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Pascualita: il manichino misterioso

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Pascualita è un manichino circondato da mistero: capolavoro artistico o di imbalsamazione?

Dal 25 marzo 1930, in Messico, nella città di Chihuahua, in un negozio di abiti da sposa del centro, “La Popular”, viene utilizzata Pascualita. Si tratta di uno straordinario e misterioso manichino femminile, estremamente realistico, al punto da essere circondato da un alone di leggenda. E se non fosse un semplice manichino perfetto?

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Il negozio La Popular che espone il manichino Pascualita

Pascualita, o “La Pascualita” come la chiamano nella sua città, è un manichino con dettagli talmente perfetti da anticipare l’iperrealismo: ha lo sguardo un po’ frastornato, la pelle perfettamente verosimile, con tanto di impurità; le unghie sulle mani, con tanto di callosità tipica delle sarte, e impronte digitali; ha capelli che sembrano veri; le vene ed i capillari si intravedono sulle gambe, sugli occhi e sul corpo. Tutti dettagli minuziosamente realistici, per non parlare del sorriso appena accennato e dello sguardo frastornato, forse perfino un po’ triste, tipico delle spose.

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dettagli minuziosi e realistici

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La prima leggenda: la sposa cadavere imbalsamata

La prima leggenda intorno a Pascualita dice che in realtà non è un manichino iperrealistico ma il cadavere imbalsamato di una sposa che morì nel giorno delle sue nozze.

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Pascualita non sarebbe il suo vero nome, viene da sempre chiamata così perché era la figlia di Pascuala Esparza de Pérez, la proprietaria e fondatrice del negozio di abiti da sposa.
La ragazza morì prima di giungere all’altare, nel giorno del suo matrimonio, morsa da uno scorpione o forse da un ragno il cui veleno è letale: la vedova nera.
Secondo la leggenda popolare, la madre decise di imbalsamarla e farle indossare – per sempre – il suo abito nuziale, il più bello che avesse mai realizzato fino a quel momento.
Non si sa da dove, da chi o quando esattamente sia nata questa versione, si sa solo che la proprietaria originale non l’ha mai smentita.

La Pascualita è un manichino perfetto, capolavoro di un ignoto artista francese del secolo scorso, o è davvero un cadavere imbalsamato, capolavoro dell’arte di preservazione delle salme?

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La seconda leggenda: il mago di passaggio

Intorno al manichino misterioso c’è una seconda e meno conosciuta leggenda. Il capolavoro artistico era da poco arrivato dalla Francia, quando un potente mago, proveniente da terre lontane e di passaggio per la ciittà di Chihuahua, lo vide e se ne innamorò perdutamente. Così con un prodigio, diede vita al manichino, ogni sera, per tutta la durata della sua permanenza in città.

Alle ore 22 Pascualita diveniva una donna viva, di incomparabile bellezza, che girava per le vie di Chihuahua insieme al mago, finché poi, quando l’uomo se ne andò, la trasformazione cessò di verificarsi.

La leggenda di Pascualita si alimenta

In molti giurano di aver visto il manichino cambiare posizione e spostare lo sguardo, alcuni affermano di averla veduta ridere o piangere.
I padroni del negozio, col passare dei decenni, sono mutati, ma il manichino misterioso della sposa è sempre rimasto come costante, divenendo un’attrazione turistica sui generis. L’abito che indossa è sempre il più venduto e le madri esortano le figlie ad acquistarlo perché “porta fortuna”.

Sarà per alimentare la leggenda, per pudore o forse per scaramanzia ma è un dato di fatto che l’abito di Pascualita venga rigorosamente cambiato al riparo dagli sguardi indiscreti. Si dice che in pochi siano autorizzati a spogliarla e vestirla.

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Questa storia andrebbe letta ascoltando una canzone di Branduardi…. la sposa rubata

 

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Un lucchetto d’oro in miniatura di 1700 anni fa

Un lucchetto d’oro in miniatura di 1700 anni fa
Il reperto, un mini lucchetto d'oro di 1700 anni fa. Foto: Associazione regionale Westfalen-Lippe/S.Brent
Un ritrovamento prezioso e unico al mondo.

L’Associazione regionale Westfalen-Lippe ha presentato martedì 28 gennaio a Münster un ritrovamento eccezionale di epoca romana: un minuscolo lucchetto in oro, più piccolo di una moneta da 10 centesimi.

Lucchetto d'oro in miniatura
Il minuscolo e prezioso reperto realizzato con stupefacente maestria
Trovato casualmente da un cercatore di metalli

Il reperto è stato scoperto nel 2023 in Germania a Petershagen-Frille (distretto di Minden-Lübbecke) da Constantin Fried, un cercatore di metalli con licenza, che ha collaborato con l’ufficio di archeologia del LWL di Bielefeld. Fried ha descritto la sua sorpresa nel trovare questo piccolo oggetto d’oro, poiché lucchetti e serrature romane di questo tipo sono generalmente più grandi e realizzati in ferro o bronzo.

Un lucchetto d’oro in miniatura di 1700 anni fa
Il reperto, un mini lucchetto d’oro di 1700 anni fa. Foto: Associazione regionale Westfalen-Lippe/S.Brent

Gli esperti dell’Associazione regionale Westfalen-Lippe hanno rapidamente confermato l’autenticità del ritrovamento, datandolo al III o IV secolo d.C. in base alla forma, alla struttura tecnica e allo stile decorativo. Barbara Rüschoff-Parzinger, archeologa e responsabile culturale dell’istituto, ha ipotizzato che la serratura servisse a proteggere cofanetti o piccoli scrigni. Il Professor Michael Rind, direttore del dipartimento archeologico, ha sottolineato che un simile oggetto, anche se danneggiato, sarebbe comunque stato molto prezioso per l’epoca e avrebbe potuto essere indossato come ciondolo.
Il ritrovamento è unico nel suo genere nell’Europa settentrionale ed uno dei più piccoli mai trovati al mondo.

Sono state condotte indagini tecniche per analizzare la struttura interna del reperto, utilizzando una tomografia computerizzata a neutroni 3D (una tecnica raramente usata in archeologia) presso il Paul Scherrer Institut (PSI) in Svizzera, poiché le normali radiografie non fornivano risultati soddisfacenti.

Nonostante le minuscole dimensioni, la serratura era funzionante

Questa tecnica ha rivelato che la serratura, nonostante le sue piccole dimensioni, non era solo un monile ma aveva un meccanismo funzionante, poi danneggiatosi nel tempo.
Segni di una possibile forzatura del meccanismo sono emersi durante le indagini di laboratorio. Quindi qualcuno potrebbe aver tentato di aprire la mini serratura con uno strumento diverso dalla sua mini chiave.
Il reperto, vecchio di oltre 1.700 anni, si presenta con due lamiere cilindriche chiuse sopra e sotto da coperchi fissati con tre rivetti. La lamiera esterna è decorata con due file di aperture contrapposte. Nonostante la mancanza della chiave e della catena originale che costituiva il lucchetto vero e proprio, un esame approfondito del reperto ha rivelato la presenza di una maglia terminale e un nucleo di ferro arrugginito all’interno.
Le immagini dettagliate ottenute con la tomografia hanno anche consentito di crearne una replica funzionante quattro volte più grande dell’originale, evidenziando la maestria artigianale nella realizzazione di un oggetto complesso e miniaturizzato.

Un lucchetto d’oro in miniatura di 1700 anni fa
La replica della piccola serratura, realizzata in ottone e acciaio in scala 4:1, ricostruzione dell’Associazione regionale Westfalen-Lippe/Eugen Müsch, foto dell’Associazione regionale Westfalen-Lippe/Stefan Brentführer.
Un lucchetto d’oro in miniatura di 1700 anni fa
La replica assemblata. Foto dell’Associazione regionale Westfalen-Lippe/Stefan Brentführer.

Le circostanze che hanno portato questo prezioso manufatto in Vestfalia rimangono ipotetiche. Tracce di insediamenti militari e reperti archeologici testimoniano la presenza romana episodica nella regione fino al III secolo.

 

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L’ibogaina è efficace per le lesioni cerebrali traumatiche

 

L’ibogaina è efficace per le lesioni cerebrali traumatiche

I ricercatori della Stanford Medicine hanno scoperto che il farmaco psicoattivo di origine vegetale ibogaina, se combinato con il magnesio, riduce in modo sicuro ed efficace il disordine da sindrome post-traumatica, l’ansia e la depressione, e migliora la funzionalità psicocorporea nei veterani con lesioni cerebrali traumatiche (TBI). Il loro nuovo studio, pubblicato su Nature Medicine, include dati dettagliati su 30 veterani delle forze speciali statunitensi.

Lo studio su 30 veterani delle forze speciali USA

“Nessun altro farmaco è mai stato in grado di alleviare i sintomi funzionali e neuropsichiatrici di un trauma cranico”, ha affermato Nolan Williams, professore associato di Psichiatria e scienze comportamentali.
“I risultati sono spettacolari e intendiamo studiare ulteriormente questo composto”.
Centinaia di migliaia di soldati in servizio in Afghanistan e Iraq hanno subito lesioni cerebrali traumatiche negli ultimi decenni, e si sospetta che tali lesioni svolgano un ruolo negli alti tassi di depressione e suicidio osservati tra i veterani militari. Poiché le opzioni di trattamento tradizionali non sono del tutto efficaci per alcuni veterani, i ricercatori hanno cercato alternative terapeutiche.

Una sostanza di origina vegetale

L’ibogaina è un composto naturale presente nelle radici dell’arbusto africano iboga, ed è stato utilizzato per secoli in cerimonie spirituali e di guarigione in Congo, Camerun e Gabon.

L’ibogaina è efficace per le lesioni cerebrali traumatiche
L’iboga da cui viene estratta l’ibogaina

Più di recente invece ha suscitato l’interesse delle comunità mediche e scientifiche per il suo potenziale nel trattamento della dipendenza da oppioidi e cocaina, e la ricerca ha suggerito che aumenta la segnalazione di diverse molecole importanti all’interno del cervello, alcune delle quali sono state collegate alla tossicodipendenza e alla depressione.

A causa delle sue proprietà allucinogene e per via di rischi associati all’assunzione da parte di pazienti con determinati problemi di salute, l’ibogaina è stata inserita nella lista delle sostanze controllate ed è illegale in diverse nazioni, fra cui l’Italia, in 12 nazioni non solo è legale ma ampiamente utilizzata per trattare la dipendenza da eroina, alcol, cocaina in polvere, crack e metanfetamina o come farmaco sperimentale.

Recentemente la Catalyst4 Inc, creata da Sergey Brin, uno dei fondatori di Google nonché uno degli uomini più ricchi del mondo ha deciso di investire 15 milioni di dollari nella startup Soneira, un’azienda di biotecnologia che sta avviando studi clinici per capire se l’ibogaina può essere usata in sicurezza per trattare alcuni tipi di lesioni cerebrali traumatiche. La Soneira intende anche sviluppare una versione sintetica di ibogaina, in modo da non dipendere dall’estrazione dalla pianta di iboga, in larga parte raccolta massicciamente e illegalmente da gruppi criminali.

(Fonte: Stanford Medicine News Center, https://tinyurl.com/2bgknu7p)

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La batteria “a funghi”

biobatteria a funghi

Una biobatteria dai funghi

biobatteria a funghi

In Svizzera i ricercatori del laboratorio Cellulose and Wood Materials dell’Empa hanno sviluppato una batteria fungina funzionante. Le cellule viventi non producono molta elettricità, ma abbastanza per alimentare un sensore di temperatura per diversi giorni. Tali sensori sono generalmente utilizzati in agricoltura o nella ricerca ambientale.
La batteria fungina, a differenza delle batterie convenzionali, non è solo completamente atossica ma anche biodegradabile.

Una batteria atossica e biodegradabile

In senso stretto la cella non è una batteria ma una cosiddetta cella a combustibile microbica. Come tutti gli esseri viventi, i microrganismi convertono i nutrienti in energia. Le celle a combustibile microbiche sfruttano questo metabolismo e catturano parte dell’energia sotto forma di elettricità. Finora tali celle sono state alimentate principalmente da batteri. “Per la prima volta abbiamo combinato due tipi di funghi per creare una cella a combustibile funzionante”, afferma la ricercatrice dell’Empa Carolina Reyes.
I metabolismi delle due specie di funghi si completano a vicenda: sul lato dell’anodo c’è un fungo lievito, il cui metabolismo rilascia elettroni. Il catodo è invece colonizzato da un fungo marcio bianco, che produce uno speciale enzima che consente agli elettroni di essere catturati e condotti fuori dalla cellula.

I funghi non sono “piantati” nella batteria, ma sono parte integrante della cellula fin dall’inizio.
I componenti della batteria fungina sono realizzati utilizzando la stampa 3D. Ciò consente ai ricercatori di strutturare gli elettrodi, in modo tale che i microrganismi possano accedere ai nutrienti il più facilmente possibile. Per fare ciò le cellule fungine vengono mescolate all’inchiostro da stampa.
I ricercatori ora pianificano di rendere la batteria fungina più potente e duratura, e di cercare altri tipi di funghi che sarebbero adatti a fornire elettricità.
(Fonte: EMPA.ch, https://tinyurl.com/23u9vpzo)

una batteria fatta con i funghi

Una forma di vita sconosciuta nella pietra

Una forma di vita sconosciuta nella pietra
Marmo della Namibia in cui micro-gallerie sono cresciute in un allineamento parallelo verso il basso (foto/©: Cees Passchier).

Scoperta sconcertante nei deserti di Namibia, Oman e Arabia Saudita

Nelle zone desertiche di Namibia, Oman e Arabia Saudita, più di un milione di anni fa, è esistita una forma di vita sconosciuta che abitava nella pietra. È una deduzione dall’aver scoperto delle minuscole strutture insolite all’interno di marmi e rocce calcaree di queste zone aride. Tracce molto probabilmente dovute all’attività di una forma di vita microbiologica sconosciuta. Si tratta di micro gallerie tubolari che attraversano la roccia in un allineamento parallelo dall’alto verso il basso. “Siamo rimasti sorpresi perché è evidente che le microgallerie non sono il risultato di un processo geologico”, ha affermato il professor Cees Passchier dell’Università Johannes Gutenberg di Magonza (JGU), che ha scoperto per primo il fenomeno nel corso di un lavoro geologico in Namibia. Durante successive indagini sui campioni, sono state trovate prove di materiale biologico lasciato dai microrgamismi nella loro attività di scavo. “Al momento non sappiamo se si tratta di una forma di vita che si è estinta o che è ancora viva da qualche parte”, ha aggiunto Passchier.

Una scoperta sconcertante

Scoperta sconcertante nei deserti di Namibia, Oman e Arabia Saudita
Marmo della Namibia in cui micro-gallerie sono cresciute in un allineamento parallelo verso il basso (foto/©: Cees Passchier).

Il geologo Cees Passchier lavora in Namibia da 25 anni, tra gli altri luoghi. La sua ricerca si concentra sulla ricostruzione geologica dei terreni precambriani. “Esaminiamo la struttura delle rocce per scoprire come i continenti si sono uniti per formare il supercontinente Gondwana 500-600 milioni di anni fa – ha spiegato il geologo – a quel tempo, i depositi di carbonato si formarono negli antichi oceani e si trasformarono in marmo a causa della pressione e del calore. “Abbiamo notato strane strutture in questo marmo che non erano il risultato di eventi geologici”. Invece di superfici di erosione lisce, si potevano vedere micro-gallerie tubolari larghe circa mezzo millimetro e lunghe fino a tre centimetri, allineate parallelamente e che formanti fasce lunghe fino a dieci metri. Si erano formate alcune croste calcaree sui bordi.

Le prime osservazioni di questo tipo nel deserto della Namibia sono state fatte 15 anni fa. Nel frattempo, il professor Cees Passchier, insieme ai colleghi dell’Istituto di Geoscienze dell’Università di Magonza e la dott.ssa Trudy Wassenaar, responsabile della società di consulenza Molecular Microbiology and Genomics Consultants, hanno continuato a indagare sul fenomeno. “Pensiamo che sia stato stato un microrganismo a formare queste micro gallerie tubolari”. Viene dedotto dal fatto che le micro gallerie non erano vuote ma contenevano una polvere fine di carbonato di calcio puro. Il team presume che i microrganismi possano aver scavato il marmo per utilizzare i nutrienti presenti nel carbonato di calcio, suo principale componente, lasciandosi dietro la polvere fine.
Passchier ha trovato strutture molto simili durante il lavoro sul campo in Oman, dove erano nel calcaree, e in Arabia Saudita, dove erano nel marmo.

“Si tratta di strutture antiche, forse di uno o due milioni di anni”, ha detto Passchier. “Supponiamo che si siano formate in un clima leggermente più umido, non nel clima desertico secco che prevale oggi”. L’organismo che le ha generate rimane un mistero.

I microrganismi endolitici usano la roccia come base per la vita

Una forma di vita sconosciuta nella pietra
Marmo della Namibia in cui micro-gallerie sono cresciute in un allineamento parallelo verso il basso (foto/©: Cees Passchier).

Un organismo endolitico o endolita è un microrganismo (archaea, batterio, fungo, lichene, alga o ameba) che è in grado di acquisire le risorse necessarie per la propria crescita nella parte interna di una roccia. I Casmoendoliti colonizzano le fessure e le crepe esistenti, i Criptoendoliti le cavità strutturali più profonde, gli Endoliti, invece, penetrano attivamente nella roccia stessa. Questi ultimi sono solitamente estremofili, cioè in grado di sopravvivere in condizioni estreme (mancanza di acqua, gelo, escursioni termiche notevoli) ed è il motivo principale per cui sono di interesse per gli astrobiologi. Simili forme di vita potrebbero infatti sopravvivere su Marte o nelle lune ghiacciate come Europa.

I microrganismi endolitici non sono rari nelle zone desertiche, ma allora cosa rende la scoperta interessante? È che non è stato individuato il microrganismo specifico che ha scavato quelle micro-gallerie. I ricercatori hanno rilevato anche del materiale biologico, ma non è stato possibile estrarre del DNA o proteine ​​che potrebbero fornire ulteriori informazioni. Probabilmente perché i reperti sono troppo antichi (ormai in stato sub-fossile) per conservare materiale genetico testabile.

Passchier spera che gli specialisti di organismi endolitici approfondiscano le ricerche. “Questa forma di vita, che non sappiamo se esista ancora, potrebbe essere importante per il ciclo globale del carbonio. È quindi essenziale che la comunità scientifica ne venga a conoscenza”. Il rilascio di carbonio attraverso l’attività biologica dei microrganismi potrebbe anche svolgere un ruolo importante nel bilancio di CO2 della Terra.

 

Fonti:
https://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/01490451.2025.2467417
https://press.uni-mainz.de/unknown-microorganisms-used-marble-and-limestone-as-a-habitat/

C. W. Passchier et al., Subfossil Fracture-Related Euendolithic Micro-burrows in Marble and Limestone, Geomicrobiology Journal, 27 February 2025, DOI: 10.1080/01490451.2025.2467417

 

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“Big Wheel”, scoperta una galassia a disco sorprendentemente grande nell’universo primordiale

“Big Wheel”, scoperta una galassia a disco
Da sinistra, Sebastiano Cantalupo e Weichen Wang
Una galassia a disco sorprendentemente grande nell’universo primordiale, ovvero in un periodo cosmico iniziale – circa due miliardi di anni dopo il Big Bang – e che presenta quindi dimensioni più tipiche dei dischi galattici giganti dell’Universo attuale.

È la scoperta del gruppo di ricerca “Cosmic Web”, nato all’interno dell’Unità di Astrofisica del dipartimento di Fisica dell’Università di Milano-Bicocca, riportata in un articolo pubblicato su “Nature Astronomy” (“A giant disk galaxy two bilion years after the Big Bang”, DOI: 10.1038/s41550-025-02500-2), a firma di Weichen Wang e Sebastiano Cantalupo, rispettivamente assegnista di ricerca (post-doc) e professore ordinario dell’ateneo, oltre agli altri membri del gruppo “Cosmic Web” e collaboratori internazionali.

Una scoperta basata sui dati ottenuti dai ricercatori di Milano-Bicocca dal James Webb Space Telescope (JWST), l’osservatorio spaziale più grande e potente mai costruito finora, erede di Hubble, frutto di una partnership tra la Nasa, l’Esa e la Canadian Space Agency.

“Big Wheel”, scoperta una galassia a disco sorprendentemente grande nell’universo primordiale
La galassia Big Wheel  (al centro) e il suo  ambiente cosmico. La galassia è  un gigantesco  disco rotante a redshift z = 3,25, con chiari bracci a spirale. È finora unica per le sue grandi dimensioni del disco, che si estende per più di 30 kpc, più grande di qualsiasi altro disco di galassia confermato in questa epoca dell’universo

12 miliardi di anni fa, quando l’universo era giovane, esistevano già dischi galattici giganti

«Quando e come si formano i dischi galattici è ancora un enigma nell’astronomia moderna – afferma Sebastiano Cantalupo – I primi anni di osservazioni del James Webb Space Telescope hanno rivelato una pletora di dischi galattici nell’Universo primordiale, che corrisponde a un’epoca cosmica di undici miliardi di anni fa, o due miliardi di anni dopo il Big Bang. Prima della nostra osservazione, erano tuttavia stati scoperti da JWST solo dischi galattici molto più piccoli di quelli che vediamo nell’universo locale. Per questo motivo, si pensava fino ad ora che la formazione dei dischi più grandi avesse richiesto la maggior parte dell’età dell’universo. Per poter fare nuova luce sulla questione, abbiamo rivolto la nostra attenzione all’Universo primordiale e, in particolare, ad uno speciale ambiente cosmico».

Gli studiosi del Cosmic Web Group, hanno condotto il loro studio utilizzando nuove osservazioni dal JWST, integrate da dati provenienti da altre strutture come il telescopio spaziale Hubble, il Very Large Telescope (VLT) e l’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (ALMA).

Queste osservazioni erano mirate verso una specifica regione del cielo, che si trova a 11-12 miliardi di anni luce di distanza da noi e che è incorporata in una struttura su larga scala che probabilmente evolverà in un ammasso di galassie, una regione quasi unica nell’universo, eccezionalmente densa, con un’alta concentrazione di galassie, gas e buchi neri. «Un laboratorio nel quale si possono studiare i meccanismi di formazione delle galassie. Infatti, grazie alla velocità finita della luce, osservazioni e immagini del telescopio sono una foto di quella regione di cielo quando l’universo aveva “solo” 2 miliardi di anni».

«Un laboratorio nel quale si possono studiare i meccanismi di formazione delle galassie. Infatti, grazie alla velocità finita della luce, osservazioni e immagini del telescopio sono una foto di quella regione di cielo quando l’universo aveva “solo” 2 miliardi di anni».

«Utilizzando i dati di due strumenti – prosegue Weichen Wang – la Near-Infrared Camera e il Near-Infrared Spectrograph, a bordo del JWST, abbiamo identificato le galassie all’interno di questa regione iperdensa e abbiamo analizzato i loro redshift, la loro morfologia e la loro cinematica, tutti necessari per l’identificazione dei dischi galattici. Le osservazioni ci hanno portato alla scoperta di un disco sorprendentemente grande nella struttura su larga scala. Questa galassia, che abbiamo chiamato “Big Wheel”, o “Ruota Panoramica” in italiano date le sue enormi dimensioni, ha un raggio effettivo (cioè il raggio che contiene metà della luce totale) di circa 10 kiloparsec. “Big Wheel” è circa tre volte più grande delle galassie scoperte in precedenza con masse stellari e tempi cosmici simili, ed è anche almeno tre volte più grande di quanto previsto dalle attuali simulazioni cosmologiche. È invece paragonabile alle dimensioni della maggior parte dei dischi massicci visti nell’attuale Universo».

Una galassia a disco così grande non è conforme a quanto indicano i modelli di formazione galattica più diffusi

Ulteriori analisi spettroscopiche hanno confermato che “Big Wheel” è un disco che ruota come una galassia a spirale, ovvero come la Via Lattea, la nostra galassia. La crescita precoce e rapida di questo disco potrebbe essere correlata al suo ambiente altamente sovradenso, che, a differenza di quanto dicano i modelli di formazione galattica più diffusi, potrebbe offrire condizioni fisiche favorevoli a questa formazione precoce.

«Ambienti eccezionalmente densi come quello che ospita la Big Wheel rimangono un territorio relativamente inesplorato – conclude Sebastiano Cantalupo –. Sono necessarie ulteriori osservazioni mirate per costruire un campione statistico di dischi giganti nell’Universo primordiale e aprire così una nuova finestra sulle fasi iniziali della formazione delle galassie».

“Big Wheel”, scoperta una galassia a disco
Da sinistra, Sebastiano Cantalupo e Weichen Wang

Fonte: Università di Milano-Bicocca

https://www.nature.com/articles/s41550-025-02500-2

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NEXT – OMS e vaccini: obblighi, verità e bugie

Un grande evento in presenza
NEXT – OMS E VACCINI: OBBLIGHI, VERITÀ E BUGIE
Domenica 16 marzo dalle ore 14.30
Centro di produzione radio-tv Assodigit (via Laurentina Km 27.150, Pomezia)

 

I morti e i contagi, le misure restrittive del lockdown, l’obbligo dei vaccini e il green pass, un clima di terrore che ha stravolto la vita di milioni di persone in Italia e nel mondo. A cinque anni dall’inizio della pandemia, sul Covid è calato il silenzio in merito a convinzioni scientifiche rivelatesi clamorosamente sbagliate, bugie e mezze verità. Ma davvero è tutto alle spalle? Cosa hanno in mente OMS e governi? E davvero rischiamo nuove emergenze?
A questi interrogativi si propone di rispondere il nuovo evento NEXT, che fa parte di una serie di iniziative scientifiche e culturali di alto livello promosse da Radio Roma in collaborazione con 1LIFE e Nexus Edizioni.
Domenica 16 marzo dalle ore 14.30, presso gli studi del centro di produzione media radiotelevisivo Assodigit – Via Laurentina Km 27.150, Pomezia, 00071 – si svolgerà un convegno e la registrazione di un vero e proprio talk televisivo (in onda domenica 16 dalle 21.30 sul can.14 dtt Radio Roma News, sul can.222 Radio Roma Network e in streaming su App e radioroma.tv), aperto a tutti e completamente gratuito, che vedrà la partecipazione di ospiti in studio e in collegamento da tutto il mondo, tra cui commentatori, medici, politici ed esperti di fama internazionale per fare il punto su pandemia e vaccini, con un focus sul ruolo dell’OMS.

Conduce: Davide Gianluca Porro.

Intervengono:

Mariano Amici, Medico
Giuseppe Barbaro, Cardiologo
Claudio Borghi, Senatore della Repubblica
Rosanna Chifari, Neurologa
Massimo Citro, Medico chirurgo psicoterapeuta
Roy de Vita, Chirurgo estetico
Angelo Di Lorenzo, Avvocato, Fondatore di ALI
Francesca Donato, Ex Europarlamentare
Simone Gold, Fondatrice di America’s Frontline Doctors
Robert Malone, Microbiologo, inventore della tecnologia mRNA
Antonio Porto, Segretario Nazionale di OSA Polizia
Augusto Sinagra, Avvocato e Professore universitario, già Magistrato
Joseph Tritto, Medico ricercatore

Al pubblico presente verrà offerto un buffet.

Per accrediti stampa e interviste:
Ufficio Comunicazione – Clara Centili
329.0812615 – claracentili@amicinetwork.com

Nexus New Times # 170

Arriva Nexus New Times n. 170, con tanti imperdibili approfondimenti, tutti per voi. Come sempre, affrontando la realtà con spunti riflessivi da più prospettive!

Da leggere tutto d’un fiato il Dossier dedicato alla nuova presidenza di Donald Trump, con interventi di firme prestigiose quali Davide G. Porro, Pino Nicotri e Mattew Ehret. Un Dossier che è in gran parte frutto del nuovo format televisivo di Radioroma, Nexus Edizioni, Assodigit e 1Life, che porta il nome di “Next – Sguardo al futuro”.
A seguire, la voce molto critica di Stephen McMurray, che parla senza mezzi termini di tirannia, esortandoci ad aprire gli occhi.
Quale direzione potrebbe prendere la superpotenza mondiale con la quale siamo legati – spesso più nel male che nel bene – sul piano economico, energetico, politico e bellico Ammesso che ne abbia la volontà, il presidente degli USA è davvero in grado di influire sul cosiddetto Deep State in modi che sono estranei alle strategie di quest’ultimo? Il voltare pagina è solo finzionale e funzionale o sostanziale?
È un quesito che non ha risposte scontate, e solo la valutazione delle prossime azioni concrete potrà rivelarci qualche indizio più consistente.

Sul versante storico, c’è l’inquietante disamina sullo spyware, di scottante attualità, poi la dettagliata ricostruzione delle origini dell’eversione nera italiana, fino al fallito golpe Borghese e una riflessione sugli elementi che portano a sospettare che la bomba atomica fatta detonare dagli USA sulla città nipponica di Hiroshima fosse di ideazione e realizzazione tedesca.
Per il tema salute, invece, parliamo delle immense potenzialità delle proteine Klotho in termini di longevità e prevenzione di alcune gravi patologie. Sosteniamo quindi, senza indugio, le iniziative dei Medici firmatari della Carta di Siena.

Da non perdere, inoltre, Zona di confine, che si interroga sui possibili motivi dietro il cambio di nome – da UFO a UAP – che sta avvenendo negli Stati Uniti, dove l’argomento passa improvvisamente da tabù da deridere a questione talmente seria da richiedere l’istituzione di due dipartimenti. Perché tale cambio di rotta e di nome? Quale strategia manipolativa si sta attuando?

Concludiamo con un tuffo nel passato recente della scienza, proponendovi un articolo datato ottobre 1915, pubblicato sulla rivista The Electrical Experimenter, nel quale nomi che hanno fatto la storia della scienza si domandano se sia possibile comunicare i pensieri attraverso l’elettricità.

E come sempre vi auguriamo una buona lettura!

 

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Nexus New Times #169

Un numero di matrice tutta italiana!

In questo numero il filo conduttore che connette i vari approfondimenti è la strategia manipolativa, affrontata nelle relative manifestazioni svelando l’obbiettivo perseguito dalle menti che la stanno utilizzando su tutti noi.
Tom Bosco ha intervistato in esclusiva il prof. Corrado Malanga, gigante dell’ufologia ed eclettico ricercatore. Marco Della Luna entra nel dettaglio della regia sovragestionale e come la psicologia politica venga applicata per il controllo delle masse, portando il significativo esempio di quanto accaduto nella cosiddetta ‘pandemia’. Ancora più in profondità scende Roberto Pecchioli, che parla di una vera e propria guerra antropologico-cognitiva per spersonalizzare l’essere umano e meglio controllarlo.
Licia Asquini
ripercorre invece la storia di Karl Kraus e Julian Assange, evidenziando come il vero giornalismo non si piega a certe direttive sia sempre più in estinzione, schiacciato dal sistema.
Filippo Rossi, forte della sua lunga esperienza in Medio Oriente, ci mostra come la manipolazione della realtà e la strategia del caos si applichino pesantemente a quanto sta accadendo in quella parte di mondo e la sorprendente regia dietro le quinte. Francesco Alessandrini ci parla, invece, di alcuni aspetti eretici della Fisica di Majorana o a lui attribuita, in cui mondo fisico e spirituale convergono. Maria Lucia Andria, con una disamina sulla storia della fisica quantistica e i suoi sviluppi futuri, evidenzia la convergenza tra materia e mente, energia e fisicità, spiritualità e scienza. Arriviamo quindi a Viviana Passarotti che si sofferma sull’aspetto spirituale nei suoi risvolti concreti, perché proprio in linea con la fisica quantistica, c’è un preciso ponte fra il mondo scientifico e quello spirituale, da corpo ed emozioni, tra energia e azione. Conquistare questa integrità sul piano personale comporta immediatamente il fuoriuscire dalle 5D della manipolazione (Diseduca, Disinforma, Distrai, Dividi e De-energizza). Infine Umberto Visani, parlandoci dell’ondata anomala di avvistamenti di strani droni e UFO negli USA, ci riporta al tema della disinformazione, aggiungendo un tocco di mistero, perché del fenomeno, che ha vari precedenti storici, non vengono fornite spiegazioni ufficiali.
Completano il numero: una sintesi, ancora a firma  di Tom Bosco, circa le innovative, futuristiche ed impressionanti tecnologie belliche cinesi e alcuni stralci significativi del discorso di insediamento del presidente USA Donald Trump, pronunciato il 20 gennaio c.a., mentre stiamo per andare in stampa. Buona lettura!

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Nexus New Times #168

Ecco il nuovo numero 168 di NEXUS New Times, che saluta il 2024 con una serie di articoli imperdibili e, come sempre, caparbiamente orientati alla ricerca della Verità.
Apriamo con il discorso di Julian Assange, imprigionato per aver divulgato i fatti e liberato solo per essersi dichiarato “colpevole di giornalismo”.
Scopriamo con Sanja Korlaet la sezione aurea e l’angolo aureo nelle più famose strutture della Piana di Giza, in Egitto. Con lo storico Rafael Videla Eissmann andiamo a scoprire il controverso sito di El Enladrillado e la sua incredibile mappa di pietra, inquadrandoli in una possibile verità storica alternativa.
L’astrofisico Oleksiy Arkhypov e il ricercatore Diego Antolini ci fanno invece riflettere sull’origine della vita e dell’evoluzione umana, culturale e scientifica, incrociando dati astrofisici, folklore e antiche conoscenze troppo avanzate.
Tom Bosco ci apre gli occhi sulle innovative armi a disposizione dei russi, che hanno recentemente raggelato l’intero blocco NATO. Paul Stonehill ci porta nell’Uzbekistan misterioso, fra reperti indicanti un possibile antico contatto con visitatori alieni e massicci avvistamenti UFO in epoca contemporanea.
Questo e molto altro ti aspetta tra le pagine di NEXUS New Times!

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