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CRONACA DAL FUTURO di Paolo Cortesi

Incaricò i suoi consiglieri
culturali di fare profonde ricerche sul pregevole manufatto, e venne così
a sapere che esso, di origini antiche, si trovava a Roma.

Bush (che poco prima
aveva avviato le pratiche per essere dichiarato Dio Incarnato dai bravi
patrioti americani) decise che quell’oggettino avrebbe degnamente
arredato una stanza del suo palazzo imperiale e pensò quindi di
appropriarsene.

I suoi collaboratori più influenti e capaci redassero un corposo
dossier che elencava minuziosamente tutti i motivi per cui l’Italia
andava punita, no anzi liberata dalla banda di nemici dell’umanità
che la infestava, infatti:

a)
l’Italia era dotata delle più micidiali armi batteriologiche
esistenti: aglio, calzini puzzolenti, fiati maleodoranti e ascelle
inquinanti erano l’orrendo arsenale con cui quella nazione minacciava
l’esistenza stessa del pacifico genere umano.

b)
l’Italia aveva dato i natali ad Enrico Fermi: un evidente
legame che portava senza dubbio all’armamento atomico che essa,
subdolamente, stava allestendo.

c)
fin dal 1820, l’Italia era un covo di terroristi, che
all’epoca agivano sotto il nome di carboneria.

d)
italiane erano state le prime cellule criminali che, sotto il
nome in codice di mafiosi, si
erano installate negli States per minarne la saldezza economica.

e)
l’edicolante presso il quale acquistava i giornali tutti i
giorni (tutti i giorni, capite!!??) il cognato del cugino dello zio
materno del suocero del fratello del nonno della nuora dell’idraulico
di Osama Bin Laden era tal Joe Ragusa, di evidenti origini italiane: il
legame tra la perfida nazione mediterranea e Al-Qaeda era provato al di
là di ogni ragionevole dubbio.

f)
in Italia vissero e agirono indisturbati per lungo tempo tiranni
quali Nerone, Ezzelino da Romano e Mussolini: era necessaria una guerra preventiva per impedire che, in un prossimo futuro, arrivasse
al potere un personaggio simile a questi.


Il
Sublime (nome affettuoso con cui Bush era chiamato dai bravi patrioti)
prima fece condannare l’Italia dall’ONU, poi dichiarò che non
avrebbe permesso a nessuno di disattendere le direttive ONU, infine
disattese le direttive ONU quando queste non prevedevano l’invasione
militare dell’Italia.

In tutto il mondo, sotto ogni latitudine le popolazioni manifestarono il
loro rifiuto alla guerra. Milioni di persone, di ogni sesso, età e
ceto, urlarono chiaro e forte che non volevano saperne di guerra. Il
Trascendentale (il solo epiteto che poteva accostarsi alla grandezza
ineffabile di Bush) sorrise, crollò il capo e mormorò: "Vi perdono,
perché non sapete quello che fate…."

Sei secondi dopo lo scadere dell’ultimatum fissato dal Cesare delle
Americhe, una fitta gragnuola di missili intelligentissimi maciullò
qualche migliaio di nefasti italiani; dopo due giorni l’operazione
militare "Se vuoi la pace, massacra bene" era vittoriosamente
conclusa.

George Wercingetorige Bush si recò personalmente a Roma per controllare
che il trasferimento del Colosseo a casa sua avvenisse in fretta e senza
danni.

Già che c’era, entrò maestosamente in Vaticano e si fece
democraticamente eleggere papa.

Bollettino di guerra n° 1

(presumibilmente una brigata di Marine ed una brigata di carri armati
della 1° Divisione Corazzata, tutte provenienti dalle riserve a
disposizione del comando della coalizione), nonché da elementi della 7°
Brigata Carri britannica, provenienti dall’area di Umm Qasr.


Le truppe hanno urgente necessità di ricompattarsi e, dopo ulteriore
attività di ricognizione, catturare An-Nasiriya entro due giorni.



Gli iracheni hanno rinforzato An-Nasiriya con svariati battaglioni di
artiglieria e un gran numero di armi anticarro.


Al momento la tempesta di sabbia che infuria sulla regione ha portato a
una cessazione quasi totale dei combattimenti; le previsioni meteo
indicano che terminerà la notte del 26 marzo. Secondo le comunicazioni
radio intercettate, l’avanzata della coalizione, che confida nella
sorpresa e nel vantaggio derivante dall’uso di equipaggiamenti
speciali per il combattimento notturno, coinciderà con la fine della
tempesta, e dovrebbe iniziare durante la notte tra il 26 e il 27.



Nelle ultime dieci ore non ci sono rapporti di perdite dovute a
combattimenti diretti; tuttavia, almeno due veicoli da combattimento
della coalizione sono saltati sulle mine, col ferimento di tre soldati
statunitensi.



Presso Bassora continua la guerra di posizione: le forze della
coalizione in quest’area sono chiaramente insufficienti a continuare
l’attacco, e lo sforzo principale è affidato all’artiglieria e
all’aviazione. La città è sotto costante bombardamento, ma sinora
questo ha avuto scarsi effetti sull’efficienza bellica delle unità
irachene. La notte scorsa un battaglione iracheno affiancato da carri
armati è piombato tra le fila della coalizione nella zona
dell’aeroporto di Bassora, attaccandole sul fianco. Le forze Usa sono
state sospinte indietro di 1,5-2 chilometri, lasciando in mano agli
iracheni l’aeroporto e le strutture vicine. In questo scontro sono
andati distrutti due APC e un carro armato, e almeno due soldati
statunitensi sarebbero stati uccisi e sei feriti.


Il comando della coalizione appare molto preoccupato dalla crescente
resistenza alle spalle delle forze che avanzano. Dietro le linee sembra
che siano attive almeno 20 unità da ricognizione irachene, con armi
leggere, che attaccano veicoli da rifornimento poco armati, piazzano
mine ed effettuano perlustrazioni. Inoltre, i villaggi catturati hanno
attivato gruppi di resistenza armata che organizzano attacchi contro le
truppe della coalizione, le quali nelle ultime 24 ore hanno perso più
di 30 veicoli di vario genere. Sette militari sono scomparsi, tre
soldati sono morti e dieci feriti.



Le tempeste di sabbia si sono rivelate il principale nemico
dell’equipaggiamento militare americano. La sola 3° Divisione di
Fanteria Meccanizzata ha lamentato più di 100 veicoli fuori uso. Le
squadre di meccanici stanno lavorando ventiquattr’ore su ventiquattro
per rimetterli in servizio. I carri armati M1A2 Abrams hanno subito
numerose rotture ai motori, causando grossi problemi agli equipaggi.


Tutti i tentativi effettuati dai paracadutisti statunitensi per
catturare la cittadina di Kirkuk non hanno prodotto risultati. Gli
americani contavano sull’appoggio dei curdi, i quali hanno rifiutato
di prendere parte direttamente all’attacco, chiedendo garanzie al
comando statunitense che esso impedisca un’invasione dei turchi, i
quali dal canto loro evitano di fornire tali garanzie.


Secondo la ricognizione satellitare, sembra probabile che gli iracheni
siano riusciti a portare via in tempo l’elicottero da attacco Apache
Longbow dell’11° Reggimento Aviazione: i pezzi rimasti sul terreno
dopo un bombardamento statunitense indicano che le bombe hanno colpito
una sagoma prodotta alla buona.



I bombardamenti su Baghdad sinora non hanno prodotto i risultati
sperati. Tutti gli obiettivi designati sono stati colpiti da 3 a 7
volte, senza quasi nessun effetto sull’efficienza bellica
dell’esercito iracheno, sulla difesa aerea o sulle strutture di
comando e controllo.


Apparentemente, durante i preparativi per la guerra, gli iracheni sono
riusciti a creare nuove e ben protette linee di comunicazione e centri
di comando: sinora la ricognizione elettronica statunitense non è stata
in grado di localizzare e penetrare la rete di comunicazione del comando
iracheno, il che indica la sua elevata sofisticazione tecnologica.



Particolare motivo di preoccupazione per il comando USA è l’enorme
spreco di munizionamento con guida di precisione e di missili da
crociera. Già la scorta di questi ultimi, come il "Tomahawk",
si è ridotta di un terzo e, all’attuale tasso di utilizzo, in tre
settimane di questi missili rimarrà soltanto l’intoccabile scorta
strategica. Lo stesso problema esiste con gli altri tipi di
munizionamento con guida di precisione. Ieri mattina, durante un
incontro al Pentagono, il generale Richard Mayers ha detto: “Il tasso
del loro utilizzo è incompatibile coi risultati ottenuti. Stiamo
letteralmente gettando oro nel fango!”


Gli esperti statunitensi già definiscono questa guerra una “crisi”.
Il generale Stanley McCrystal, durante la stessa riunione al Pentagono,
ha detto: ”È bastato che il nemico mostrasse una piccola resistenza e
alcune brillanti intuizioni che tutta la nostra superiorità tecnologica
perdesse ogni significato. Il nemico sta usando armi di gran lunga meno
costose per ottenere gli stessi obiettivi per i quali spendiamo miliardi
di dollari in giocattoli prodotti dall’industria della difesa!”



L’attuale svolgimento delle operazioni è stato giudicato dall’alto
comando e dallo stato maggiore “inefficace e indirizzato verso una
crisi”. Il segretario di stato Colin Powell ha ammonito che, se la
guerra in Iraq durasse più di un mese, potrebbe portare a conseguenze
imprevedibili in politica internazionale.



Durante la riunione odierna presso il quartier generale della
coalizione, il generale Franks è stato criticato per inefficienza nel
comando e per la sua incapacità di concentrare le forze a disposizione
sugli obiettivi principali.


Secondo l’intelligence militare russa, il Pentagono ha deciso di
rinforzare significativamente la coalizione. Nelle prossime due
settimane, dalle basi statunitensi in Germania e Albania, giungeranno
nella zona di combattimento circa 50.000 militari e 500 carri armati.
Entro la fine di aprile, verranno mandati in appoggio alla guerra contro
l’Iraq altri 120.000 militari e 1.200 carri armati.



Si è deciso di modificare l’utilizzo dell’aviazione in questa
guerra. L’impiego di munizionamento con guida di precisione verrà
ridotto e riservato solo per attaccare bersagli conosciuti e confermati.
Vi sarà un aumento nell’uso di bombe convenzionali ad alto
rendimento, elevata potenza e munizioni incendiarie. In altre parole,
Washington sta per ricorrere alle tattiche di “terra bruciata” e ad
una campagna di bombardamenti a tappeto.

LA FAMIGLIA DELLO SCUDO: I ROTHSCHILD di Marcello Pamio

Fin qui nulla di strano. Non si
può negare infatti che la maggior parte di queste società segrete fin
dalle loro origini erano composte da influenti personaggi della vita
pubblica, politica e militare.
La cosa però che ha destato la mia curiosità è l’onnipresenza di un
nome ben preciso. Un comun denominatore rappresentato dai Rothschild.
Questa famiglia, perché di famiglia si tratta, appartiene secondo molti
all’organizzazione elitaria chiamata gli Illuminati
di Baviera
[1]
e governerebbe l’intero sistema bancario mondiale con tutto quello che
ne consegue.
Se è vero che questo gruppo di burattinai muove le fila della finanza,
dell’economia e della politica mondiale perché allora il nome non
figura mai da nessuna parte? Avete mai letto su giornali o sentito alla
televisione dei Rothschild e delle loro vicissitudini? Sarebbero dietro
le quinte di tutti i più importanti affari e nessuno ne parla, non è
un po’ strano?
Per la verità vedremo alla fine che qualcosa è trapelato dai media.
Chi ha ragione? Gli autori di svariati libri che puntano il dito contro
un sistema occulto, in cui la famiglia Rothschild riveste un ruolo di
primaria importanza, in grado di controllare l’intero sistema o invece
chi al contrario afferma che tali ipotesi sono semplicemente frutto di
menti malate in preda ad allucinazioni e manie di persecuzioni?
L’esperienza mi suggerisce che la verità sta sempre nel mezzo!
Quindi prima di avanzare qualsiasi ipotesi in merito andiamo a vedere
chi sono e soprattutto cosa fanno oggi i Rothschild.
Per ripercorrere le origini torniamo indietro nel tempo di circa
duecento anni spostandosi in Germania, precisamente a Francoforte.
L’anno è il 1743.
L’Adamo non proprio biblico della nostra storia è Amschel Moses Bauer,
un semplice orafo tedesco con la passione, che oggi possiamo
chiamarla predisposizione, per prestiti e finanziamenti. Semplice
orafo per modo di dire naturalmente, visto che è il capostipite che ha
dato origine a un impero economico da mille e una notte.
Un impero nato sotto le ali protettive dell’aquila romana
contornata da uno scudo rosso.
Tale infatti è il sigillo che Amschel aveva collocato sull’entrata
della propria azienda.























Un logo che divenne
presto la rappresentazione figurata dell’attività di Bauer. "La
ditta dello Scudo Rosso" veniva infatti chiamata.
D’altronde abbiamo tantissimi esempi anche nostrani di queste
associazioni: uno per tutti il Cavallino Rampante per indicare la
Ferrari. Quello che non tutti sanno invece è che lo Scudo Rosso in
lingua tedesca è Rothschild. Per essere più precisi: Scudo Rosso –>
Red Schield –>
Rothen Schild –> Rothschild. Questo particolare è molto importante
perché quando il figlio di Moses, Mayer Amschel ereditò da suo padre
la società cambiò nome in Rothschild, e tale è rimasto immutato fino
ai giorni nostri.
Mayer Rothschild da Gertrude Schnapper ebbe cinque figli: Amschel
(1773-1855), Salomon (1774-1855), Nathan (1777-1836), Karl (1788-1855) e
Jacob (1792-1868).
Non appena i ragazzi furono istruiti a dovere sull’attività economica
e finanziaria partirono alla volta di altrettante capitali europee per
aprire filiali ed espandere l’impero esclusivamente patriarcale. Le
donne avevano un ruolo secondario nella gestione.
Il primogenito Amschel essendo il più anziano rimase a Francoforte per
controllare la società base, Salomon invece andò a Vienna, Nathan a
Londra, Karl a Napoli e Jakob a Parigi.
La famiglia cresce, e cresce anche la necessità di un nuovo emblema che
li rappresenti al meglio. Cinque frecce che s’incrociano
intersecandosi in un unico punto è il nuovo stemma. Le frecce
rappresentano i cinque fratelli e il punto d’intersezione è lo scopo
che unisce tutta la famiglia.
Avrete già capito qual è questo scopo!




Senza nulla
togliere all’operato dei fratelli, è d’obbligo “spezzare una
freccia” -visto che siamo in tema- a favore di Nathan il quale si
distinse immediatamente per fiuto e capacità imprenditoriali.
Ricordiamo che agli inizi dell’Ottocento l’Europa stava cambiando
velocemente e questo poteva creare certamente molte occasioni per uomini
intelligenti e soprattutto ricchi.
Nathan approfittò di questa situazione e aprì a Manchester una impresa
tessile. Il rapido declino delle esportazioni tessili britanniche
durante il blocco continentale costrinsero però Nathan a tornare a
Londra per estendere le proprie attività in ambito finanziario. Le
attività del figliol prodigo s’impennarono in potenza e
prestigio grazie anche al matrimonio con Hannah Barent Cohen
(1783-1850), la figlia di uno dei più ricchi mercanti ebrei londinesi[2].
I conti li sapeva fare molto bene!
Conti che dirottavano sempre più verso operazioni finanziarie
speculative su titoli britannici ed esteri, cambi valute, metalli
preziosi, ecc.
Qualche esempio? Il Duca di Wellington non avrebbe potuto pagare il suo
esercito nella battaglia di Waterloo senza la mano, anzi il portafogli,
dei Rothschild[3].
Dopo questa vittoria, la banca di Nathan vinse il contratto per i
pagamenti dei tributi agli alleati europei[4].
Anche il governo francese dovette usufruire dei fondi privati per
rimpinguare le casse nazionali svuotate dall’estenuante guerra
franco-prussiana[5].

Salomon Rothschild a Vienna finanziava intanto il debito estero
austriaco attraverso contratti di prestito al Principe Metternich[6].
I cinque fratelli pur lavorando a distanza portavano avanti la stessa
tecnica, quella della riserva frazionale bancaria. Questo permise la
loro autonomia e indipendenza in ogni paese in cui operavano.
Con queste enormi risorse economiche riuscirono a intervenire persino a
favore della Banca d’Inghilterra, quando la crisi di liquidità del
1826 piegò le gambe al governo britannico. Grazie ad una immissione di
un grosso quantitativo di oro fu scongiurato il peggio[7].
Ma la storia non finisce qui, perché nel settore pubblico si distinsero
per i finanziamenti della rete ferroviaria in Francia, Italia, Austria,
per il Canale di Suez, permisero l’acquisto dei terreni minerari in
Spagna, Sud America, Sud Africa e Africa Occidentale.
L’oro era così importante e fondamentale per i Rothschild che dal
1919 fino ai nostri giorni la banca ha ospitato e presieduto per due
volte al giorno il fixing mondiale del prezzo dell’oro[8].
Vi rendete conto: stabilivano anche il prezzo mondiale
dell’oro!
Addirittura sembrerebbe, e il condizionale è d’obbligo, che una banca
della famiglia abbia finanziato John D. Rockefeller per la sua
monopolizzazione della raffinazione del petrolio che portò alla
fondazione della Standard Oil.
Cosa dire delle ricostruzioni postbelliche? Nelle guerre si sa, non vi
sono mai vincitori. Di per sé una guerra è sempre una sconfitta sia
per chi la provoca ma soprattutto per chi la subisce. Dall’ottica di
un banchiere però, una guerra è sempre una ghiotta opportunità di
investimenti, di prestiti, di ricostruzioni. Infatti dopo la Prima
Guerra Mondiale, precisamente nel 1922 i Rothschild misero a
disposizione fondi per la ricostruzione in numerosi paesi come Francia,
Germania, Cecoslovacchia, Ungheria. A questo punto ho dovuto scacciare
con la forza dalla mia mente un dubbio tremendo: è possibile che
banchieri senza scrupoli fomentino a proprio piacimento le guerre,
magari finanziando entrambe le fazioni e innescando la miccia fornendo
poi i soldi per la ricostruzione? In via molto ipotetica sì. Scatenare
una guerra non è così difficile: si forniscono le armi a entrambe le
parti e si trova una motivazione sufficiente: religione, petrolio,
terrorismo, ecc.
No! La perfidia umana non può arrivare a tanto! Giusto?
A questo punto negare o far finta di non vedere che l’impero dei
Rothschild fin dai primi anni del secolo XIX ha influenzato la politica,
l’economia e la finanza del mondo intero è un’offesa alla comune
intelligenza.
E oggi, come sono messi? Anzi, visto che interessa pure la nostra cara
Italia come siamo messi? Forse la famiglia si è ritirata a vita privata
e si sta godendo un meritato riposo? Sbagliato.
Certamente la vita è rimasta sempre molto privata.
Non riesco infatti ancora a spiegarmi come la stampa, sempre più ricca
di pettegolezzi e gossip e meno di informazioni utili, non s’interessi
della vita di questi personaggi affascinanti e al limite del
misterosofico.
Riescono –i media- a scovare una star televisiva che si sta
abbronzando nuda dentro la caldera di un vulcano in pieno inverno e
nessuno fa un servizio sugli appartenenti alla famiglia più potente del
pianeta! Non è un po’ strano? Lungi da me l’idea che gli editor non
possano
fare servizi su certi banchieri internazionali, rimane
allora la spiegazione che forse a nessuno interesserebbe. Strano perché
personalmente preferirei leggere qualcosa su i «veri controllori»
piuttosto che leggere e/o vedere qualche personaggetto estivo che pur di
apparire nei giornali venderebbe la propria anima al diavolo, in questo
caso fotografi e giornalisti.
Tornando al discorso di prima, oggi la famiglia Rothschild non ha perso
prestigio e potere, semmai con il passare degli anni lo ha consolidato
ulteriormente. Incredibile ma vero.
Passano gli anni e i loro sistemi si adeguano. Oggi hanno sviluppato una
divisione per il finanziamento d’impresa al servizio di fusioni e
acquisizioni. Operazioni queste all’ordine del giorno. Basta aprire un
qualsiasi giornale finanziario per leggere che la multinazionale ics si
è unita, o è in procinto di farlo, con la transnazionale ipsilon.
Fusioni il cui unico risultato è la creazione di megacorporazioni
amministrate da pochissimi e composte da migliaia tra affiliate e
holding. In fisica per innescare una fusione nucleare tra atomi serve
molta energia qui le fusioni necessitano solo di soldi. Moltissimi
soldi. Chi possiede tutti questi soldi se non i banchieri?
Vediamo adesso nel dettaglio dove i tentacoli economici dei Rothschild
sono arrivati nel 3° Millennio. Per problemi di spazio cito solamente
le società più conosciute e/o riguardanti il nostro paese, ma chiunque
volesse approfondire consiglio di entrare nel sito ufficiale della
famiglia e di stamparsi l’elenco completo. Fate scorta di carta, mi
raccomando!
Tra le straniere spiccano: De Beers quella dei diamanti per
intenderci, la Enron fallita da poco, British Telecom, France
Telecom, Deutch Telekom, Alcatel, Eircom, Mannesmann, AT&T, BBC,
Petro China, Petro Bras, Canal +, Vivendi, Aventis, Unilever, Royal
Canin, Pfaff, Deutch Po
st[9],
e moltissime altre.
Torniamo adesso un momento in Italia poiché ce n’è per tutti i
gusti: Tiscali, Seat Pagine Gialle, Eni, Rai, Banca di Roma, Banco di
Napoli, BNL Banca Nazionale del Lavoro, Banca Intesa, Bipop-Carire,
Banca Popolare di Lodi, Monte dei Paschi di Siena, Rolo Banca 1473,
Finmeccanica
[10].
Vi può bastare? Penso proprio di sì!
Mi avvio a concludere nella speranza che questa piccola e incompleta
illustrazione possa almeno aver fatto nascere qualche dubbio e/o
curiosità in più su questa incredibile e decisamente atipica
famigliola. Non posso confermare ma neppure smentire le pesanti e
inquietanti affermazioni che svariati autori pubblicano sui Rothschild.
Tengo a sottolineare che la cosa più incredibile è come i media in
generale evitano di trattare tali argomentazioni. Passi il discorso
sulla cospirazione globalizzata alla George Orwell, ma qui i fatti
parlano chiaro. Le trame e gli intrecci economici pure. Sono sotto gli
occhi di tutti. Almeno di chi vuol vedere.
Non posso accontentarmi di leggere su "La Stampa" del 7
giugno 1996 che Lady Rothschild era l’ipotetica spia del KGB a Londra,
o su "Il Giorno" del 29 agosto 2000 la cronaca della
morte per overdose all’età di 23 anni di Raphael figlio di Nathaniel
Rothschild.
Queste rientrano nel deleterio e purtroppo tanto seguito gossip.
Le cose serie e importanti sono altre.

Marcello Pamio


Note:
[1]
Gruppo
elitario fondato, dal prof. di giurisprudenza dell’Università dei
Gesuiti, Adam Weishaupt (Spartacus) in Baviera il 1° maggio
1776
[2]
Università di Bologna, facoltà di Scienze Politiche: www.spbo.unibo.it



[3]
Sito ufficiale della famiglia Rothschild: www.rothschild.com



[4]
Università di Bologna,
facoltà di Scienze Politiche: www.spbo.unibo.it
[5]
Idem
[6]
Idem
[7]
Idem
[8]
Sito ufficiale della
famiglia Rothschild: www.rothschild.com
[9]
Sito ufficiale della
famiglia Rothschild: www.rothschild.com
[10]
Idem

Per favore, caro presidente mandi in Kuwait le sue figlie di Michael Moore

Perché,
glielo devo proprio dire, essendo sopravvissuto per 440 giorni alle sue
bugie, non ero sicuro di poterne sopportare ancora. Ho anch’io alcune
piccole verità da condividere con lei:

1) Non c’è nessuno in America che sia felice di andare alla guerra.
Esca dalla Casa Bianca e cerchi in qualsiasi strada d’America almeno
cinque persone felici di andare ad uccidere gli iracheni. Non li troverà.
Perché? Perché nessun iracheno è mai venuto qui a uccidere uno di
noi.

2) La maggioranza degli americani ovvero quelli che non hanno mai votato
per lei non ha perso la testa. Sappiamo bene cosa affligge le nostre
vite quotidiane: due milioni e mezzo di posti di lavoro persi da quando
lei si è insediato sulla poltrona presidenziale, la borsa diventata
ormai un gioco crudele, la benzina a due dollari. Bombardare l’Iraq non
risolve nessuna di queste questioni.

3) L’intero mondo è contro di lei, Signor Bush. E tra di loro metta
anche i suoi compatrioti Americani.

4) Il Papa ha detto che questa guerra è sbagliata, che è un peccato.
Il Papa! Quanto ci vorrà prima che lei realizzi che è solo in questa
guerra? Naturalmente, non la combatterà personalmente. Lascerà che
altri poveri disgraziati lo facciano al posto suo, proprio come lei fece
ai tempi del Vietnam. Si ricorda, vero?

5) Dei 535 membri del Congresso, solo uno ha un figlio o una figlia
nelle forze armate. Se vuole difendere l’America, per favore invii ora
le sue due figlie in Kuwait. E lo stesso facciano tutti i membri del
Congresso che abbiano figli in età da militare.

6) Certo, i francesi possono anche essere dannatamente noiosi. Ma non ci
sarebbe stata l’America se non fosse stato per i francesi, per il loro
aiuto nella guerra rivoluzionaria. La smetta di pisciare sui francesi e
li ringrazi. Ma sorrida, questa guerra non durerà a lungo perché non
saranno poi tanti gli iracheni pronti a sacrificarsi per Saddam. Si
impegni nella vittoria, sarà un bel viatico per le prossime elezioni.
Mantenga viva la speranza! Uccida gli iracheni che rubano il nostro
petrolio!!!

Suo, Michael Moore

(21 marzo 2003)

I guerrafondai spiegano la guerra ai pacifisti di Jeffrey Newman

P: Però
pensavo che numerosi nostri alleati, compreso Israele, fossero in
violazione di un maggior numero di risoluzioni del Consiglio di
Sicurezza che non l’Iraq.


G: Non si tratta solo di risoluzioni dell’ONU. Il punto principale è
che l’Iraq potrebbe avere armi di distruzione di massa, e il primo
segno di una "pistola fumante" potrebbe benissimo essere una nuvola
a forma di fungo sopra New York.

P:
Nuvola a forma di fungo ? Ma io pensavo che gli ispettori sugli
armamenti avessero detto che l’Iraq non aveva armi nucleari.


G: Sì, ma il
problema sono le armi chimiche e biologiche.

P: Ma
io credevo che l’Iraq non avesse alcun missile a lungo raggio per
attaccare noi o i nostri alleati con armi del genere.


G: Il rischio non è
un attacco diretto da parte dell’Iraq, ma piuttosto la rete
terroristica alla quale l’Iraq potrebbe vendere tali armi..

P: Ma
non potrebbe virtualmente qualunque paese vendere materiali chimici e
biologici? Noi stessi ne abbiamo venduti un bel po’ all’Iraq negli
anni ‘80, o mi sbaglio?


G: È una vecchia
storia. Senta, Saddam Hussein è un uomo malvagio che possiede un
innegabile passato di soppressione nei confronti della propria
popolazione sin dagli anni ‘80. Fa uso di gas contro i propri nemici.
Sono tutti concordi sul fatto che sia un pazzo assassino avido di
potere.

P:
Abbiamo venduto materiali chimici e biologici a un pazzo assassino avido
di potere?


G: Il problema non
è ciò che abbiamo venduto, ma piuttosto cosa ha fatto Saddam. È
quello che ha lanciato un attacco preventivo verso il Kuwait.

P: Un
attacco preventivo non sembra una bella cosa. Ma il nostro ambasciatore
in Iraq, Gillespie, non sapeva forse dell’invasione e diede di fatto
la luce verde?


G: Rimaniamo al
presente, d’accordo? Per quanto riguarda oggi, l’Iraq potrebbe
vendere le sue armi chimiche e biologiche ad Al Qaeda. Lo stesso Osama
bin Laden ha diffuso un comunicato audio esortando gli Iracheni a
effettuare attacchi suicidi contro di noi, dimostrando in tal modo una
collaborazione tra i due.

P:
Osama Bin Laden? Lo scopo di invadere l’Afganistan non era quello di
eliminarlo?


G: In realtà, non
c’è la certezza al 100% che quello delle registrazioni sia Osama bin
Laden. Ma la morale che si evince dai nastri è la stessa: potrebbe
benissimo esserci una collaborazione tra Al Qaeda e Saddam Hussein a
meno che noi non agiamo.

P: Si
tratta dello stesso nastro in cui Osama bin Laden definisce Saddam un
laico infedele?


G: Concentrandosi
solo sul nastro sta perdendo il punto. Powell ha presentato prove
sostanziali contro l’Iraq.

P:
Davvero?


G: Sì, ha mostrato
immagini satellitari di una fabbrica di veleni di Al Qaeda in Iraq.

P: Ma
non è saltato fuori che si trattava di un’innocua baracca nella parte
dell’Iraq controllata dall’opposizione curda?


G: E un rapporto
dell’intelligence britannica…

P: Non
era risultato essere la copia di un documento compilato da uno studente
universitario fuori corso?


G: E i rapporti su
laboratori militari mobili…

P: Non
si trattava solo di rappresentazioni artistiche?


G: E i rapporti
sugli iracheni che scappano nascondendo le prove agli ispettori…

P:
Questa versione non era stata smentita dal capo degli ispettori, Hans
Blix?
G: Sì, ma esiste un
mucchio di altre prove schiaccianti che non possono essere rivelate per
non compromettere la nostra sicurezza.

P:
Quindi non esistono prove disponibili al pubblico della presenza di armi
di distruzione di massa in Iraq?
G: Gli ispettori non
sono mica investigatori, non è compito loro trovare le prove. Sta
perdendo di vista il punto.

P:
Allora qual è il punto?
G: Il punto
principale è che stiamo invadendo l’Iraq in quanto la risoluzione
1441 minacciava "serie conseguenze". Se non agiamo, il consiglio di
sicurezza diventerà un’irrilevante circolo culturale.

P:
Dunque il punto principale è sostenere i provvedimenti del consiglio di
sicurezza?
G: Assolutamente…
a meno che non siano contro di noi.

P: E
cosa succede se il consiglio di sicurezza si esprime contro di noi?
G: In tal caso,
dobbiamo guidare una coalizione di volontari per invadere l’Iraq.

P:
Coalizione di volontari? Chi sarebbero?
G: Gran Bretagna,
Turchia, Bulgaria, Spagna e Italia, per cominciare.

P: Mi
sembrava che la Turchia avesse rifiutato di aiutarci a meno che non
pagassimo decine di miliardi di dollari.
G: Nondimeno, adesso
potrebbero essere volontari.

P:
Pensavo che l’opinione pubblica di tutti quei paesi fosse contro la
guerra.
G: L’attuale
opinione pubblica è irrilevante. La maggioranza esprime la propria
volontà eleggendo dei delegati per prendere decisioni.

P:
Dunque sono le decisioni dei leader eletti dalla maggioranza ad essere
importanti?
G: Sì.

P: Ma
George B…
G: Intendo dire,
dobbiamo appoggiare le decisioni dei nostri leader, comunque siano stati
eletti, perché stanno agendo nel nostro migliore interesse. Questo vuol
dire essere un patriota. Questa è la linea di fondo.

P:
Quindi se non appoggiamo le decisioni del presidente, non siamo
patriottici?
G: Non ho mai detto
questo.

P:
Allora cosa sta dicendo? Perché stiamo invadendo l’Iraq?
G: Come ho già
detto, perché esiste la possibilità che abbiano armi di distruzione di
massa che minacciano noi e i nostri alleati.

P: Ma
gli ispettori non sono riusciti a trovare nessuna di queste armi.
G: L’Iraq
ovviamente le sta nascondendo.

P: È
a conoscenza di questo? Come?
G: Perché sappiamo
che aveva le armi dieci anni fa, e ancora non risultano saltate fuori.

P: Le
armi che gli abbiamo venduto, vuole dire?
G: Precisamente.

P: Ma
io pensavo che quelle armi chimiche e biologiche in dieci anni si
degradassero diventando inutilizzabili.
G: Ma c’è una
possibilità che qualcuna non si sia degradata.

P:
Quindi sinché esiste anche una minuscola possibilità che vi siano tali
armi, noi dobbiamo invadere?
G: Esattamente.

P: Ma
la Corea del Nord attualmente possiede una gran quantità di armi
chimiche, biologiche e nucleari utilizzabili, e missili a lungo raggio
che possono raggiungere la costa ovest, e ha espulso gli ispettori sugli
armamenti nucleari, e ha minacciato di trasformare l’America in un
mare di fuoco.
G: Quella è una
questione diplomatica.

P:
Allora perché stiamo invadendo l’Iraq invece di usare la diplomazia?
G: Ma mi sta
ascoltando? Stiamo invadendo l’Iraq perché non possiamo permettere
che le ispezioni si trascinino all’infinito. L’Iraq ha rallentato,
ingannato e negato per oltre dieci anni, e le ispezioni ci costano
decine di milioni.

P: Ma
io credevo che la guerra ci costasse decine di miliardi.
G: Sì, ma non è
una questione di soldi. È una questione di sicurezza.

P: Ma
una guerra preventiva contro l’Iraq non infiammerebbe i sentimenti del
fondamentalismo islamico nei nostri confronti, diminuendo la nostra
sicurezza?
G: Forse, ma non
dobbiamo consentire ai terroristi di cambiare il nostro modo di vivere.
Una volta che lo facciamo, i terroristi avranno già vinto.

P:
Allora qual è lo scopo del Department of Homeland Security, degli
allarmi dai codici colorati, e del Patriot Act? Questi non cambiano il
nostro modo di vivere?
G: Pensavo avesse
domande riguardanti l’Iraq.

P: È
così. Perché stiamo invadendo l’Iraq?
G: Per l’ultima
volta, stiamo invadendo l’Iraq perché il mondo ha richiesto a Saddam
Hussein di disarmare, e lui non l’ha fatto. Adesso deve affrontarne le
conseguenze.

P:
Quindi, allo stesso modo, se il mondo richiedesse a noi di fare
qualcosa, come trovare una soluzione pacifica, noi avremmo l’obbligo
di ascoltare?
G: Per "mondo",
intendevo le Nazioni Unite.

P:
Quindi, abbiamo l’obbligo di ascoltare le Nazioni Unite?
G: Per "Nazioni
Unite", intendevo il Consiglio di Sicurezza.

P:
Quindi, abbiamo l’obbligo di ascoltare il Consiglio di Sicurezza?
G: Intendevo la
maggioranza del Consiglio di Sicurezza.

P:
Quindi, abbiamo l’obbligo di ascoltare la maggioranza del Consiglio di
Sicurezza?
G: Be’… potrebbe
esserci un irragionevole veto.

P: Nel
qual caso?
G: Nel qual caso,
abbiamo l’obbligo di ignorare il veto.

P: E
se la maggioranza del Consiglio di Sicurezza non ci appoggia per niente?
G: Allora abbiamo
l’obbligo di ignorare il Consiglio di Sicurezza.

P: Non
ha alcun senso…
G: Se le piace tanto
l’Iraq, dovrebbe trasferirsi laggiù. O magari in Francia, insieme a
tutti gli altri arrendevoli scimmiotti mangiaformaggio. È il momento di
boicottare il loro vino e i loro formaggi, su questo non c’è dubbio.

P: Io
mi arrendo.

I CENTO VELENI DEL NOSTRO CORPO di Federico Rampini

I cento veleni del nostro corpo

L’organismo è una pattumiera

Dopo atmosfera, mare e terra, si studia l’inquinamento nell’uomo

dall’inviato FEDERICO RAMPINI

SAN FRANCISCO – Puoi fuggire lontano dalla città e dallo smog,
dedicarti a una vita salutista in campagna, smettere di fumare, mangiare
solo prodotti dell’agricoltura biologica, ma c’è una discarica di
rifiuti tossici da cui non riuscirai ad allontanarti mai: è il tuo
corpo.

Michael Lerner, leader ambientalista californiano, ha fatto questa
triste scoperta la settimana scorsa, a 59 anni.

Nel suo organismo hanno rilevato 101 sostanze chimiche altamente
velenose tra cui diossine, arsenico, piombo e mercurio. Le ha accumulate
mangiando, respirando, lavandosi, vestendosi come tutti noi, e non può
più eliminarle. Lerner non lavora in una fabbrica chimica, non vive in
una zona industriale inquinata ma nella verde e ventilata Baia di San
Francisco. È uno dei nove militanti ecologisti che si sono sottoposti a
un nuovo esperimento: il test clinico più accurato del mondo per
scovare tutte le sostanze chimiche di origine industriale che finiscono
per depositarsi nel corpo umano. È un esame costoso (più di 5.000
dollari a testa) che nessuna mutua rimborsa. Perciò lo ha sponsorizzato
un’agenzia federale, il Center for Disease Control and Prevention, e le
nove cavie umane sono state analizzate in una delle migliori cliniche
universitarie americane, la Mount Sinai School of Medicine di New York.

Dopo decenni passati a studiare la contaminazione dell’atmosfera, dei
mari e della terra, gli scienziati dell’ambiente stanno rivolgendo la
loro attenzione a una zona di inquinamento fin qui troppo trascurata:
noi stessi.

Nuove tecniche di analisi in laboratorio permettono di reperire con
precisione tutte le sostanze tossiche e non riciclabili che si
depositano dentro di noi, nel nostro sangue, nelle nostre cellule, nel
sistema nervoso. Secondo la definizione della U.S. Environmental
Protection Agency questo è il nostro "body burden",
letteralmente la zavorra corporea che trasportiamo senza saperlo. Il
sito Internet www.ewg.org vi propone un
questionario molto semplice, con cui potete misurare le conseguenze
delle più banali abitudini quotidiane sul vostro "body burden":
ogni volta che usate shampoo e balsamo, deodoranti spray, lucido da
scarpe, ogni volta che mangiate del tonno, mettete il detersivo nella
lavatrice o camminate su una moquette sintetica, il vostro "body
burden" si appesantisce di micidiali veleni chimici.

Nei nove militanti ambientalisti che si sono sottoposti a questi lunghi
accertamenti, i risultati sono stati inequivocabili. In media ciascuno
di loro "contiene" una novantina di sostanze chimiche di
origine industriale, di cui 76 sicuramente cancerogene, e altre in grado
di provocare disturbi nervosi, malattie ormonali e cardiovascolari,
sterilità o cadute delle difese immunitarie. Gli hanno trovato in corpo
perfino prodotti tossici che in America sono vietati per legge dal 1976:
probabilmente li hanno assorbiti da bambini, e non potranno mai disfarsene.


"Ho smesso di mangiare tonno, pesce spada e merluzzo dice
Lerner da quando ho visto nelle rilevazioni scientifiche le quantità di
mercurio che contengono questi pesci, vittime dell’inquinamento degli
oceani. Ma ormai il mercurio che ho in corpo è già sufficiente per
avvelenarmi, probabilmente mi ha già causato danni cerebrali". Una
sua compagna in questo esperimento, Charlotte Brody, è una
ambientalista che da vent’anni segue una dieta vegetariana a base di
prodotti agro-biologici, eppure i medici del Mount Sinai Hospital hanno
catalogato nel suo sangue e nelle sue urine 85 veleni chimici di origine
industriale. "È la prova che purtroppo neanche lo stile di vita più
sano ti può proteggere", commenta lei.

Alcune sostanze chimiche tossiche finiscono nell’organismo soprattutto
durante l’infanzia perché sono usate nella fabbricazione dei giocattoli
di plastica. E con l’adolescenza sale l’esposizione alla contaminazione
dai prodotti per l’igiene intima e la cosmesi.

Perfino le nostre case ci avvelenano lentamente: la vernice dei muri può
contenere piombo, le vecchie costruzioni (anni ’50 e ’60) usavano
l’amianto come isolante.

Nulla si perde, il nostro corpo è condannato a immagazzinare quasi
tutto. "I nostri nonni dicevano you are what you eat: siamo ciò
che mangiamo commenta la scrittrice di scienze Francesca Lyman ; ora
quel proverbio diventa una realtà misurabile in laboratorio: purtroppo
siamo tutto ciò che abbiamo mangiato, bevuto, respirato, odorato e
toccato durante la nostra vita, anche senza volerlo o senza
saperlo".

Ma per Jeannie Rizzo, direttrice del Breast Cancer Fund, la fondazione
per la ricerca contro il tumore al seno, queste scoperte non devono
indurre alla rassegnazione: "La reazione giusta è avere regole più
severe, più controlli sull’industria chimica, sull’agricoltura e sui
prodotti alimentari, per fare rispettare i divieti".

(15 febbraio 2003)

Camp Darby, il piu’grande arsenale Usa all’estero

e il 60 per cento delle bombe scagliate sulla Serbia nel 1999"

Due anni fa la base americana sgombrò dai bunker pericolanti 100 mila
ordigni. Roma non fu avvisata.

Nel 1947 il Tombolo era «Il paradiso nero»: la pineta maledetta delle
signorine che facevano la vita, dei contrabbandieri che si arricchivano
con la fame, dei disertori stufi di guerre. Il film, scritto da Indro
Montanelli e interpretato da Aldo Fabrizi, mostrava questo angolo di
costa tra Livorno e Pisa come una terra selvaggia, popolata di gangster
e sbandati, dove tutti potevano perdere l’anima o la vita. Poi, quattro
anni dopo, un accordo siglato tra Roma e Washington ha fatto scomparire
dall’Italia quei mille ettari di litorale tirrenico e li ha
trasformati in un segreto americano: Camp Darby. Da allora nessuno è
mai venuto a sapere cosa contenesse esattamente quella base: l’unica
certezza era la sua importanza, ribadita dal Pentagono ogni volta che si
avvicinava un conflitto. E solo ora grazie alle ricerche svolte da una fondazione della Virginia è possibile
penetrare nel mistero della pineta più blindata d’Europa. A Camp Darby
infatti è custodito il più grande arsenale americano all’estero.
Qualche numero?

Ventimila tonnellate di munizioni per artiglieria, missili, razzi e
bombe d’aereo con 8.100 tonnellate di alto esplosivo ospitate in 125
bunker. E, ancora, gli equipaggiamenti completi per armare una brigata
meccanizzata: 2.600 tra tank, blindati, jeep e camion. Nella lista ci
sono tutti i migliori sistemi dell’esercito statunitense, inclusi 35
carri armati M1 Abrams e 70 veicoli da combattimento Bradley. Ma
l’inventario prosegue con un elenco impressionante, sintetizzato da una
cifra: ci sono materiali bellici del valore di due miliardi di dollari
(l’equivalente in euro), missili e ordigni esclusi.

IL RUOLO DELLA BASE – Per avere un’idea del ruolo di questa cittadella
basta esaminare due dati: da Camp Darby provenivano quasi tutte le
munizioni usate durante la Tempesta nel Deserto nel 1991 e il 60 per cento delle bombe
scagliate sulla Serbia nel 1999. Grazie al canale navigabile che arriva
all’interno della base – la struttura toscana è l’unica nel mondo che
dispone di un simile collegamento – carichi giganteschi di armi vanno e
vengono senza che nessuno possa spiarli. Per la prima guerra con l’Iraq
c’è stato un traffico complessivo pari a 4 mila tonnellate di bombe e
granate; per la campagna del Kosovo ne sono bastate 16 mila. Nei giorni
del Natale 1998, alla vigilia del conflitto balcanico, sui moli
tirrenici sono sbarcate 3.278 cluster bomb : i congegni a
frammentazione, micidiali e delicati anche nei traslochi. La capacità
complessiva dei magazzini nel 1999 è stata certificata per contenere
32.000 tonnellate di ordigni. Una santabarbara impressionante, gestita
da un reparto – il 31° Squadrone munizioni – che ha un simbolo
abbastanza infelice: il profilo della penisola italiana disegnato su una
vecchia bomba con la miccia accesa.

I «PIRATI SPAZIALI» – La storia di Camp Darby è stata ricostruita con
un’ attività certosina dai ricercatori di GlobalSecurity.org , una
fondazione americana che crede «in un approccio innovativo alle sfide
della sicurezza nel nuovo millennio» e vuole ridurre «l’incidenza
mondiale di conflitti sanguinosi». Sono celebri come «pirati spaziali»:
acquistano e mettono sulla rete foto delle installazioni più segrete di
tutto il pianeta scattate dai satelliti commerciali. Il direttore, John
Pike, è un personaggio molto noto nella intelligence community. La
loro attendibilità è giudicata altissima: finora non sono mai stati
smentiti. «Abbiamo ricavato le informazioni sulla base toscana – spiega
François Boo, ex ufficiale del Centro alti studi delle Forze armate
francesi che ora in California guida lo staff dei ricercatori –
esclusivamente dalle "fonti aperte", documenti che erano di
libero accesso fino all’11 settembre 2001». Alcuni dei dossier da loro
consultati sono stati secretati dopo l’attentato alle Torri Gemelle: la
pubblicazione su Internet è stata vietata con una decisione che ha
fatto gridare alla censura. Altri fascicoli restano disponibili. Boo ne
elenca alcuni: foto dei bunker tratte da un dépliant che pubblicizza ai
marines le vacanze premio «sulla riviera italiana»; «record di
produttività» nello stoccaggio dei razzi sui bollettini degli encomi.
O il caso forse più incredibile per il pubblico italiano, narrato dalla
rivista tecnica del genio militare.

L’ALLARME DEI BUNKER – E’ una storia di due anni fa. A Camp Darby ci
sono enormi depositi sotterranei refrigerati, per proteggere dal calore
gli apparati più sofisticati destinati ai caccia e ai bombardieri.
Furono costruiti negli anni Settanta ma hanno cominciato presto a
mostrare problemi strutturali. Dieci anni dopo i tecnici della base li
hanno rinforzati con lastre d’acciaio: un intervento che forse ha
peggiorato la situazione. Le crepe si sono allargate, inesorabilmente.
Nel maggio 2000 pezzi di cemento cominciano a cadere dal soffitto sulle
armi e i genieri fanno scattare l’allarme. Con cautela estrema tra
giugno e luglio vengono sgomberati dodici bunker, contenenti 100 mila
ordigni con 23 tonnellate di esplosivo ad alto potenziale. L’operazione
viene descritta come delicatissima dagli stessi esecutori, che l’hanno
realizzata utilizzando robot telecomandati: nella loro rivista la
chiamano «un piccolo miracolo». Nessun pericolo, quindi. Ma anche
nessuna informazione alle nostre autorità: in genere in Italia si fanno
evacuare aree gigantesche solo per disinnescare un residuato bellico con
una carica di pochi chili. Che precauzioni sarebbero state adottate per
muovere migliaia di ordigni a ridosso delle spiagge più affollate?
Il mezzo milione di pallet allineati nei viali della base non sono
serviti solo per spedizioni di morte. Dagli 11 mila stock di provviste e
vestiario spesso si è attinto anche per operazioni umanitarie in
Kurdistan, nei Balcani, in Africa. Dai piazzali con cinquecento tra
ruspe, bulldozer e trattori in diverse occasioni sono partiti
veicoli preziosi per soccorrere le vittime di catastrofi naturali,
come il terremoto in Turchia del 1999.

IL CANALE NAVIGABILE – Ma la funzione principale resta quella di
santabarbara: l’unica fuori dai confini nazionali dove mezzi e munizioni
vengono custoditi insieme. In pratica, un’intera brigata corazzata
americana può volare fino al Kuwait senza portarsi dietro nemmeno un
calzino di ricambio: tutto il necessario – dai cannoni alla biancheria,
dal cibo ai lubrificanti, dai tank alle razioni, dai camion alle gavette
– viene trasbordato sulle navi dal molo di Camp Darby, riducendo di un
terzo il tempo necessario al trasferimento dagli Usa. Quanto ad
armamenti per aerei, invece, le dotazioni sono sterminate: tutta la
riserva pensata a suo tempo per sostenere la guerra con l’Urss sul fronte europeo. «E’ una
posizione ideale – dichiara il responsabile dei magazzini in una rivista
dell’Us Army -. Siamo vicini al porto, allo scalo di Pisa,
all’autostrada e abbiamo una linea ferroviaria che arriva dentro la base».
Insomma, è il caposaldo principe che viene potenziato in questi mesi
con l’ampliamento del canale navigabile, il Tombolo, appunto: la Nato ha
varato un programma per allargarlo e cementificarne i fondali, in modo
da raddoppiare la capacità di carico. Entro il 2010 non lo percorrerà
più un mercantile alla volta, ma due contemporaneamente accelerando i
tempi di mobilitazione dell’armata. Perché senza Camp Darby gli
americani non possono entrare in guerra. A sorvegliarla ci sono
pochi soldati statunitensi: 350 militari professionisti, 700 della
Guardia nazionale. Manutenzione, pulizia e manovalanza invece sono
appaltate ad aziende italiane, con 580 dipendenti, per i quali però
esistono zone off limits . Ma le presenze americane si moltiplicano in
estate: 50 mila solo nel 2000. Perché – come recitano le brossure del
Pentagono – «la spiaggia privata di Camp Darby offre sole, mare, giochi
e relax riservato al personale autorizzato». Il tutto accanto ai bunker
più esplosivi d’Europa.

www.redleghorn.net

I veterani Usa ai soldati: Resistete!

chiedono ai soldati in servizio di prendere una decisione in
coscienza, quando saranno chiamati dai loro superiori a combattere e
uccidere. E’ un testo che colpisce, per la passione che esprime, e rende
l’idea del clima nel quale, negli Usa, si sta andando verso la guerra
all’Iraq.

Siamo veterani delle forze armate degli Stati uniti. Stiamo con la
maggioranza dell’umanità – inclusi milioni nel nostro stesso paese –
che si oppongono a che gli Stati uniti scatenino una guerra implacabile
in Iraq. Abbiamo visto molte guerre, abbiamo molte e diverse idee
politiche e tutti siamo concordi sul fatto che questa guerra è un male.
Molti di noi credono che servire nell’esercito era il nostro dovere, e
che era un affare nostro difendere questo paese. Ora crediamo che il
nostro autentico dovere sia incoraggiare voi, come membri delle forze
armate, a comprendere perché vi stanno mandando a lottare e morire, e
quali conseguenze avranno per l’umanità le vostre azioni.

Vi chiamiamo, militari attivi o della riserva, ad ascoltare la vostra
coscienza e a fare quel che è giusto. Durante la passata Guerra del
Golfo fu ordinato alle truppe di assassinare da una distanza sicura.
Abbiamo distrutto molto dell’Iraq dal cielo, uccidendo migliaia di
persone, compresi civili. Ricordiamo la strada verso Bassora – la Via
della Morte – dove ci fu ordinato di uccidere gli iracheni che
fuggivano. Distruggemmo con i bulldozer le loro trincee, seppellendo
persone vive. L’uso di uranio impoverito rese radioattivi i campi di
battaglia. L’uso massiccio di pesticidi, droghe sperimentali, l’incendio
di depositi di armi chimiche e gli incendi nei pozzi petroliferi si
fusero in un cocktail tossico che oggi colpisce tanto il popolo iracheno
quanto i veterani della Guerra del Golfo. Uno ogni quattro veterani è
disabile.

Durante la guerra nel Vietnam ci fu ordinato di distruggere tutto dal
cielo e da terra. A My Lai uccidemmo più di cinquecento donne, bambini
e anziani. Usammo l’Agente Orange contro il nemico e sperimentammo i
suoi effetti nella nostra stessa carne. Sappiamo come si individua, si
sente e che sapore ha la sindrome da stress post-traumatico, perché i
fantasmi di più di due milioni di uomini, donne e bambini ancora ci
perseguita nei sogni. Tra noi sono più quelli morti per loro propria
mano dopo essere tornati a casa di quelli che sono morti in battaglia.

Se voi sceglierete di partecipare all’invasione dell’Iraq sarete parte
di un esercito di occupazione. Sapete che significa vedere gli occhi di
un popolo che vi detesta fino al midollo? Dovete pensare a quale sia la
vostra vera "missione". Se vi si sta mandando a invadere e
occupare un popolo che, come ciascuno di noi, sta solo cercando di
vivere la sua vita e di fare i suoi figli. Questa gente non è una
minaccia per gli Stati uniti, anche se hanno un brutale dittatore come
leader. Chi, negli Stati uniti, può dire al popolo iracheno come deve
essere governato il suo paese, quando molti negli Usa non credono
neppure che il loro presidente sia stato eletto legalmente?

Di Saddam si dice che ha usato gas velenosi contro il suo stesso popolo
e che cerca di sviluppare armi di distruzione di massa. Eppure, quando
Saddam ha commesso i suoi peggiori crimini godeva dell’appoggio degli
Stati uniti, che gli diedero anche i mezzi per produrre armi chimiche e
biologiche. Mettete a confronto questo con gli orrendi risultati delle
sanzioni economiche promosse dagli Stati uniti. Più di un milione di
iracheni, principalmente neonati e bambini, sono morti a causa di queste
sanzioni. Dopo aver distrutto totalmente le infrastrutture del paese,
inclusi gli ospedali, le centrali elettriche, gli acquedotti, gli Stati
uniti – con le sanzioni – hanno reso impossibile l’importazione di beni,
medicine, alimenti e sostanze chimiche necessarie alla ricostruzione.

Non esiste onore nell’assassinio, e questa guerra è un assassinio con
un altro nome. Quando in una guerra ingiusta una bomba vagante uccide
una madre con il suo bambino, questo non è un "danno
collaterale": è un assassinio. Quando in una guerra ingiusta un
bambino muore di dissenteria perché una bomba ha danneggiato l’impianto
di trattamento delle acque reflue, non si sta "distruggendo
l’infrastruttura nemica": è un assassinio. Quando in una guerra
ingiusta un padre di famiglia muore per un attacco cardiaco perché una
bomba ha distrutto le linee telefoniche e non si è potuta chiamare
un’ambulanza, questo non è "neutralizzare le installazioni di
comando e controllo": è un assassinio. Quando in una guerra
ingiusta muoiono in una trincea mille contadini poveri che servivano
come coscritti per difendere il paese nel quale avevano passato tutta la
loro vita, non è una vittoria: è un assassinio.

Ci saranno veterani, a promuovere proteste contro questa guerra in Iraq
e contro la vostra partecipazione. Durante la guerra del Vietnam
migliaia, tanto in Vietnam che negli Stati uniti, si rifiutarono di
obbedire agli ordini. Molti si sono trasformati in obiettori di
coscienza e altri hanno preferito andare in prigione piuttosto che
prendere le armi contro il presunto nemico. Durante la passata Guerra
del Golfo, molti soldati hanno resistito in diverse forme e per molte
ragioni differenti. Molti di noi sono tornati da queste guerre e si sono
uniti al movimento contro la guerra.

Se mai la popolazione terrestre sarà libera, questo avverrà quando
essere cittadino del mondo avrà la precedenza sull’essere soldato di
una nazione. Ora è questo momento. Quando arrivasse l’ordine di
partire, la vostra risposta avrà un profondo effetto sulla vita di
milioni di persone in Medio Oriente e qui a casa nostra. La vostra
risposta determinerà il corso del nostro futuro. Voi dovrete fare delle
scelte, lungo il cammino. I vostri comandanti vogliono che obbediate.
Noi vi invitiamo a pensare, a prendere decisioni sulla base della vostra
coscienza. Se sceglierete di resistere, vi appoggeremo e saremo al
vostro fianco, perché siamo riusciti a capire che il nostro autentico
dovere è verso la gente del mondo e il nostro comune futuro.

HAMAS PSICHIATRICO di Maurizio Blondet

per avere un'idea del ruolo di questa cittadella basta esaminare due dati: da Camp Darby provenivano quasi tutte le munizioni usate durante la Tempesta nel Deserto nel 1991...

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https://www.nexusedizioni.it/it/CT/hamas-psichiatrico-5668

Costruita la macchina che funziona con energia eterna di Marco Gasperetti

Dan Tsui e Robert Laughlin, Nobel per la Fisica nel 1998. La
nano-macchina, dalle dimensioni di pochi milionesimi di centimetro, è
stata costruita dai ricercatori della Scuola Normale Superiore di Pisa e
potrebbe essere il primo passo verso un nuovo modo di manipolare l’
energia, con la possibilità di realizzare dispositivi (dalla radiolina
all’ auto elettrica) capaci di funzionare senza consumare praticamente
niente. La scoperta, pubblicata ieri da Physical Review Letters, una
delle più prestigiose riviste scientifiche americane, è avvenuta nei
laboratori del Nest, il centro di eccellenza della Normale e dell’ Istituto
nazionale di fisica della materia, a due passi dalle stanze dove
studiarono Enrico Fermi e Carlo Rubbia. Vi hanno lavorato tre giovani
scienziati: Vittorio Pellegrini, 33 anni (primo ricercatore), Fabio
Beltram, 43 (direttore del centro) e Stefano Roddaro, un perfezionando
di appena 26 anni.

«La ricerca è partita due anni fa – racconta
Pellegrini – sulle orme degli studi teorici dei tre Nobel che
ipotizzarono, senza però dimostrarla praticamente, l’ esistenza di
particelle elettriche diverse dagli elettroni e con un comportamento
anomalo. Queste particelle, chiamate a carica frazionaria, si muovono in
un nuovo stato della materia e sembrano appartenere al mondo della
meccanica quantistica. Possono essere contemporaneamente più grandi e
più piccole degli elettroni e hanno proprietà eccezionali. Gli
scienziati americani ne avevano ipotizzato l’ esistenza, spiegandola
teoricamente, noi siamo riusciti non solo a dimostrarla fisicamente, ma
a realizzare una macchina che funziona con questa nuova energia». La
macchina pisana è un minuscolo dispositivo elettrico composto da
elettrodi positivi e negativi inseriti su un semiconduttore di cristallo
di arseniuro di gallio e raffreddato a una temperatura (-273 gradi)
vicina allo zero assoluto. «In queste condizioni i due elettrodi,
positivo e negativo, hanno iniziato a scambiare particelle anomale –
spiega Pellegrini -. Non erano elettroni, come nel normale flusso elettrico, ma qualcosa di diverso e il loro
comportamento combaciava esattamente con quello teorizzato dagli
scienziati americani. Insomma, in quel flusso di corrente passavano
particelle a carica frazionaria e la nano-macchina funzionava con la
nuova fonte di energia».

Gli studi della Normale sono ancora agli inizi e dunque è difficile
ipotizzare i vantaggi che le nuove particelle potranno portare nella
vita di tutti i giorni. E’ però già possibile immaginare dispositivi
elettrici ed elettronici assolutamente diversi da quelli conosciuti
oggi. Una radiolina, per esempio, potrebbe funzionare eternamente e un’
auto elettrica avere un’ autonomia di anni: le particelle, inserite in
particolari semiconduttori, non si dissipano e dunque l’ energia
potrebbe in teoria durare in eterno.