intelligentissime bombe made in Usa.


Queste
riflessioni sono spesso tacciate di "complottismo" e dietrologia ad
oltranza. Ma davvero non ci sono spunti per immaginare una realtà molto
più complessa, anzi contorta, e occulta?
Se
ci si attiene alla versione divulgata dai mass media, tutto sembra
filare liscio: l’America è stata proditoriamente aggredita da una
setta di islamici fondamentalisti, quindi ha il diritto alla ritorsione
e a pretendere che ciò non possa accadere mai più, per far questo
dichiara la "guerra al terrorismo".


Raccontata
così, tutta la vicenda sembra la trama di un mediocre film di avventure
e spionaggio.
Ma
i retroscena sono più affollati dello scenario principale; i fatti non
sono così lineari; i misteri sono tanti, troppi.
Tre
ufficiali americani (se ne conoscono i nomi: Tom Simmons, Karl
Inderfurth e Lee Coldren) incontrano rappresentanti del governo talebano
a Berlino, il 5 luglio 2001, e li informano che gli Usa stanno
pianificando un attacco militare all’Afghanistan per l’ottobre
prossimo.
Agenti
dei servizi segreti russi e tedeschi sono presenti all’incontro e lo
confermano. (4)


Nell’estate
2001, un iraniano telefona ad autorità statunitensi per metterle in
guardia di un attacco al World Trade Center programmato per la settimana
del 9 settembre prossimo. La polizia tedesca conferma che la chiamata
c’è stata e dichiara pure che il servizio segreto Usa non rilasciò
alcuna informazione in merito. (5)


Fra
il 4 ed il 14 luglio 2001, Osama Bin Laden riceve cure per una malattia
ai reni all’Ospedale Americano di Dubai ed incontra un ufficiale della
CIA che torna in patria il 15 luglio. (6)


Dal
1 al 10 settembre 2001, 25.000 soldati britannici e la più imponente
flotta navale militare inglese schierata dopo la guerra delle Falklands
vengono dislocati nell’Oman, il punto della penisola araba più vicino
al Pakistan. Nello stesso periodo, 17.000 soldati americani si uniscono
ai 23.000 militari della Nato per la operazione "Bright Star", in
Egitto. (7)
Il
6 e 7 settembre 2001, 4744 put options (8) sono acquistate su stocks
della United Air Lines; sono solo 396 le call options (9) per gli stessi
stocks nello stesso periodo. (10)


Coincidenze?
Atroci scherzi del caso? Sì, molto meglio pensare questo che immaginare
che qualcuno possa aver utilizzato la tragedia del WTC per fare un sacco
di soldi.
Ma
ciò che qui interessa è la strategia dell’informazione: perché
queste notizie sono passate pressoché inosservate dal grande pubblico?
Eppure mi sembrano decisamente più importanti dei lunghissimi, ripetuti
discorsi sulla possibilità che i talebani abbiano una bomba atomica.
I
fatti sono molto chiari: non ce l’hanno, altrimenti l’avrebbero già
usata o almeno esibita come estrema minaccia. I fatti sono scarni nella
loro semplicità: dall’inizio dei bombardamenti Usa ad oggi, i
talebani hanno sempre e soltanto incassato; non si può neppure parlare
di una guerra, ma di una serie ininterrotta di devastazioni che hanno
visto una sola parte soccombere.


Le
uniche perdite americane ammesse e di cui i mass media hanno divulgato
la notizia dietro placet del Pentagono sono due marines uccisi e
venti feriti da una bomba americana sganciata da un pilota che
dall’alto dei cieli li aveva scambiati per una postazione di
irriducibili talebani (5 dicembre 2001).
Dunque,
che fine ha fatto lo spaventoso incubo dell’antrace? Quello che era
ostentato da mansueti mass media come lo spauracchio più orrendo non è
più un pericolo, come ci ammonivano un mese fa? Non ci erudiscono più
sulla patologia del carbonchio e su tutti gli orrendi effetti della
infezione batteriologica?


Chi
decide quale sia la minaccia da cui proteggersi, il colpevole da punire,
la punizione meritata?
Gli
Stati Uniti volevano l’Afghanistan; ora ce l’hanno.
La
tremenda minaccia dei talebani che costituiva un rischio intollerabile
per tutto il mondo è stata gloriosamente schiacciata.
I
benpensanti e quelli che credono che la verità stia tutta da una sola
parte (la loro) possono tirare un profondo, glorioso respiro di
sollievo.

Per
chi conosce la storia e ha quindi imparato che il solo vero nemico
dell’umanità è il potere inizia adesso l’inquietudine più amara.


(1)
Vedi http://www.whatreallyhappened.com/uslab.html
(2)
Vedi http://www.discovery.com/news
(3)
Vedi L’Unità, 4 dicembre 2001
(4)
Fonti: The Guardian, 22 settembre 2001; BBC, 18
settembre 2001
(5)
Fonte: Agenzia tedesca "online.ie", 14 settembre 2001
(6)
Fonte: Le Figaro, 31 ottobre 2001
(7)
Fonti: The Guardian, CNN, FOX, The Observer

(8)
Le put options sono speculazioni su azioni che si prevede debbano
scendere
(9)
Le call options sono speculazioni su azioni che si prevede
debbano salire
(10)
Fonti: The New York Times, The Wall Street Journal