Lavori in corso per l'autostrada nella foresta amazzonica
L’autostrada per il vertice sul clima COP30 viene costruita abbattendo 300 ettari di foresta amazzonica. Un paradosso chiamato COP30.
Lavori in corso per l’autostrada nella foresta amazzonica
Si chiama Avenida Liberdade, è lunga 13 km e attravera una vasta area di foresta pluviale amazzonica protetta nei pressi di Belém, capitale del Pará, in Brasile.
Il progetto è del 2012 ed è stato più volte fermato proprio per l’impatto ambientale. Tuttavia – e qui c’è il paradosso – proprio in vista del 30° vertice sul clima COP30, che si terrà a Parà dal 10 al 21 novembre 2025, lo stato ha deciso di riprendere i lavori perché ovviamente sono necessari collegamenti migliori fra i previsti alberghi, centri congressi e l’aeroporto in sede di ampliamento. Il cantiere è in piena attività e gli alberi sono stati già abbattuti lungo il tragitto.
Il paradosso COP30: per riunirsi comodamente al fine di discutere come salvare il pianeta, di procura un danno ambientale proprio alla foresta amazzonica, fondamentale per preservare la stabilità dell’ecosistema mondiale.
È un po’ il simbolo molto triste dell’assurdità della svolta green e delle sue contraddizioni. Per discutere di come salvare il pianeta, 50.000 “capoccioni” di tutto il mondo prenderanno aerei (inquinando), macchine blindate (inquinando) e percorreranno una strada fatta a spese della più grande riserva mondiale di ossigeno oltre che una delle aree più cruciali per la stabilità dell’ecosistema Terra che dichiarano di voler salvare. Quando potevano fare una videoconferenza e parlarsi su zoom, evitando tutto questo inquinamento e disboscamento.
Ha la stessa logica di far credere che sia più rispettoso dell’ambiente comprare una nuova automobile elettrica rispetto a far tirare a campare il più possibile quella che hai già, a prescindere dal tipo di carburante che usa. Come se le automobili elettriche venissero prodotte senza inquinamento, senza emissioni e senza generare rifiuti.
Quando la cozza si chiude, perché l'acqua è inquinata, il sensore che le è stato applicato attiva l'allarme
Biomonitoraggio a cozze per l’acquedotto di Varsavia
Quando la cozza si chiude, perché l’acqua è inquinata, il sensore che le è stato applicato attiva l’allarme
L’azienda idrica Wodociągi Warszawskie, usa il biomontoraggio nel processo di controllo e sicurezza dell’Acquedotto di Varsavia. Nello specifico vengono impiegate tratta di cozze fluviali a margine tagliente della specie Unio crassus, che sono particolarmente sensibili all’inquinamento idrico. Questi particolarissimi impiegati restano in servizio per tre mesi, quindi vengono rimessi in libertà e sostituiti con altri esemplari.
Ma come funziona il biomonitoraggio a cozze?
Le cozze vengono acclimatate e misurate per determinare la loro naturale apertura individuale, quindi vengono dotate di un sensore e posizionate in un serbatoio di flusso attraverso cui passa l’acqua prima di essere trattata e immessa nella rete idrica. Il sensore invia i dati al computer centrale, comunicando il grado di apertura delle valve. Quando la qualità dell’acqua peggiora, le cozze si chiudono, azione che viene registrata dal sensore e genera un’allarme. A quel punto i tecnici sanno che devono prendere provvedimenti con test e trattamenti specifici.
La Wodociągi Warszawskie usa anche dei pesci d’acqua dolce come le tinche, i barbi o le vandoise. In questo caso, nell’apposito acquario di flusso, ne vengono monitorati i comportamenti, rilevandone le anomalie.
Oltre 50 impianti idrici in Polonia utilizzano la stessa tecnica.
La meteorite di Hoba, le strutture circolari non sono un cratere ma protezioni
La meteorite di Hoba, le strutture circolari non sono un cratere ma protezioni. Foto di Eugen Zibiso
La meteorite di Hoba non ha un cratere da impatto. Ed è un caso unico al mondo.
Hoba è la meteorite più grande conosciuta sulla terra, sia per massa che per volume. Prende il nome dal luogo del ritrovamento, la fattoria di Hoba West vicino a Grootfontein, nella regione di Otjozondjupa in Namibia. Fu scoperta casualmente ad inizio del XX secolo, quando l’aratro di West la urtò.
La composizione della meteorite è 84% ferro e circa 16% nichel, con alcune tracce di cobalto ed altri elementi. Sulla superficie si trovano incrostazioni di idrossido di ferro.
Strutturalmente è classificata come una meteorite ferrosa del tipo atassite, ma ha caratteristiche uniche, come la serie di irregolarità sulla sua superficie (chiamate regmaglypts) che si attribuiscono all’intenso riscaldamento e attrito a cui è stata sottoposta entrando nell’atmosfera.
Le sue dimensioni sono di 2,7 x 2,7 m ed ha uno spessore di 90 cm circa. Originariamente pesava 66 tonnellate, ma in seguito di a fenomeni erosivi, campionamenti e vandalismi, oggi il suo peso si è ridotto a circa 60 tonnellate.
Hoba è la meteorite più grande conosciuta sulla terra, sia per massa che per volume e mantiene tale primato nonostante vandalismi, campionamenti e fenomeni erosivi gli abbiano sottratto 6 tonnellate di materiale in 100 anni.
Si ritiene che sia caduta al suolo esattamente nel luogo dove si trova oggi, più di 80.000 anni fa, senza, però, lasciare un cratere da impatto e questo è un caso unico al mondo e un mistero che fa dibattere gli esperti.
Sono state fatte varie ipotesi per spiegare come mai sia stato rinvenuto praticamente in superficie e senza alcuna traccia di cratere da impatto. Si parla di una traiettoria con angolo poco ampio che, unita alla forma piatta e alla frenata atmosferica l’avrebbe rallentata. O della presenza di uno strato di ghiaccio sulla superficie al momento dell’impatto.
Nessuna delle teorie avanzate, però, riesce effettivamente a spiegare un cratere del tutto inesistente.
Nessuna delle teorie è riuscita a spiegare l’assenza di un cratere da impatto. Tranne una.
Ce n’è una, però, che fa eccezione ed è del geofisico John A. Burgener. In estrema sintesi lo studioso ha considerato la differenza fra meteoriti e comete e i vari tipi di crateri da impatto che generano. Si è concentrato sulle comete che viaggiano sul piano dell’eclittica (sostanzialmente il piano ideale nello spazio che passa per l’equatore del sole e per quello del nostro pianeta e su cui la Terra percorre la sua orbita).
L’asse di rotazione terrestre non è perpendicolare all’eclittica ma è inclinato di poco più di 23° (con rotazioni a trottola che completano un giro ogni 25.772 anni e altre oscillazioni e movimenti a spirale di minore entità). Questa inclinazione diventa significativa per le comete che viaggiano sull’eclittica perché nel momento dell’impatto non hanno una traiettoria perpendicolare rispetto alla superficie ma un’inclinazione, che determina la formazione di un cratere non circolare ma ellissoidale con l’asse maggiore dell’ellisse orientato a poco più di 23° gradi rispetto all’equatore.
I crateri ellissoidali sono rarissimi per gli asteroidi ma non per le comete
Finora è stato riconosciuto un solo cratere ellittico ed è il Matt Wilson in Australia e sono ritenuti eventi molto rari, per quanto riguarda gli asteroidi, che viaggiano a 25 km al secondo. Ma se prendiamo in considerazione le comete, che viaggiano anche a 75 km al secondo, l’impatto in grado di generare un cratere ellittico diventa molto meno raro.
Perché il geofisico si concentra sulle comete? Perché sono più veloci, più grandi, più porose, con minore densità rispetto agli asteroidi. Quando entrano in atmosfera le comete possono facilmente frammentarsi, in una serie di oggetti solidi, che colpiscono il suolo a bassa velocità. Se non si frammentano possono penetrare nella crosta terrestre oppure rimbalzare. Gli studi sono pochi in proposito, ma alcuni hanno dimostrato che i corpi porosi e allungati producono crateri ridotti in profondità ed ellissoidali nella forma, “ammucchiando” crosta terrestre da un lato oppure espellendola in modo esplosivo.
Ma che c’entrano i crateri ellissoidali con il mistero della Meteorite di Hoba che è tale proprio per assenza di un cratere da impatto?
Come si risolve il mistero
Per quanto riguarda l’assenza di un cratere da impatto per la Meteorite di Hoba, John A. Burgener ritiene che la meteorite fosse parte di un oggetto più grande che si è frammentato in un altro punto e che sia giunto nella posizione attuali per effetto di un vettore prevalentemente orizzontale. In pratica una cometa più grande ha colpito la Terra con un angolo molto basso, è rimbalzata, frammentandosi e sparando le sue parti “a farfalla”. La Meteorite di Hoba sarebbe uno di questi frammenti. Burgener ha rinvenuto nelle vicinanze la formazione ellissoidale del cratere da impatto della cometa, ed è il lago Etosha Pan – uno specchio d’acqua poco profondo lungo 150 km, orientato a 23,4 gradi. Ai lati del lago ci sono inoltre due depressioni “a farfalla” compatibile con gli schizzi sparati da una frammentazione da impatto. Hoba si trova entro questa “farfalla”. “Indagini con magnetometro in questa zona – precisa il geofisico – potrebbero rilevare l’eventuale presenza di altri frammenti di meteoriti metallici, confermando questa ipotesi”.
Il lago Etosha Pan ha tutti i requisiti per essere il cratere da impatto della cometa, ai suoi lati e con la gista orientazione vi sono due depressioni “a farfalla” entro cui ricade Hoba, tipiche di una frammentazione che “spara” i detriti. Foto di John A. BurgenerAlcuni dei siti di crateri da impatto ellissoidali ipotizzati dallo studio. i. Foto di John A. Burgener
Lo studio esamina anche altre strutture ellissoidali sul pianeta e ne individua numerose, tutte accomunate dal non avere una spiegazione geologica plausibile: il Mar Nero, il Mar Caspio, il bacino del Tarim, i Grandi Laghi, il golfo di Biscaglia, la depressione di Qattara. Talmente tanti da essere inquietanti.
Ci si domanda, inevitabilmente: quante volte il pianeta è stato bombardato dalle comete? E quando succederà di nuovo?
Per approfondire la storia della meteorite di Hoba (in inglese): The history of the Hoba Meteorite
parte 1, 2, 3
Coltivare l’orto fa bene alla salute del corpo e della mente e ci sono ormai vari studi scientifici a confermare qualcosa che chiunque abbia un orto o un giardino ha sempre saputo: se coltivi l’orti ti senti meglio.
Adesso c’è anche un nome all’uso del “pollice verde” con finalità di guarigione: ortoterapia. In realtà l’ortoterapia è una riscoperta, perché intorno al XVII secolo, i pazienti poveri che non potevano pagare le cure ospedaliere, si prendevano cura dei giardini delle strutture come forma di pagamento e i medici notavano con stupore che costoro guarivano più in fretta degli altri. In seguito, in Inghilterra, si riscoprì l’apporto dell’ortoterapia per aiutare i veterani a recuperare le capacità motorie e la stabilità mentale.
I benefici dell’ortoterapia
L’ortoterapia si è dimostrata efficace per migliorare le condizioni (e la qualità della vita) psico-corporee nei casi di varie disabilità, depressione, ansia, demenza, anoressia e astenia. Migliora la capacità di apprendimento, stimola la concentrazione, la logica e l’autostima.
E ancora: è un’attività fisica salutare, aumenta la produzione della vitamina D, conferisce soddisfazione personale, connette con la natura ed il ciclo delle stagioni, riducendo il senso di alienazione che i ritmi quotidiani della vita – e l’abuso dei social – tendono a generare.
L’agricoltura indica cos’è più e cos’è meno necessario. Essa guida razionalmente la vita. Bisogna toccare la terra.
—-Lev Tolstoj
Sul piano energetico, il contatto con la terra, aiuta a radicarsi, contrastando efficacemente le leve di paura impresse dal sistema attraverso la comunicazione di massa.
Ma non è tutto.
Coltivare l’orto ci induce a dare maggiore valore a quello che mangiamo, a riciclare i rifiuti organici prodotti in casa, a farci mangiare più sano. Ed è un atto profondamente rivoluzionario.
Coltivare l’orto sfida il sistema
Autoprodurre per quanto possibile il proprio cibo è un atto che sfida il sistema. Perché sfugge alla matrice di controllo, che ci impone la dipendenza da alimenti inquinati da pesticidi, conservanti e sostanze chimiche di ogni tipo, lontani dalla connessione fra territorio, prodotto e stagioni. È qualcosa che ci fa riscoprire – o scoprire per la prima volta – il “vero” sapore e aspetto che dovrebbero avere i prodotti della terra.
Coltivare un orto è un gesto di riappropriazione del proprio essere. Perché il cibo non è soltanto una forma di energia, ma anche e soprattutto una forma di potere che ogni individuo ha il diritto di rivendicare.
Negli USA è attivo un movimento denominato Propaganda Gardening che si propone proprio di risvegliare la coscienza politica attraverso il ritorno alla coltivazione dell’orto personale (o comunitario).
Uno degli attivisti più famosi è Ron Finley, che da anni trasforma i quartieri desolati di Los Angeles in orti di comunità e ha più volte rischiato l’arresto proprio per questo.
“Vivo in una prigione alimentare. È stata progettata nei minimi dettagli, come le carceri. Ma sono stanco di essere un detenuto. Così, mi sono detto, fatemi cambiare questo paradigma, fatemi coltivare il mio cibo. Posso farlo per scappare da questa vita predestinata cui sono stato abbonato contro la mia volontà.” – Ron Finley
Se volete essere rivoluzionari, quindi, trasformate il balcone, il terrazzo o il giardino in un orto e iniziate ad autoprodurre. Sarà come stampare i vostri soldi. E se ne avete la possibilità, osate ancora di più: adottate due galline. Aiuteranno l’equilibrio biodinamico dell’orto e produrranno uova “vere”, prive di sostanze chimiche trasmesse dai farmaci e dai mangimi somministrati al pollame e prive della tristezza derivante dalle condizioni di vita deplorevoli, innaturali e non salutari in cui sono allevate le galline.
Il Messico intende raggiungere la sovranità alimentare con l’aiuto dei piccoli coltivatori. Il piano si chiama “Cosechando Soberanía” (“Raccogliere Sovranità”) ed è parte del più vasto “Plan México”, un piano di sviluppo economico, equo e sostenibile con un budget complessivo di circa 277 miliardi di dollari e 2000 progetti. “Plan Mexico” ha come obiettivo di posizionare il Messico tra le prime 10 economie al mondo entro il 2030. “Cosechando Soberanía” è stato presentato il 4 aprile 2025 dal Capo dello Stato messicano, Claudia Sheinbaum.
Il programma “Cosechando Soberanía“, per raggiungere la sovranità alimentare, prevede una serie di interventi su più livelli. Finanziamenti agevolati a beneficio degli agricoltori, finanziamenti per supportare i lavoratori nel settore, assicurazioni agricole specifiche, fornitura di sementi e fertilizzanti di alta qualità, accesso a tecnologie agricole avanzate e assistenza tecnica, promozione della commercializzazione dei prodotti e creazione di un fondo per la distribuzione di sementi non OGM. Infine la proezione dei prodotti locali con etichettaure specfiche e tutela delle colture biologiche.
Il segretario dell’Agricoltura Julio Berdegué ha affermato che solo nel 2025 e per sostenere le condizioni di 300.000 lavoratori del settore.
L’obiettivo è ottenere, entro il 2030, un aumento di produzione del 17% per il mais bianco, del 64% per i fagioli, del 15% per il latte e del 103% per il riso.
Si tratta di un approccio innovativo, perché solitamente gli interventi governativi – a livello globale – attengono solo alle grandi imprese.
La cancel culture – cultura della cancellazione – è la nuova censura. La forma moderna di ostracismo e iconoclastia e un potente strumento di controllo.
Questo articolo è stato pubblicato su Nexus New Times n. 161 – agosto/settembre 2023
Le idee sono pericolose per chi detiene il potere. Possono ispirare rivoluzione, non conformità e modi alternativi di fare le cose.
Le cosiddette democrazie liberali occidentali sentono d’aver raggiunto un punto di crisi. La globalizzazione delle corporation che arricchisce i pochi, ha innescato un’opposizione di tipo nazionalistico da parte del pubblico di massa. Nella loro ricerca di ciò che il Pentagono chiama Full Spectrum Dominance, gli Stati Uniti si stanno confrontando con due potenze nucleari: la Russia e la Cina. La censura è diventata la risposta istintiva a tali problemi, culturali e politici. Nel 2018 Roya Ensafi, assistente professore presso la University of Michigan, ha sviluppato Censored Planet, un programma che traccia la soppressione online.
Il dottor Ensafi ha scoperto che negli ultimi anni anche Paesi “liberi” – come la Norvegia, ad esem- pio – hanno aumentato la censura online. Un articolo sull’argomento rileva che i Governi impongono leggi alle loro popolazioni in apparenza socialmente vantaggiose, come dare a se stessi e alle aziende il potere di vietare la pubblicazione di materiale pedopornografico.
Ma gli specialisti citati nel pezzo continuano a notare come una volta emanata la legislazione, altre “missioni” s’insinuano per consentire alla grande tecnologia di ‘uccidere digitalmente’ qualsiasi contenuto che il Governo e/o le lobbies disapprovino.
La cancel culture colpisce libri e scienziati
Oltre ai contenuti online un numero crescente di libri è vietato. Negli Stati Uniti – solo tra il 2021 e il 20225 – quasi 1.500 titoli sono stati vietati da scuole, biblioteche e università, in diversi distretti e Stati. Altri, come l’opera anti-razzista “Adventures of Huckelberry Finn” (1884) vengono vietati per proteggere le minoranze dal linguaggio razzista parlato dai personaggi. Altri ancora sono epurati dalla Destra che vede i tomi sui diritti dei trans come complotti per minare la moralità dei giovani americani. Anche i grandi rivenditori stanno sanzionando la letteratura.
Nel 2019, piegandosi alle pressioni dei media statali e corporativi, Amazon ha bandito i libri “Fight Autismand Win” (2012) e “Healing the Sintoms Known as Autism” (2013), i cui detrattori hanno accusato tali opere di danneggiare potenzialmente i bambini con terapie alternative. Anche gli accademici si trovano depotenziati dalle loro stesse istituzioni.
La National Association of Scholars (USA) conta 267 accademici, solo negli USA e in Canada, che sono stati licenziati, cui è stato negato un incarico e/o costretti al pensionamento anticipato. L’enorme numero di deplatforming ha portato dozzine di scrittori e accademici, tra cui Margaret Atwood (nata nel 1939) e Noam Chomsky (nato nel 1928), a firmare una lettera aperta nel 2020 sulla questione, pubblicata sulla testata Harper’s, che in parte recitava:
“Il libero scambio di informazioni e idee, linfa vitale di una società liberale, sta diventando quotidianamente più ristretto”.
La lettera conclude che la cancellazione riflessiva farà più male che bene.
Questo articolo esamina quindi “l’architettura della censura”: chi c’è dietro, chi ne trae vantaggio, come funziona e chi prende di mira.
Cancel culture: il nemico “sono tutti”
Uno dei tanti vantaggi di vivere in una società libera è che si possono esprimere opinioni senza alcun timore di ritorsioni. Le società libere offrono agli altri l’opportunità di rispondere. Le risposte possono includere rabbia, derisione o confutazione, ma entrambe le parti sono protette da minaccie quali violenza, cause legali o sabotaggi. Tale valore ideale, tuttavia, raramente funziona nella pratica. Parte del problema ha a che fare con la struttura del sistema informativo occidentale.
Nel 1997, il Comando Spaziale degli Stati Uniti ha impegnato i propri militari per raggiungere il “dominio dell’informazione” entro il 2020. Nel 2001 la National Aeronautics and Space Administration ospitò una presentazione diretta a rappresentanti militari e dell’Intelligence, in cui spiegò che nell’era “IT/Bio/Nano” gli obiettivi sono prevenire la “disgregazione della società” e che il nuovo nemico sono “tutti”.
Dopo l’11 settembre, che accadde successivamente in quello stesso anno, il Pentagono creò un Ufficio per la consapevolezza dell’informazione e un Programma associato noto come “Total Information Awareness”.
Google è un’emanazione dell’Intelligence USA
Google è un monopolio che detiene ben oltre l’80% del mercato globale dei motori di ricerca. Ma Google è un ramo dell’Intelligence militare statunitense. È stato sviluppato grazie ad un finanziamento iniziale da parte della National Science Foundation e del ramo di capitale di rischio della Central Intelligence Agency (CIA), In-QTel. I suoi dipendenti dispongono di numerosi modi per controllare le informazioni dei medianonmainstream. Nel 2017 la società impose un nuovo programma di ottimizzazione per i motori di ricerca, chiamato Fred, nel presunto tentativo di aiutare a contrastare le “fake news” (“notizie false”). E l’algoritmo attaccò numerosi websitescontro la guerra.
AlterNet, Antiwar.com, Common Dreams, CounterPunch, Democracy Now!, Global Research, Truth-out, il World Socialist Web Site (WSWS) e molti altri, notarono infatti un calo significativo del loro traffico16. Nella testimonianza resa al Congresso USA nel 2020, Il Ceo di Google Sundar Pichai (nato nel 1972) ha riconosciuto che la sua società aveva imposto “politiche di moderazione” al WSWS su “problemi di conformità” non dichiarati.
Google prende di mira anche la Destra con un programma chiamato Twiddler, che inserisce nella lista nera i termini di ricerca “possessori di armi d’America”, “aborto è sbagliato” e “devin kelly antifa”, riferendosi alla convinzione di alcuni che l’assassino Devin Patrick Kelley (1991-2017) – che uccise 26 persone nel 2017 – faceva parte di Antifascist Action. L’elenco di websites di Google che sono stati rimossi da Google News include Angry Patriot, Conservatism 101, il Conservative Post, Hangthebankers.com, Ilovemyfreedom.org, InfoWars, Patriot Journal, il sito web del defunto Rush Limbaugh (1951-2021), Rebel Media e molti altri. Questi siti sono stati “contrassegnati per aver spacciato bufale”. Il team di Google valuta i siti in base a ciò che chiamano Fringe Ranking/Classifier, che cerca di “classificare direttamente la qualità del canale”.
Il punteggio MSM è alto, ovviamente, poiché i siti alternativi sono classificati in basso. Anche prima del Covid-19 i cosiddetti termini o locuzioni “marginali” contrassegnati da Google includevano “chi ha sparato a JFK”, “prova che la terra è piatta”, “i vaccini causano l’autismo” e “il riscaldamento globale è reale” (sic). Google tratta gli utenti come bambini con una “penalty box” per i cosiddetti contenuti odiosi, mentre le sue categorie contenutistiche cosiddette “cospirazioni e notizie false” includono “Vaccini: la verità dietro le vaccinazioni”.
Nel 2006 Google acquistò YouTube. Nel 2008 l’azienda iniziò a monetizzare i contenuti. Quattro anni dopo YouTube iniziò a demonetizzare, presumibilmente per garantire la qualità agli inserzionisti. Tra il 2016 e il 2017, la demonetizzazione apparentemente arbitraria e parzialmente automatizzata di YouTube ha portato a un massiccio calo delle entrate pubblicitarie, descritto dai creatori di contenuti come “Adpocalypse”.
Nel 2019 uno dei creatori di contenuti più famosi, Alex Jones (nato nel 1974), è stato bandito dalla piattaforma in base alle linee guida dell’azienda sugli “individui pericolosi”, nonostante non avesse danneggiato o incitato a danneggiare nessuno. Durante un live streaming che analizzava il massacro di Christchurch di quell’anno, il giornalista neozelandese Vinny Eastwood scoprì che il suo video era stato cancellato durante lo streaming, in quello che sembrò essere uno dei primi casi di censura in tempo reale.
La politica sui “contenuti che incitano all’odio” di YouTube ha successivamente portato alla rimozione di 100.000 video e 17.000 canali.
Facebook ha conquistato oltre il 60% della quota di mercato globale dei social media. L’azienda è gestita da funzionari dell’Intelligence. Oggi, come ha confermato il Ceo Mark Zuckerberg (nato nel 1984), Facebook prende ordini su questioni di sicurezza nazionale dal Federal Bureau of Investigation (FBI) e da altre agenzie governative.
Il personale della policy sui contenuti di Facebook include: l’appaltatore della CIA, Hagan Barnett, l’ufficiale dell’esercito americano, Joey Chan, l’analista della CIA, Cameron Harris, il Direttore del progetto del Department of Defense (DoD), Sherif Kamal, l’ufficiale dell’Intelligence del DoD, Suzanna Morrow, l’investigatrice sulle minacce dell’FBI, Ellen Nixon, l’ufficiale dell’Intelligence dei Marines, Neil Potts, l’ufficiale dei bersagli della CIA, Scott Stern, l’analista senior della CIA, Mike Torrey, l’agente speciale di supervisione dell’FBI, Emily Vacher, e lo specialista di controspionaggio della CIA, Bryan Weisbard.
Nathaniel Gleicher, capo della sicurezza informatica di Facebook ed ex membro dello staff del National Security Council and Department of Justice, ha spiegato che la società identifica le minacce straniere attraverso la sua dottrina coordinata del comportamento non autentico (CIB – Coordinated Inauthentic Behavior).
Nel 2018, in base a tale dottrina, dozzine di account e post collegati a Iran e Russia sono stati chiusi29. Nel 2020, lo Human Rights Watch ha criticato Facebook per aver ceduto – sotto pressione sionista – nel vietare centinaia di post che mostravano la demolizione di case da parte di Israele nei territori occupati.
“Disordini dell’informazione” e “Infodemia”
Riferendosi loro come “infodemia”, i regimi occidentali temono che i cittadini formino i propri ecosistemi informativi e si allontanino dalle ‘prigioni propagandistiche’ in cui sono tenuti. Di conseguenza, stanno promuovendo progetti di “contro-disinformazione”. È abbastanza normale che istituzioni come la US Agency for International Development e la Westminster Foundation for Democracy prendano di mira le popolazioni straniere con la propaganda. Tuttavia, negli ultimi anni, è sorta un’industria artigianale di “verifica dei fatti” domestica.
Decine di fondazioni, istituti, società di media, think-tank e dipartimenti universitari fungono da ‘guardie carcerarie informative’. Esse hanno reso come loro missione quella di cercare e distruggere le narrazioni che si discostano dall’ortodossia sempre più ristretta.
Tra di queste troviamo: Australia’s Fact Check (gestito dal Royal Melbourne Institute of Technology-ABC) e il suo omonimo FactCheck (Australian Associated Press), Britain’s Reality Check (BBC), Full Fact (finanziato da Facebook e Google), e Logically (finanziato dai Governi di tutto il mondo), Disinformation Project della Nuova Zelanda (origine finanziamento non divulgato), FactCheck.Org degli Stati Uniti (Facebook e Google), PolitiFact (Poynter Institute), e Snopes (finanziato dalle entrate pubblicitarie) e il Centro ucraino per contrastare la disinformazione (finanziato dal Governo degli Stati Uniti). Molte di queste organizzazioni sono iscritte all’International Fact-Checking Network del Poynter Institute.
Considerate la storia del Poynter Institute: durante la Seconda guerra mondiale, l’Office of War Information (OWI) diffuse la propaganda statunitense. Fu co-fondata da Nelson Poynter (1903- 1978). Nel 1953 il presidente degli Stati UnitiDwight D. Eisenhower (1890-1969) autorizzò l’istituzione della US Information Agency (USIA), che sostituì l’OWI. L’USIA era uno sbocco di propaganda rivolto a Paesi stranieri per promuovere i valori statunitensi d’élite. Lo Smith-Mundt Act (1948) ha impedito che la propaganda venisse trasmessa a livello nazionale. Nel 1975 Poynter creò il Modern Media Institute per controllare le azioni della sua azienda chiamata St Petersburg Times (Florida, USA). Oggi il giornale si chiama Tampa Bay Times e l’Istituto si chiama Poynter Institute.
Il Poynter Institute è ora finanziato da fondazioni istituite da grandi aziende tra cui il Charles Koch Institute (grande player petrolifero), Gannett (il gigante dei media che possiede centinaia di pubblicazioni tra i media statunitensi locali) e il Washington Post (acquistato dal centimiliardario Jeff Bezos (nato nel 1964)). Il raggio d’azione contro la disinformazione di Poynter, come lo chiamano, si estende a Brasile, Francia, Spagna e Turchia, attraverso il suo programma globale chiamato MediaWise International.
Alcune organizzazioni sono abbastanza aperte riguardo al loro status di guardiani della classe dirigente. NewsGuard è un’app per smartphone che allontana i consumatori da fonti che i suoi redattori considerano inaffidabili. Il consiglio di amministrazione e i consulenti di NewsGuard includono Don Baer (nato nel 1954), ex direttore della comunicazione della Casa Bianca sotto Bill Clinton (presidente dal 1993 al 2001), ed Elise Jordan (nata nel 1982), ex autrice di discorsi per il Segretario di Stato Condoleezza Rice (nata nel 1954), di George Bush (presidente dal 2001 al 2009). Il team di NewsGuard contatta i proprietari e gli editori di un website per chiedere informazioni sulle loro fonti di finanziamento.
Max Blumenthal (nato nel 1977), fondatore ed editore di The Grey Zone, ha risposto che il suo giornale non avrebbe “strisciato per l’approvazione”, perché i partner di NewsGuard sono “alcuni dei più noti fornitori di violenza di Stato e propaganda imperialista del pianeta”.
Cancel culture: avere dubbi sui vaccini significa aggredire la scienza
L’effetto che i “controllori di fatti” e gli “specialisti della disinformazione” hanno sulla società di solito consiste in media statali-corporativi che amplificano i loro messaggi contro ‘obiettivi bersaglio’. Negli ultimi anni il mandato di ‘verificatori di fatti autoproclamati’ ha oltrepassato i confini, mescolando l’odio razziale con le risposte sulla salute pubblica. Ad esempio, i media statali e corporativi spesso si concentrano sul presunto nesso tra la politica di estrema destra e lo scetticismo sui “vaccini”.
Il vaccinologo e divulgatore scientifico, il dott. Peter Hotez (nato nel 1958), afferma che lo scetticismo nei confronti delle iniezioni equivale a “aggressione anti-scienza”, che secondo lui ha ucciso 10 volte più americani del terrorismo. A un anno dall’inizio della pandemia da Covid-19, il Centre for Countering Digital Hate con sede nel Regno Unito, ha pubblicato un rapporto su quella che ha definito la “dozzina della disinformazione”, il che suggerisce che i ‘verificatori di fatti’ non possono/sanno nemmeno contare, poiché nel documento erano invece nominate 13 persone. I ricercatori affermano che il 65% delle condivisioni/impegni sui social media della cosiddetta ‘disinformazione sui vaccini’ potrebbe essere ricondotto alle dichiarazioni e ai post delle persone citate nel rapporto.
Quindi, in che modo ciò costituisce censura? Gli account di alcuni trasgressori sono stati rimossi o sospesi, come nel caso che ha fatto eco della National Public Radio (NPR): “Dopo la segnalazione di NPR, Facebook ha affermato di aver intrapreso ulteriori azioni contro alcune delle figure identificate”. Proprio come le persone hanno disturbi mentali, la dottoressa Kate Hannah del New Zealand’s Disinformation Project ritiene che le società debbano essere curate da ciò che lei e colleghi chiamano “disordini dell’informazione”. Il Center for Countering Digital Hate ha utilizzato i MSM (media mainstream) per nominare e svergognare Facebook nel vietare la “disinformazione della dozzina”. Allo stesso modo, il Disinformation Project ha collaborato con il gigante dei media neozelandese, Stuff, per nominare e svergognare il rivenditore Whitcoulls nel bandire la rivista australiana New Dawn dai suoi scaffali. La pubblicazione è una delle poche riviste cartacee rimaste che mette in discussione le narrazioni prevalenti.
Gli esperti di controdisinformazione diffondono disinformazione e inventano fake news.
Hanno falsamente affermato che l’articolo incriminato di New Dawn (scritto da me) contenga istruzioni su come trovare il video del massacro di Christchurch del 2019, azione che è vietata dalla legge neozelandese. Altri organi di stampa, tra cui NewstalkZB, hanno citato dichiarazioni fasulle di Stuff. Gli autoproclamati esperti di disinformazione hanno usato una combinazione di vergogna e “legislazione” (legislazione sulle armi) per intimidire i lettori allontanandoli dalla rivista. Dall’altro lato dello spettro politico, l’ex consigliere elettorale del presidente degli Stati UnitiDonald Trump (presidente dal 2017 al 2021) Roger Stone (nato nel 1952), ha diffuso notizie false sulla situazione, sostenendo che l’allora premier della Nuova Zelanda Jacinda Ardern (partito laburista, 2017-23) avesse personalmente bandito la rivista.
“Terroristi dell’informazione”: minacciare e demonizzare
Il Lawfare è un altro metodo di censura. Gli esempi includono l’FBI anti-Trump che effettua una serie di irruzioni e arresti, tra cui quello di Roger Stone (trasmesso in diretta dalla CNN) e il fondatore di Destra del Project Veritas, James O’Keefe (nato nel 1984). A volte vengono lanciate minacce dirette. Nel 2008, la moglie di Tom Feeley, il fondatore del website contro la guerra Information Clearing House (ICH), trovò tre uomini nella loro casa, che ‘avvisarono’ Feeley d’interrompere le sue attività online. Egli ignorò la minaccia e ha continuato a pubblicare ICH fino a quando è stato colpito da un ictus nel 2016.
Il co-fondatore di WikiLeaks, Julian Assange (nato nel 1971), è stato ed è ancora oggi incarcerato a tempo indeterminato senza accusa formale, in un apparente tentativo d’avvertire gli ‘informatori’ di non andare dai giornalisti e i giornalisti/editori di non pubblicare fughe di notizie. In altri casi, come quelli di Gary Webb (1955-2004) che si sarebbe suicidato sparandosi due volte alla testa, le agenzie di Intelligence eliminano fisicamente i loro nemici. Il Lawfare viene utilizzato anche contro presunti avversari stranieri.
L’American Herald Tribune (AHT) era un sito web di notizie e analisi fondato dall’accademico canadese, il professor Anthony Hall della University of Lethbridge. (Hall è stato costretto al ritiro dalla lobby sionista). I suoi post su Facebook sono stati eliminati come parte della suddetta dottrina CIB di Facebook, durante la quale Facebook ha lavorato con una società privata di “sicurezza informatica” statunitense chiamata FireEye (ora Trellix). Ricordiamo che i messaggi dei cosiddetti “fact-checker” sono amplificati dai media Stato-corporativi, portando alla deplatforming degli obiettivi.
Nel 2020 la CNN ha citato le accuse di FireEye secondo cui AHT era in realtà una copertura per il regime iraniano. Affermando che AHT faceva anche parte di una più grande rete gestita da stranieri, chiamata Liberty Front Press, l’FBI ha citato queste cosiddette ‘prove’ per ottenere un mandato di sequestro. Nello stesso anno, il dominio web dell’AHT fu sequestrato dal Bureau e dal Department of Justice. Gli Stati Uniti sono fondamentalmente in guerra con la Russia, usando l’Ucraina come conflitto “proxy”.
La cancel culture è tolleranza zero verso il dissenso
La grande tecnologia si comporta perciò essenzialmente in condizioni di guerra, con tolleranza zero per il dissenso. Abbiamo infatti visto come YouTube, di proprietà di Google, abbia arbitrariamente demonetizzato i creatori di contenuti, e come Google sia stata finanziata dalla CIA. PayPal è stata co-fondata da Peter Thiel (nato nel 1967) nel 1998. Nel 2003, Thiel ha co-fondato la società di data mining e analisi Palantir, che da allora ha ottenuto contratti militari per oltre 1 miliardo di dollari. Nel 2022 due pubblicazioni contro la guerra, Mint Press e Consortium News, hanno avuto i loro beni congelati da PayPal e gli è stato vietato l’uso della piattaforma.
Gli alleati degli Stati Uniti stanno minacciando giornalisti e accademici americani – e non americani – nel tentativo di dare l’esempio e spaventare molti altri fino a ridurli al silenzio. Gli Stati Uniti finanziano il Center for Countering Disinformation (CCD) dell’esercito ucraino. Nel 2022 il CCD ha pubblicato un elenco del tutto arbitrario di 94 politici occidentali, ex personale dell’Intelligence e militare, celebrità, giornalisti e accademici, che accusano di essere “terroristi dell’informazione” nella loro guerra contro la Russia.
Un’accusa che potrebbe portare le persone elencate ad essere processate per crimini di guerra in Ucraina. Grandi nomi includono l’ex-CIARay McGovern (nato nel 1939), l’ex marine statunitense Scott Ritter (nato nel 1961), la rockstarRoger Waters (nato nel 1943), l’attore Steven Seagal (nato nel 1952), l’accademico John Mearsheimer (nato nel 1947) e, ehm… il sottoscritto. (Non ho un profilo e ho scritto a malapena sull’Ucraina – meno un capitolo nel mio libro Britain’s Secret Wars e alcuni articoli per The GrayZone – il che fa sembrare il CCD piuttosto disperato per fiutare il minuscolo numero di attivisti e analisti occidentali contro la guerra).
Anche la rock star Roger Waters vittima della cancel culture
Le élite occidentali stanno comunque impedendo al loro pubblico di ricevere la propaganda della Russia. La Gran Bretagna e l’Unione Europea hanno vietato a RT (ex Russia Today) di trasmettere. Tuttavia, il pubblico poteva guardare i live streaming su Rumble.com tranne che in Francia: il Governo francese si è appoggiato a Rumble per interrompere lo streaming di RT. Rumble ha risposto ritirando l’intero contenuto dalla Francia.
Cancel culture: come gli USA aggirano il primo emendamento
La libertà di parola e la libertà di stampa sono protette negli Stati Uniti, in una certa misura, dal Primo emendamento alla Costituzione. È quindi più difficile vietare i media stranieri negli Stati Uniti che in altri Paesi. Tuttavia, gli USA sono una società insolitamente orientata al business, quindi la scappatoia è che il Governo può appoggiarsi alle società per vietare e limitare i contenuti dei media.
Dopo che la Russia ha invaso l’Ucraina, i principali distributori televisivi statunitensi, tra cui Apple TV, DirecTV, Dish Network e Roku, hanno annunciato che non avrebbero più distribuito RT America. Ciò ha portato al collasso finanziario dell’azienda e ha ridotto notevolmente la produzione e la qualità. (Dopo avermi ignorato per anni, con alcune eccezioni, RT mi ha poi contattato via e-mail per chiedermi di apparire nel loro programma ridotto, poiché le persone più apprezzate si erano allontanate. Ho rifiutato, pensando a Mr Burns a Homer in The Simpsons: “Allora, torni indietro strisciando, eh?”.)
Cancel culture: vergogna e “teorici della cospirazione”
I liberali denunciano giustamente la pratica dell’“alterazione”. Vale a dire, discriminare individui LGBTQ +, disabili, non bianchi e altre minoranze, sulla base delle differenze percepite. Tuttavia, i liberali sono invece abbastanza contenti di “altri” cosiddetti teorici della cospirazione. E hanno inventato un insulto senza senso con cui attaccare le persone che la pensano diversamente. “Teorico della cospirazione” è stato a lungo un termine offensivo, ma ora si sta trasformando in una nuova categoria di nemico politico.
I cosiddetti “teorici della cospirazione” vengono nominati e svergognati sulla pubblica piazza. Il ricercatore e documentarista indipendente, Richard D. Hall, è stato recentemente oggetto di un episodio di 30 minuti della BBC Panorama che ha tentato di diffamare Hall come un uomo le cui indagini sull’attentato alla Manchester Arena nel 2017 stavano traumatizzando psicologicamente i presunti sopravvissuti.
Allo stesso modo, due accademici britannici – i dottori Piers Robinson (nato nel 1970) e Tim Hayward (nato nel 1955) – sono stati diffamati sulla prima pagina del Times nel 2018, come “apologeti” del regime siriano di Bashar al-Assad (nato nel 1965), perché le loro pubblicazioni avevano messo in dubbio la narrazione ufficiale filo-occidentale della guerra per procura contro la Siria. Lo scopo è far vergo- gnare Hall et al. Fino a farlo chiudere e fare pressione sulle università affinché licenzino o ritirino gli accademici che si rifiutano di seguire la linea ufficiale.
Cancel culture: qualche respingimento
C’è però qualche respingimento contro la cultura dell’annullamento. Nel mondo accademico, la National Association of Scholars (USA) e la Free Speech Union (Regno Unito) stanno venendo in aiuto degli accademici “cancellati”. Stanno spuntando nuove piattaforme di social media e host di video come Gab e BitChute, ma il problema è che diventano “camere eco” di Destra perché la Destra ora si atteggia a salvatrice della libertà di parola. Inoltre, queste e altre piattaforme, sono gestite dai giganti della tecnologia che possono chiuderle e declassare i risultati di ricerca.
La soluzione vera, quindi, richiederebbe uno sforzo coordinato da parte di coloro che sono stati “cancellati”.
Di T.J. Coles
TJ Coles è un ricercatore post-dottorato presso il Cognition Institute della Plymouth University e autore di diversi libri, tra cui The War on You e Manufacturing Terrorism. I suoi precedenti contributi a NEXUS New Times includono articoli sui bunker del giorno del giudizio, gruppi satanici e occulti, armi a impulsi elettromagnetici, alchimia hi-tech, Intelligenza Artificiale che gestisce Internet, armi soniche, pericoli nanotecnologici, macchine per il voto e brogli elettorali, robowarriors, élite e agenzie di Intelligence,traffico di bambini per ricatto, guerra personalizzata e false flags.
L’evoluzione di Darwin sparisce dalle scuole elementari
Il Premier indiano Narendra Modi ha rimosso i riferimenti alla teoria dell’evoluzione di Darwin da alcuni libri di testo scolastici, in particolare quelli usati nelle lezioni di scienze per la nona e decima classe elementare nelle scuole pubbliche indiane.
Charles Darwin
La decisione è stata annunciata dal National Council of Educational Research and Training (NCERT), un’organizzazione governativa incaricata di scegliere i libri di testo e definire i programmi di studio per i 256 milioni di studenti indiani.
Per l’anno scolastico 2021-22, le domande sull’evoluzione sono state rimosse dagli esami della nona e decima elementare in India, sebbene l’argomento fosse ancora insegnato.
Ma ora l’evoluzione è stata ufficialmente cancellata dai libri di testo scientifici che leggono gli studenti di queste classi, inserendola nell’elenco degli argomenti proibiti.
I gruppi indù stanno promuovendo una teoria alternativa dell’evoluzione, che vede le varie forme di vita animale e umana come avatar, o incarnazioni viventi, del dio creatore indù Vishnu.
In questa teoria vi sono dieci avatar di Vishnu che si sono manifestati sulla Terra in generale, rappresentando diversi gruppi di forme di vita e collettivamente sono conosciuti come Dashavatara nelle scritture indù. Gli avatar sono apparsi sulla Terra in diverse fasi, con ogni serie successiva di forme di vita che hanno creato essendo più complesse di quelle precedenti, ricreando essenzialmente i passaggi della teoria evolutiva tradizionale.
(Fonte: Ancient-Origins.net, https://tinyurl.com/2mfawf8c)
Nexus New Times n. 161, agosto- settembre 2023
Una serie di scoperte sulla struttura interna della Terra ce ne svelano alcuni misteri e aprono nuovi interrogativi.
Una quantità di acqua pari a tre volte quella presente in superficie si trova a 600 km di profondità, nel cuore del nostro pianeta.
L’acqua nelle profondità del pianeta è presente in forma di ioni idrossido (un atomo di ossigeno e uno di idrogeno) intrappolati in uno strato di ringwoodite. Ma poiché a quelle temperature e pressioni la ringwoodite è in grado di restituire tale riserva in forma liquida, nella zona sottostante ci potrebbe essere un immenso oceano vero e proprio.
La ringwoodite: una spugna che intrappola acqua
La ringwoodite, è un minerale di un intenso colore blu, scoperto nel 1969 in campioni del “meteorite di Tenham”, caduto nel 1879 vicino a South Gregory nello stato australiano del Queensland, un meteorite che fin da subito si rivelò di estremo interesse geologico, mostrando tracce evidenti dell’azione di pressioni straordinarie e costituendo quindi una “finestra” su quanto può avvenire nelle profondità interne di un pianeta.
Microfotografia scattata all’Università delle Hawaii, di un cristallo di ringwoodite coltivato a Bayreuth, in Germania. Foto di Jasperox
Il minerale prende il nome dal geologo Australiano Alfred Ringwood, che per primo teorizzò la possibilità che alcune variazioni nella velocità delle onde sismiche nel mantello fossero causate proprio dalla presenza di ringwoodite.
La ringwoodite rivelò la caratteristica di intrappolare l’acqua in forma di ioni idrossido (un atomo di ossigeno e uno di idrogeno) all’interno del suo reticolo cristallino. Proprietà confermata da campioni prodotti in laboratorio. Nelle meteoriti rocciose (condriti), il minerale si forma proprio per metamorfismo ad onda d’urto quando il materiale è fortemente compresso durante l’impatto ed esposto ad alte pressioni e temperature.
Gli scienziati ipotizzarono subito che grandi quantità di ringwoodite – e quindi di “acqua” – potessero essere presenti nel mantello terrestre, ma non avevano modo di validare la teoria, anche perché l’osservazione diretta di un campione terrestre naturale era impossibile, a motivo che non ne erano stati mai rinvenuti e che al calare della pressione la ringwoodite torna alla condizione di olivina, a meno che il cambio di pressione non avvenga in modo molto rapido, come nel caso di un’eruzione vulcanica. Occorreva, quindi, trovare un campione espulso dalle profondità della terra in quel modo specifico.
Il colpo di fortuna
Poi è arrivato il colpo di fortuna: nel 2008 è stato rinvenuto in Brasile un diamante con inclusioni di ringwoodite che provenivano dalle profondità del nostro pianeta, portate in superficie proprio da un’eruzione vulcanica, nello specifico da un camino kimberlitico, una struttura in grado di far emergere materiale dal profondo del mantello terrestre, dove le pressioni sono abbastanza alte da poter formare diamanti.
Il diamante utilizzato da Pearson e colleghi per rivelare la presenza di acqua nel minerale ringwoodite (foto di Richard Siemens, University of Alberta)
Gli scienziati se ne accorgono nel 2018, ed esaminando quelle inclusioni, riscontrano la presenza di ioni idrossido, conseguenza della scissione subita dalle molecole d’acqua a causa della pressione enorme e di temperature attorno ai mille gradi, che è la temperatura stimata per la zona di confine fra mantello inferiore e mantello superiore, intorno ai 600 km di profondità.
La scoperta si inserisce in 50 anni di studi da parte di geofisici, sismologi e altri scienziati che hanno cercato di capire la composizione dell’interno della Terra. In particolare ha contiguità con una precedente di qualche anno.
Nel 2014, mediante lo studio delle onde sismiche di 500 terremoti rilevate da 2000 sismografi, un gruppo di ricercatori guidati da Steven Jacobsen della Northwestern University in Evanston aveva determinato la presenza di uno strato di ringwoodite contenente acqua imprigionata a 600 km di profondità in Nord America, teorizzando che tale presenza non fosse limitata solo a quella zona.
Quindi la sua squadra ricreò della ringwoodite in laboratorio e la espose a pressioni e temperature simili a quelle del mantello, scoprendo che in quelle condizioni il minerale restituiva acqua in forma liquida. La deduzione fu che lo strato di quel minerale nella zona di transizione del mantello è in grado di restituire acqua in forma liquida (la quale è probabilmente presente al di sotto dello strato stesso).
La stima del quantitativo di “acqua” potenzialmente presente nel sottosuolo, dentro e sotto la ringwoodite, è di circa un miliardo di miliardi di tonnellate: 3 volte quella di tutti gli oceani della superficie.
Un oceano d’acqua nel cuore del pianeta
Questa nuova scoperta supporta l’idea che una grande quantità di acqua attualmente presente sulla superficie potrebbe provenire dalla degassazione vulcanica dall’interno. «Uno dei motivi per cui la Terra è un pianeta così dinamico è a causa della presenza di un po’ d’acqua al suo interno. L’acqua cambia tutto nel modo in cui funziona un pianeta», ha concluso il professor Pearson.
L’interno del pianeta Terra è ancora misterioso
Le nuove evidenze ci inducono anche all’umiltà, perché fondamentalmente ci dicono che sappiamo ancora poco del nostro pianeta.
Un nucleo discontinuo
Ad esempio nel 2021 i risultati di una ricerca guidata da Rhett Butler, geofisico presso la School of Ocean and Earth Science and Technology (SOEST) dell’Università delle Hawaii a Mānoa, hanno stravolto le nozioni precedenti circa la struttura interna della Terra, che teorizzavano l’esistenza di un nucleo solido di lega di ferro, circondato da uno strato liquido. Dalle loro analisi – effettuate misurando le onde sismiche – emerse infatti che il nucleo del pianeta è composto in modo discontinuo da sacche solide, semisolide e liquide di metallo.
Un nucleo nel nucleo
Più recente è la scoperta dell’esistenza di un nucleo più interno all’interno del nucleo della Terra, cosa che potrebbe indicare due eventi di raffreddamento separati nella storia del pianeta, “Abbiamo trovato prove che potrebbero indicare due eventi di raffreddamento separati nella storia della Terra”, afferma Stephenson, ipotizzando che tale stratificazione risalga a quando il pianeta era giovane. La ricerca suggerisce che i cristalli di ferro del nucleo interno abbiano allineamenti diversi, riflettendo possibili cambiamenti geologici significativi avvenuti in epoche remote.
A conclusioni analoche è giunto anche lo studio realizzato da Thanh-Son Pham e Hrvoje Tkalčić, entrambi dell’Università Nazionale Australiana a Canberra.
Un nucleo che rallenta
La pubblicazione di questo nuovo lavoro arriva meno di un mese dopo dalla diffusione dello studio scientifico di un team di ricercatori cinesi che ha rilevato un rallentamento nella rotazione del nucleo interno del pianeta e un possibile cambio di senso rispetto alla superficie.
e cambia forma
E ancora più recente lo studio che documenta come il nucleo interno del pianeta è una struttura dinamica, infatti l’analisi delle onde sismiche dal 2004 in poi rileva risposte diverse. “Per la prima volta stiamo vedendo che si sta deformando”, dice John Vidale, sismologo dell’Università della California del Sud a Los Angeles, che insieme ai suoi colleghi ha pubblicato la scoperta su Nature Geoscience. Il nucleo, dunque, cambia forma e velocità di rotazione, con influenze sul campo magnetico terrestre tutte da scoprire. E un altro studio ancora, che rileva una struttura “a ciambella” nella parte superiore del mantello esterno, composta da elementi leggeri, che potrebbe avere un ruolo chiave nel conoscere le dinamiche del campo elettromagnetico.
Dunque, laggiù, nel cuore del pianeta, le cose non sono come pensiamo che siano.
Implicazioni
Tornando all’esistenza di un oceano nascosto a centinaia di chilometri sotto la superficie, questa informazione potrebbe fornire nuove spiegazioni per comprendere il ciclo dell’acqua, che probabilmente è più complesso di quello che crediamo, e i fenomeni geologici come i movimenti tettonici o le eruzioni vulcaniche. L’acqua presente nella ringwoodite potrebbe in qualche modo lubrificare le placche tettoniche e influenzare le dinamiche interne del pianeta. La scoperta ha anche implicazioni sulle teorie dell’origine dell’acqua sulla Terra, forse non è venuta dallo spazio ma era parte integrante del pianeta, fin dalla sua formazione.
Forse, alla luce di tutte queste ricerche, è da rileggere con più attenzione l’interpretazione di Sitchin del mito mesopotamico di Tiāmat come pianeta primordiale di immensi oceani, che collidendo con due satelliti di Nibiru – uno dei quali è rimasto intrappolato al suo interno – diede origine alla Terra (e alla fascia degli asteroidi).
Gli indizi sono più di uno: la presenza di acqua sulla Luna e nella profondità della Terra, il fatto che il nucleo del nostro pianeta sia più “giovane” e diverso dal resto della struttura e infine che esista un secondo nucleo ancora più interno…
Riportato in vita l’enocione? No, ma è qualcosa di simile.
La Colossal Biosciences ha annunciato di aver riportato in vita l’enocione (reso famoso come Metalupo da G.R.R.Martin), estinto da 10.000 anni. È proprio così?
Non esattamente.
“Il metalupo è tornato” ha recentemente annunciato la Colossal Biosciences, una società biotecnologica con sede a Dallas, che ha presentato al mondo Romolo e Remo (attualmente di 6 mesi) e Khaleesi (di due mesi), cuccioli ottenuti con clonazione ed editing genetico a partire da DNA di enocione.
Romolo e Remo, due dei tre esemplari di ibrido fra lupo grigio e enocione foto della Colossal BiosciencesIl cucciolo femmina Khaleesi foto della Colossal Biosciences
Gli enocioni, resi famosi come “metalupi” da “Il Trono di spade”, sono canidi lupini preistorici che si sono estinti circa 10.000 anni fa. Hanno antenati in comune con i lupi ma poi, ad un certo punto, qualche milione di anni fa, hanno seguito una diversa linea evolutiva diventando parenti più prossimi agli sciacalli africani che ai lupi, pur mantenendo un patrimonio genetico simile.
un lupo grigio
Un enocione somigliava in dimensioni e aspetto ad un grosso lupo grigio, ma con denti più grandi, aspetto più imponente e manto bianco. Dai resti fossili rinvenuti, l’esemplare più grande scoperto potrebbe aver raggiunto il peso di 110 kg. Siamo ben lontani, quindi, dai metalupi immaginati da George R.R. Martin, le cui dimensioni eguagliano quelle dei cavalli. I tentativi di estrarre DNA dai resti fossili hanno avuto successo solo a partire dal 2021.
“Il nostro team ha prelevato il DNA da un dente di 13.000 anni e da un cranio di 72.000 anni e ha creato dei cuccioli di enocione sani” ha dichiarato l’amministratore delegato della Colossal, Ben Lamm.
Romolo da cucciolo, foto della Colossal Biosciences
Gli scienziati hanno analizzato il genoma dell’enocione contenuto nel dente e nel cranio antichi, lo hanno confrontato con quello del lupo grigio e hanno identificato 20 differenze in 14 geni, responsabili dei tratti distintivi significativi, quali dimensioni maggiori, manto bianco, testa più larga, denti più grandi, spalle più robuste, zampe più muscolose e vocalizzazioni caratteristiche. Successivamente, hanno prelevato cellule progenitrici endoteliali (CPE), che formano il rivestimento dei vasi sanguigni, dal flusso sanguigno di lupi grigi viventi e hanno modificato i 14 geni per esprimere quei 20 tratti dell’enocione. Quindi hanno creato embrioni dalle cellule di lupo grigio modificate, li hanno impiantati in madri surrogate canine e hanno aspettato che partorissero.
Remo da cucciolo, foto della Colossal Biosciences
Il risultato è tre lupi sani – due maschi di 6 mesi e una femmina di 2 mesi, chiamati Romolo, Remo e Khaleesi – che presentano alcuni tratti degli enocioni.
La Colossal, che a gennaio era valutata 10 miliardi di dollari, sta allevando i lupi in una struttura privata di 2.000 acri in una località non rivelata negli Stati Uniti settentrionali.
Beth Shapiro, chief scientific officer di Colossal, ha descritto i cuccioli di lupo come il primo caso riuscito di de-estinzione. “Stiamo creando copie funzionali di qualcosa che era vivo”, ha detto in un’intervista.
In realtà non si tratta esattamente di riportare in vita una specie estinta, come la notizia è stata sapientemente annunciata e divulgata, ma della creazione di un animale visivamente molto simile a quello originario ma con un corredo genetico ibrido prevalentemente derivato dalla specie vivente più prossima, con alcuni innesti di quella estinta.
La principessa rossa della via della seta aveva i denti dipinti di rosso con il cinabro
Ricostruzione di fantasia della Principessa Rossa
L’hanno soprannominata principessa rossa della Via della Seta. Si tratta di una giovane donna (20-25 anni) vissuta in Cina e sepolta fra il III ed il I secolo a.C. nella tomba M11 della necropoli di Shengjindian (regione Xinjiang), famosa tra gli appassionati del mistero, per le celebri mummie di Tarim.
Le mummie di Tarim, che appartengono a diverse epoche, presentano capelli biondi o rossi e tratti somatici caucasoidi, dimostrando l’esistenza di comunità non asiatiche nella zona fin dal secondo millennio a.C.. Analisi del DNA hanno confermato la loro stretta parentela genetica gli antichi eurasiatici settentrionali (vissuti 14.000 anni prima)
La giovane principessa rossa apparteneva alla cultura Subeshi, la stessa delle più recenti delle mummie di Tarim. Si tratta di una cultura con molte somiglianze con gli Sciti (i nomadi iranici presenti nella steppa eurasiatica dal XIX secolo a.C. fino al IV d.C.). Non è stata ritrovata in stato di mummificazione ma in condizione di scheletro e la sua sepoltura era già stata saccheggiata al momento della scoperta. Tuttavia presenta un dettaglio molto importante: i denti colorati di rosso.
Il cranio della Principessa Rossa. You et al., Archaeol. Anthropol. Sci., 2025Dettaglio dei denti della Principessa Rossa. You et al., Archaeol. Anthropol. Sci., 2025
È di recente pubblicazione su Archaeological and Anthropological Sciences lo studio del pigmento usato sui denti. L’analisi tramite spettroscopia Raman, fluorescenza a raggi X e spettroscopia infrarossa a trasformata di Fourier ha rivelato che si tratta di cinabro, fissato ai denti con un legante proteico. Questo è il primo caso al mondo documentato di utilizzo di cinabro come pigmento rosso per la colorazione dei denti nell’antichità.
Il cinabro
Il cinabro o cinnabrite o cinnabarite è un minerale dall’aspetto rossiccio costituito da solfuro di mercurio. Noto ai Greci (greco antico κιννάβαρι, cfr. latino cinnàbaris) è usato fin dal neolitico per produrre pitture rosse. Dal Cinabro si estrae il mercurio e questa caratteristica lo ha reso fondamentale nell’alchimia cinese, dove è la materia prima della pietra filosofale. In Cina, l’impiego del cinabro è documentato da oltre 8500 anni, con un’ampia gamma di applicazioni (ceramica, tessuti, cosmetici, medicina). Dato il suo contenuto in mercurio, è tossico per l’uomo e l’ambiente.
La tomba della principessa rossa
Sebbene saccheggiata, la tomba M11 conteneva oggetti funerari come manufatti in legno, ceramica, ossa, pelle, oro e altri materiali, indicando un insediamento con pratiche pastorali e agricole. La cultura Subeshi, associata a quella Gushi, praticava lo sciamanesimo e possedeva avanzate tecniche chirurgiche. La presenza di cinabro sui denti della giovane donna, suggerisce l’esistenza di scambi culturali e commerciali lungo la Via della Seta, dato che la zona non produce cinabro.
I denti rossi
Dunque la principessa rossa aveva i denti dipinti intenzionalmente (le analisi hanno rilevato la presenza di un fissante) con una sostanza biotossica fortemente legata a riti religiosi e allo sciamanesimo, suggerisce un significato rituale e culturale che resta speculativo. Il cinabro ha proprietà allucinogene, il colore rosso era legato all’immortalità e nella cultura sciamanica l’anima risiede nei denti, tutti elementi che potrebbero aver avuto un ruolo. Il fatto che il minerale non sia presente in zona signifia anche che la principessa rossa era un personaggio importante, che poteva “permettersi” di utilizzare qualcosa di raro e prezioso che proveniva da intensi scambi commerciali lungo la via della seta (come confermano i manufatti trovati nella tomba).
Fonte: You, S., Ren, M., Sun, L. et al. Red princess of the Silk Road – the first-and-only known case of cinnabar-stained teeth in antiquity from the Iron Age Western Regions (202BCE − 8CE). Archaeol Anthropol Sci17, 69 (2025). https://doi.org/10.1007/s12520-025-02188-5