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Il caso Eolo si tinge di giallo di G.F.

ROMA, 18
aprile 2004

EOLO,
AUTO AD ARIA COMPRESSA




Nel 2001 per la prima
volta scrivevamo
così di
quest’auto:
E SE PER MUOVERCI IN
CITTA’ BASTASSE SOLO UN
POCO D’ARIA?

L’idea
nasce in Francia e potrebbe
rivoluzionare il mondo dell’automobile.

EOLO
è una macchina che al di fuori sembra una
delle tante monovolume che

girano
nelle nostre città, ma
all’interno nasconde una grande innovazione.
L’automobile cammina grazie a delle
bombole di aria compressa che
alimentano un motore MDI ( Motor
Development International ) di 567cc da
25 CV. Il
motore non funziona a combustione
ma
semplicemente grazie alla
espansione dell’aria compressa.

La ricarica dell’aria avviene in 4
ore
tramite un compressore elettrico
montato a bordo del veicolo; la
stessa
operazione potrà eseguirsi in
stazioni di servizio dove
avverrà in
soli 3 minuti. L’unico consumo sarà
quello di energia elettrica (corrente
a
220 V).

Il costo del pieno si aggirerà
intorno
alle 3000 lire.

La velocità massima è
di 110 km/h più
che sufficiente per il circuito
urbano.
L’autonomia è di circa 200 km
o 10 ore
di funzionamento ininterrotto.

Le dimensioni della vettura sono :
– lunghezza : 3,84 m;
– larghezza : 1,72 m;
– altezza : 1,75 m.


Molti
saranno i modelli e tutti avranno
l’aria condizionata di serie

sfruttando
quella che fuoriuscirà dal
tubo di scappamento a -30°. L’unica

emissione
allo scarico sarà infatti
aria.

La
vettura entrerà in produzione verso
la fine del 2001 inizi 2002 presso

lo
stabilimento francese di Nizza.


In
Italia dovrebbe essere realizzata una
fabbrica nella provincia di
Rieti.

La
commercializzazione inizierà nel
giugno 2002 con prezzi dai 18 ai 20

milioni
e con probabili incentivi, se i
test ambientali daranno esito

positivo,
da parte dei governi europei.


Non
avendo provato la vettura non
possiamo essere sicuri del suo perfetto

funzionamento
e della sua affidabilità
nel tempo. Aspettiamo che la

vettura
entri finalmente in produzione,
sia testata anche a "fatica" e sia

commercializzata
per dare un giudizio
definitivo.




Nel febbraio 2003 al Salone di Parigi,
incontrammo colui che ha progettato


questo veicolo: il francese Guy Negre.
Era anche l’unico che ci potesse


dare qualche informazione utile sul
progetto.




Niente non c’è stato modo di
saperne di
più. Gentilmente riusciva ad


evitare le nostre domande. Dopo tanta
fatica siamo riusciti solo a farci


dire che la sperimentazione stava
continuando ad avere risultati positivi,


che avevano delle difficoltà
economiche
per aprire gli stabilimenti di


produzione ma che comunque tutto si
sarebbe risolto entro la fine del 2003.




Siamo ad aprile 2004 e non ci sono
novità se non quella che i dipendenti


della Eolo Italia ( hanno mai
lavorato
alla produzione della vettura ??? )


sono in cassa integrazione e che il sito
internet italiano non esista più
.




Vi terremo comunque aggiornati su
questa
straordinaria invenzione, che si


sta trasformando giorno dopo giorno
in
un grande giallo automobilistico.

UNO STATO IMMORALE di Michael Melchior

Il
gruppo di ragazzi che s’erano radunati attorno a noi sembravano
divertirsi.
Alcuni di loro tenevano in mano siringhe appena raccolte in un cortile
vicino e
ci stavano dimostrando come si fa a farsi
un’iniezione "come i grandi". Altri ancora bestemmiavano lo stato e
tutto ciò che ad esso era collegato. È difficile dare
loro torto: non è
piacevole osservare un centro comunale recintato.

Vicino
alla strada coperta di ghiaia, le acque reflue scorrono a cielo aperto
e gli
inquilini della casa accanto ci raccontano della complessa rete "ATM"
per la vendita della droga che tiene aperti isuoi
sportelli qui, dal pomeriggio fino alla mattina seguente.

Probabilmente
i milioni di israeliani che quest’estate si sono recati
all’estero,
non s’imbatteranno mai in scene come questa. Il luogo è
nascosto, dall’altra
parte della strada, a due chilometri
dall’aeroporto
Ben
Gurion
. Durante i decolli e gli atterraggi, è
difficile
vedere le capanne squallide, il fetore e le droghe della città
di Lod, ma per i
suoi residenti si tratta della dolorosa, deprimente realtà di
ogni giorno.

Negli
ultimi anni, vi sono stati seri tentativi di cambiare la situazione e
migliorare l’immagine della città di Lod. Ma quando
sembrava
che si fosse finalmente riusciti a mettere la città sulla
carreggiata
giusta verso una nuova opportunità di sviluppo, alcune della
Autorità
competenti interruppero le iniziative ed adesso, il collasso e la
distruzione
sono imminenti come non mai.

Israele,
che si autodefinisce uno "stato ebraico democratico", è
diventato uno
degli stati più immorali del mondo occidentale.

C’è
una disciplina nella quale Israele potrebbe candidarsi alla medaglia
d’oro, ma
non certo ad Atene. Sto parlando della forbice tra i redditi degli
strati al
vertice della società e quelli degli strati più bassi.
Questa forbice s’è
allargata tanto da compromettere oggi la dignità umana facendo
sorgere gravi
dubbi sul nostro diritto di chiamarci ancora una società ebraica
democratica.

Non
si tratta di una fatalità. Soltanto qualche anno addietro,
Israele occupava un
posto al vertice della piramide dei sistemi educativi.
Anche il sistema sanitario israeliano era rinomato in tutto il mondo e
ciò in
tempi caratterizzati da una situazione economica peggiore di quella
attuale.

Noi
viviamo in una società in cui un milione ed un quarto di persone
– di cui il
40% attivi sul mercato del lavoro – vivono al di
sotto della soglia di povertà. Questa è una
società che abbandona 366.000 dei
suoi minori a rischio buttandoli in strada; una società che
tratta i suoi
lavoratori immigrati come animali; una società che disprezza i
suoi anziani e
li manda a frugare nella spazzatura. Questa è una società
che, secondo le
informazioni presso il Comitato parlamentare per i Diritti dei Minori,
dopo
avere abbandonato ogni standard chiede ai suoi assistenti sociali di
dedicare
una media di due minuti a cadauna famiglia in condizione di disagio. Si
tratta
di una società che è leader nel mondo per quanto riguarda
il traffico di donne.
Una tale società non è né ebraica né
democratica.

La
soluzione magica che il governo israeliano dice di avere trovato per
venire
fuori da questa situazione, si chiama privatizzazione, adottata
dall’armamentario della scuola economica del ministro delle finanze e
conseguita a ritmo incalzante. Da un paio d’anni, la società
israeliana si sta
privatizzando fino alla morte. I danni provocati da questa tendenza
pericolosa
sono ovvi e si riscontrano dappertutto.

Così,
ad esempio, si fanno appelli alle comunità ebraiche all’estero a
sussidiare i
campi estivi per i bambini indigenti d’Israele. I giorni passano, passa
un anno
e col passare del tempo, le mode cambiano. Le somme che questo anno
sono
affluite dalle comunità all’estero, si sono significativamente
assottigliate
e di conseguenza, il numero dei bambini inviati ai campi estivi si
è ridotto di
due terzi.

Per
via della privatizzazione, il governo d’Israele si lava le mani
liberandosi
anche delle sue residue responsabilità sociali. Nella migliore
tradizione dello
shtetl della comunità ebraica in diaspora, il governo lascia
l’educazione, la
sanità ed il welfare alla discrezione di ricchi filantropi.

È
pur vero che la beneficenza sia sempre stata la preoccupazione
principale
della comunità ebraica. Ma questo non è ciò che lo
stato di Israele era
destinato ad essere. Lo stato ebraico doveva
e deve essere al servizio di tutti i suoi cittadini – e non solo di
quelli più
ricchi – per metterli in condizioni di offrire una buona educazione ai
loro
figli, offrendo a tutti i cittadini assistenza sanitaria e servizi
sociali a
garanzia del loro benessere e della loro dignità.

Invece
di un regime regolato dalle leggi, sta per essere introdotto un regime
basato
sulla carità, sulla raccolta di contributi a titolo di
beneficenza
e sul reciproco darsi pacche sulle spalle.

Nello
stato mendicante non vi è posto per ragazze-madri, anziani o
handicappati. I
filantropi preferiscono donare i loro soldi per la
costruzione
di grandiosi edifici di marmo o per comprare ambulanze con i loro nomi
scritti
sopra.

Nello
stato mendicante, il parlamento emana una "legge per l’alimentazione"
che assicuri che una piccola percentuale della
popolazione
scolastica (che naturalmente, verrà subito bollata come
miserabile) possa
accedere ad un pasto caldo al giorno. Una parte considerevole di questa
legge –
difficile crederci, ma una maggioranza dei parlamentari effettivamente
l’ha
votata – sarà finanziata da benefattori filantropi. Ma cosa
succederà se i
filantropi dovessero decidere di destinare i loro contributi ad
altre
cause ? Al
di là del rischio imminente di un collasso dei sistemi
educativi, sanitari e
dei servizi sociali, coloro che ne hanno bisogno – cioè, la
maggioranza
della popolazione – stanno perdendo la loro voce in capitolo.
Perché dove è
arrivata la privatizzazione, non vi sarà più un ministro
responsabile e di
conseguenza, i bambini a rischio non avranno più voce nei
confronti del
consiglio dei ministri.

Quelli
delle classi agiate possono aspettare altri due anni per avere i
benefici da
una diminuzione delle tasse promessa loro da Netanyahu.
Anziché
ridurre le
tasse, il governo avrebbe fatto meglio a destinare la somma in
questione – 2,5
miliardi di NIS – al servizio sanitario pubblico, alle ragazze madri ed
ai
bambini a rischio. Se avesse fatto questo, forse l’anziana coppia che
aveva
"ringraziato" Netanyahu
prima di riscattarsi dalle sue miserabili
condizioni economiche suicidandosi insieme, avrebbe potuto ringraziarlo
personalmente. Se avesse fatto questo, il governo si sarebbe potuto
vantare di
essere a capo di uno stato ebraico, democratico.

fine

PS:
per i coloni dei Territori Occupati, gli stanziamenti statali non hanno
mai
subito tagli.

LA STRATEGIA DEL TERRORE di Giovanni Russo

sabbia, procurarti scorte idriche e alimentari, far man bassa di
medicinali,
mettere nastro adesivo alle finestre e aspettare l’arrivo del
prossimo aereo
dirottato sulle nostre città.

Il
governo italiano, infatti, ogni giorno utilizza i media per divulgare
le
minacce di questa o quella fazione fondamentalista Islamica pronta a
fare
strage, prendendosi poi la briga di confortarci con il fatto che il
livello di
guardia è stato alzato e che le misure preventive di controllo
sono
straordinarie.

Tutto
bene allora, direte voi…

Peccato
però che spesso dalle parole ai fatti la differenza è
siderale.

Lo
scorso week-end mi sono recato per motivi familiari a Roma, che tra
l’altro è
l’obiettivo primario del prossimo attentato di mister Osama & Co.

Credendo
di partire per una vacanza in zona di guerra, appena arrivato a Termini mi sono
reso conto che le fantomatiche straordinarie misure di controllo erano
inesistenti.

Di
polizia nelle principali fermate della metropolitana
(Ottaviano-San Pietro, Termini,
Colosseo, Barberini, Spagna, etc..) nemmeno l’ombra.

Arrivato
a San Pietro,
dopo 20 min. di fila sotto la calura, per entrare in Basilica
arrivo al primo varco di controllo sotto il colonnato e…Accidenti! Mi
ricordo
all’ultimo momento di avere il palmare in tasca e
il metal-detector quando
passo puntualmente suona… mentre mi accingo a tirar fuori dalla tasca
dei
pantaloni il mio Tungsten
il poliziotto, con un secondo metal-detector in mano,
mi fa cenno che posso proseguire..? E se invece del mio palm ci fosse stato
qualcos’altro? Mentre mi incammino verso l’ingresso noto con piacere
che lo spazio
aereo sopra la basilica
non è per niente chiuso, anzi posso distintamente leggere
i codici e le insegne di un airbus della Iberia…alla
faccia dell’11 settembre,
delle minacce di Al Quaeda all’Italia, alla faccia della Iberia
compagnia di bandiera della Spagna già colpita nei mesi scorsi
dal terrorismo e alla faccia anche di chi afferma che
l’Italia è protetta da misure eccezionali di controllo, ma
andiamo avanti…

Prima
di entrare vedo che al secondo varco ci sono dei signori della security
vaticana che “gentilmente” allontanano i pellegrini (americani,
messicani e
alcuni polacchi) in abiti non consoni alla vista di chi è in
basilica per
pregare
; questa almeno era la spiegazione che veniva data nelle
varie
lingue ai cattolici che da varie parti del mondo, probabilmente per la
prima e
purtroppo forse ultima volta, stavano entrando in basilica e
venivano respinti perché
vestivano canottiere, shorts o bermuda. Dov’è lo scandalo nel
vedere il
polpaccio del turista di turno proprio non lo capisco, anzi trovo che
questo
sia un modo per allontanare la gente da una religione bigotta e poco
elastica
verso le reali esigenze di chi si fa ore di fila sotto il sole per
visitare i
luoghi sacri.

Il
problema, capite, non era il fatto che ero riuscito ad eludere il
controllo
della polizia senza la minima perquisizione (anche corporale) portando
dentro
200gr. di metallo, ma la lunghezza degli shorts che la gente indossava.
Ho
spesso subìto più controlli ai concerti o alle partite di
calcio che in San
Pietro sotto la minaccia di attentati.

Ma
il mio tour nella “Roma Blindata” non finisce qui, anzi potrei
raccontarvi che
entrare al Colosseo
non comporta alcun tipo di controllo, si fanno circa 30
minuti di fila per il biglietto ma vabbè, ci può stare
nella calda Roma di ferragosto
invasa dai turisti.

Potrei
raccontarvi anche che sono andato a bussare in modo scherzoso
all’ingresso
principale di Montecitorio
urlando: “..aprite ladri, ridatemi i miei soldi” e
che anche qui la presenza delle forze dell’ordine lasciava a
desiderare, i
carabinieri in servizio erano rintanati nell’unico angolo della piazza
in quel
momento all’ombra, sul lato opposto.

Potrei
entrare nel dettaglio raccontandovi come si può entrare nel Pantheon
tranquillamente con uno zainetto, senza che nessuno vi chieda nulla.

Allora
a questo punto a cosa e a chi si deve credere? Se è vero che il
fondamentalismo
Islamico si sta preparando a fare attentati nella penisola e nelle
città d’arte,
dove sono i controlli? E se invece tutto questo allarmismo è
parte di un
progetto predefinito di strategia del terrore, atto a creare un clima
di
tensione con l’unico scopo di riversare maggiori investimenti economici
al ministero degli interni, al ministero della difesa, al sismi
e al sisde?
In un’Italia
sempre più succube dei voleri guerrafondai degli alleati
c’è sempre più bisogno
di denaro pubblico per finanziare questa o quella operazione militare o
di
prevenzione sul suolo nazionale.

Tanto poi
comunque alla fine in un modo o nell’altro paghiamo sempre noi.

di Giovanni Russo

LETTERA APERTA di Vincenzo De Pretore

sempre meno cittadini italiani e sempre più entità non definite di una megaistituzione commerciale che calpesta quotidianamente (e subdolamente) i diritti di tutti i cittadini.
La metamorfosi che ci sta caratterizzando è quella da cittadini italiani a consumatori europei. Quel che è peggio è che, come consumatori, abbiamo sempre meno “voce in capitolo”. Sembra che le multinazionali possano tutto, ma proprio tutto! La sensazione che abbiamo noi cittadini è che a queste manchi solo il rappresentante in parlamento, non più mascherato da un’effimera etichetta nazionalistica (rappresentante dell’Italia, della Germania, etc.).
Esprimo fortissimi dubbi sulla costituzione europea perché essa non è la somma del meglio di tutte le costituzioni dei paesi europei bensì un livellamento verso il basso con molte ambiguità interpretative. Oggi i cittadini non si sentono rappresentati dai politici, siano essi rappresentanti nazionali o euro-rappresentanti. Vedono capitolare di fronte alle esigenze di un mercato globale quelle più semplici legate alla loro vita quotidiana che ha dei capisaldi imprescindibili:

Diritto a vivere in ambienti non inquinati;
Accesso ad alimenti sani, biologici, controllati e con costi accessibili (nessuno vuole il transgenico che l’UE ha sdoganato, purtroppo con l’aiuto dello sciagurato Prodi);
Una sanità aperta a 360 gradi a tutte le discipline mediche e non patrimonio delle multinazionali del farmaco che di fatto pilotano anche la legislazione in materia per mantenere il monopolio della cura;
Collegata alla precedente, l’inalienabilità del diritto di scelta della cura secondo coscienza;
Diritto di accesso all’acqua potabile per tutti, indiscriminatamente, abolendone il commercio. Non si può commerciare su qualcosa di indispensabile alla vita;
Diritto di accesso a tutte le informazioni – la democrazia sembra essere diventato un grande bluff dove i cittadini abdicano in favore di rappresentanti che diventano di fatto dittatori che non tengono in alcun conto la volontà popolare per tutta la durata del mandato che, tra l’altro, fanno in modo che duri il più a lungo possibile;

Mille altre istanze potrebbero essere elencate e, son sicuro, sarebbero le stesse per ciascun cittadino “precettato” in questa Unione Europea. Un fatto incontrovertibile è che le elezioni sono diventate una farsa e, probabilmente, lo sono sempre state. I cittadini non vorranno vivere in uno stato orwelliano da 1984 dove il “grande fratello la fa da padrone. Siamo in gran parte coscienti dei perversi meccanismi che ci stanno conducendo in un tunnel senza uscita, fatto di guerre preventive e dei “casus belli” opportunamente costruiti.

Sta a Voi, Deputati ed Eurodeputati prendere lo scettro della rappresentanza delle istanze dei cittadini e non delle corporazioni, dei popoli e non dei loro rappresentanti che, molto spesso sono “sudditi” di altri potenti.
Vogliamo vivere liberi in un mondo libero. Libero dallo sfruttamento che l’occidente perpreta verso il terzo mondo, liberi dall’assillo del PIL che ogni anno deve crescere (ma dove deve arrivare sto PIL?).
Come cittadino che “ragiona” vi chiedo di riflettere su una ricetta che potrebbe sembrare banale ma che banale non è: “statalizziamo la Banca d’Italia, che d’Italia non è!!”. Stai a vedere che in pochi anni eliminiamo il debito pubblico?

Clonazione umana: speranza o terrore di Paolo Cortesi

È, per capirci, del tutto analogo
all’agosto 1945,
il mese in cui due bombe
atomiche
cancellarono decine di migliaia di giapponesi
con la allucinata rapidità del bagliore esplosivo.

In Inghilterra è stata legalizzata la
clonazione di
cellule umane.

Queste poche parole esprimono molto di
più di quanto
in effetti dicono; se cercassi una frase ad effetto direi che è
stato aperto il
vaso di Pandora. Sarò più sobrio, e mi limito a dire che
i soliti esperti hanno
ottenuto un ulteriore, fondamentale successo per la devastazione morale
e
materiale di questa infelice umanità.

Troppo pessimista? Troppo catastrofista?

Gli scienziati (ah! che uomini sublimi sono
gli
scienziati!…) giurano che le ricerche saranno discrete, limitate, in
punta di
piedi: si lavorerà con le cellule umane solo quel pochino che
serve per trovare
tante belle medicine per i poveretti che soffrono di malattie fino ad
ora
incurabili.

Dunque, chi mai potrebbe essere contrario ad
uno
scopo così nobile e giusto?

Chi sarebbe così crudele da negare una
luminosa
speranza ai malati?

Dunque, via libera alla crociata dei
clonatori! E
chi si oppone o chi dubita è un ottuso fondamentalista.

No: le cose non stanno per niente così
e tutte le
paure di chi obietta sono ragionevoli e legittime.

Bertolt Brecht diceva
che quando lo stato si prepara
a chiedere ai propri sudditi di farsi ammazzare si fa chiamare patria.
Oggi
direi che quando la scienza desidera avere mano libera e carta bianca
su ciò
che riguarda l’essenza della vita si fa chiamare medicina filantropica.

Non occorre troppa malizia per capire la
portata
gigantesca degli interessi economici che gravitano attorno alle
ricerche sulla
clonazione; è l’Eldorado della genetica, la terra promessa
ancora vergine e
disponibile agli assalti dei nuovi conquistadores che imporranno
priorità e
possessi su complesse realtà prodotto dell’evoluzione nel corso
di milioni di
anni, con la stessa ferocia e avidità con cui gli spagnoli di Cortez e Pizzarro
devastarono i reami inca , maya e aztechi.

È stata aperta – inutile nascondercelo
– una caccia
al tesoro le cui leggi sono così vaghe, incerte, mutevoli da
dimostrare la loro
inconsistenza. E poi, chi controllerà efficacemente che le
regole siano
rispettate? Verrà costituita una specie di gendarmeria di
laboratorio o dovremo
fidarci ancora una volta della parola dei ricercatori che, bontà
loro, si
autocontrolleranno?

E ancora: quanto costerà un medicinale
ottenuto con
mezzi così sofisticati? Quanto ricadranno economicamente sul
prezzo finale del
farmaco i costi di ricerca?

Ammettiamo pure che si arriverà a
realizzare una
medicina per il diabete: è moralmente accettabile che vengano
guariti solo i
diabetici ricchi che potranno pagare la cura?

E tutti i milioni di diabetici indigenti,
nullatenenti, poveri, terzomondisti è moralmente giusto che
siano condannati a
soffrire e a morire come accade da sempre?

La lobby farmaceutica non permetterà
mai che un
business da miliardi di dollari abbia niente a che fare con la morale:
esempi
recenti ce lo dimostrano senza dubbio: i paesi poveri devono pagare
come i più
ricchi o devono rassegnarsi a registrare tassi di mortalità
speventosi.

E poi – lo sappiamo bene, non facciamo finta
di
ignorarlo – le ricerche sulla clonazione umana avranno ben altri
sbocchi oltre
quello “ufficiale” che deve farcela amare.

La clonazione umana sarà un’arma in
più negli
arsenali delle potenze guerrafondaie (penso, in primis, a Stati Uniti e
Gran
Bretagna); porterà ad ordigni inimmaginabili, come “bombe
etniche” che
uccideranno solo appartenenti a certe tipologie genetiche.

Oppure queste sublimi ricerche verranno
utilizzate
per creare un tipo umano docile, facilmente influenzabile, mansueto: il
cittadino ideale per ogni governo di questa terra.

Non sono fantasie pessimistiche: voltatevi
indietro,
considerate gli ultimi cento anni della scienza e vedrete facilmente
che questa
è la modalità con cui pensano e agiscono i nuovi
scienziati: non esiste una
sola innovazione tecnico-scientifica che non sia stata impiegata in
qualche
modo per scopi militari.

E non dimentichiamo che anche la bomba
atomica venne
presentata all’opinione pubblica come una piccola seccatura accessoria
e che il
vero, fiero lavoro degli scienziati americani era stato tutto
consacrato allo
sviluppo di una fonte di energia inesauribile che avrebbe portato
libertà e
ricchezza a tutti i popoli…

Menzogne stomachevoli.

E oggi si vuole ripetere il giochetto,
contando
sulla apatica rassegnazione delle masse, sull’effetto snervante del
caldo
d’agosto che spinge la gente (già così poco attiva e
attenta) al mare e a
trascurare questa drammatica dannata notizia come una bizzarra
curiosità da
gossip di spiaggia.

Una gran brutta notizia, questa dell’agosto
2004: un
altro pesante macigno che viene ad aumentare la mole della immensa
prigione che
è diventata questa nostra terra.

Ma voglio continuare a sperare.

In fondo,
ad ogni prigioniero è riconosciuto il
diritto naturale a tentare di fuggire.

UNA CULTURA DI POTERE di Mauro Quagliati


Certo, da un General
Manager
ci si aspetta logicamente un’opinione


liberale e liberista, e su
Nexus
giustamente c’è spazio per tutte le idee.


Che
l’Italia abbia perso molti treni negli ultimi 40 anni, a causa del fatto


che
è governata da una classe politica di malfattori, mafiosi,
nepotisti,

tangentisti
e lobbisti (in una parola neo-coloniale), incapaci di vedere al

di
là del proprio naso è giusto ribadirlo. Che questa sia
l’eredità della

cultura
borbonica-mediterranea, lo dubito fortemente rimembrando, così a


spanne,
che le “Polis” della Magna Grecia erano in Sicilia e che all’epoca


dell’unificazione
era il Regno dei Borboni a detenere il primato nella

penisola
dal punto di vista del benessere e della produttività dei


cittadini.
Se proprio vogliamo trovare una causa storica del fatto che

l’Italia
è il paese della burocrazia e della malversazione, va cercata, se


mai,
nella sua origine savoiarda. E considerato che i regnanti piemontesi


erano
imparentati con i francesi (illuministi e iniziatori della moderna


democrazia
parlamentare) e che dal secondo dopoguerra siamo diventati

colonia
degli Usa, sembra proprio che l’Italia rappresenti un vero

fallimento
della strategia di imporre “con le buone o con le cattive” una

mentalità
democratica ateniese-anglo-americana.


Il
modello della Polis ateniese, comunque, può esistere solo se si
esercita

la
democrazia diretta, con assemblee pubbliche alle quali la cittadinanza
è

chiamata
a partecipare. Che la municipalità di Seattle sia un esempio di


democrazia
partecipativa migliore dei nostri comuni è molto probabile. Che


il
merito di ciò risieda nella sua fondazione anglosassone, non
è detto,

altrimenti
non si spiegherebbe perché gli USA siano una pessima democrazia


rappresentativa
(con il primato di astensionismo tra i paesi

industrializzati)
che si preoccupa di imbarcarsi in guerre autolesioniste e

contrarie
alla volontà popolare, fatte ad hoc per occupare pozzi di
petrolio

che
potrebbero essere resi obsoleti dall’applicazione su vasta scala del


Dual-Bus
che tanto piacque ai cittadini di Seattle.


Quindi
c’è anche un problema di scala. Alle dimensioni della nazione


l’esercizio
della democrazia si limita al rito delle elezioni periodiche,

attraverso
cui vengono legittimati al potere dei personaggi scelti dalle

oligarchie,
che andranno a fare un mestiere oscuro e lontano dal controllo

puntuale
dei loro elettori, che dovranno subire le conseguenze delle

decisioni
veramente importanti, prese da eminenze grigie, su cui nemmeno i


politici
hanno il controllo. La “Democrazia” altro non è che il potere


dell’oligarchia,
gestito attraverso una serie di procedure che fanno

sembrare
che i cittadini siano parte in causa (un modo per “metterlo nel

culo
alla gente con il loro consenso” – leggasi “Sudditi” di M.Fini). E


naturalmente
gli USA sono il non plus-ultra dell’ipocrisia di questo potere

democratico,
basta vedere la composizione dell’attuale entourage della Casa

Bianca:
tutta gente che sta sul libro paga di aziende che curano interessi


ben
precisi e non certo quelli dei cittadini.


E’
giusto poi non ammazzare i piccoli imprenditori, ma spero che per


liberalizzare
l’impresa e gli incentivi ai neo-imprenditori che aprono

un’attività
non sia per forza necessario distruggere il Welfare come ha

fatto
la Tatcher negli anni ’80 (molti in UK ringraziano ancora oggi). Tra


la
via “burocratica” e la via del “Laissez-faire” totale ci sarà
una terza

via?

E
anche la distinzione generalizzata tra ex-colonie borboniche ed
ex-colonie

anglofone,
secondo me non regge affatto. USA, Canada e Australia non sono

ex-colonie;
sono luoghi in cui l’uomo bianco europeo è andato ad abitare


stabilmente,
prendendo il posto di chi vi abitava prima. Quindi non è che la


cultura
“democratica” ha attecchito meglio che negli altri luoghi,

semplicemente
in quei luoghi l’Europa si è replicata, sterminando

preventivamente
coloro che occupavano spazio “improduttivamente” (pellirossa

e
Inuit nordamericani, aborigeni australiani). Mostrando quindi il vero


volto
razzista che sottende la democrazia “neo-ateniese” moderna (in questo


aspetto
somigliante a quella dell’antica Grecia, a cui accedevano i pochi, i


cittadini
liberi, e da cui era esclusa la massa degli schiavi).

Dove
invece gli autoctoni sono rimasti la maggioranza etnica della

popolazione,
governati dalla classe dirigente europea (Africa, est asiatico)

oppure
dove i colonizzatori si sono mescolati
con gli indigeni (tipicamente

nei
domini spagnoli e portoghesi in Sudamerica), lì abbiamo il Terzo
Mondo.


Additare
l’India come esempio di paese dallo sviluppo economico molto alto e


partecipazione
dei cittadini molto intensa, lo trovo fuori luogo (al

contrario
si tratta del migliore esempio di catastrofe umanitaria che il

colonialismo
inglese sia riuscito a compiere in una civiltà estremamente


popolosa).
E
anche infierire sul Brasile e l’Argentina (e il Cile?) mi pare scortese.


Se
questi saltano da una dittatura all’altra è colpa della cultura


post-spagnola?
O non è forse colpa dei loro invadenti vicini di casa?

L’America
Latina è il continente ex-colonia che più di tutti ha
cercato

nella
partecipazione dal basso le motivazioni per costruire dei governi


indipendenti,
i quali, quelle poche volte che sono arrivati al potere sono

stati
scalzati con il decisivo aiuto di forze esterne che hanno rimesso le


cose
a posto. I guerriglieri della CIA o i ricatti del FMI, si sono

prodigati
per affermare in Sudamerica tutto fuorché la democrazia della


Magna
Charta.


In
ultima analisi volendo generalizzare – scorrettamente – il destino delle


ex-colonie
nel mondo, a me viene da distinguere i paesi abitati da autoctoni


e
meticci da quelli abitati da bianchi e autoctoni ma governati sempre e


comunque
dall’elite WASP.

I
rivolgimenti dell’ultimo secolo, per esempio, hanno permesso all’India e


al
Sudafrica di passare dal secondo gruppo al primo, non certo in
virtù di

una
mentalità inculcata dalla democrazia nordeuropea, ma a forza di
calci in

culo
e grazie a congiunture internazionali favorevoli. E ci vorranno molti


decenni
per risolvere i secolari problemi di quei paesi.

La
sola eccezione a questo panorama risulta il Giappone, peculiare mix di


democrazia
moderna, efficiente e autoritaria, popolato e governato da

autoctoni,
che vivono da un secolo secondo la ricetta del modello

occidentale
(importata volenti o nolenti).

L’unica
massima che possiamo quindi evincere dalla storia è che la
cultura

di
potere mercantile-capitalista è risultata vincente. Questa
impostazione

ha
prodotto, nei paesi dei padroni, la democrazia; nei paesi degli schiavi,

la
servitù
e l’instabilità sociale.

LE DUE CULTURE DI POTERE di Aldo Reggiani


Fui invitato, insieme ai miei
eccellenti colleghi Alida Valli, Giulio Brogi, Raffaella Azim e
Antonietta Carbonetti , a presenziare la consegna del Premio
“Vallecorsi”, per giovani autori teatrali, nelle officine della Breda
Ferroviaria che nella città toscana hanno sede.

A pranzo chiesi notizia al
gentilissimo general manager della Breda (di cui purtroppo non ricordo
il nome) e squisito nostro anfitrione, di un certo treno chiamato “Pendolino” di cui,
all’inizio degli anni settanta, avevo letto le innovative tecnologie in
un articolo del “Corriere della Sera
che informava anche essere stato,
detto treno, messo in prova sulla linea Roma- Ancona proprio
perchè, piena di curve, poteva costituire un efficace test
sull’efficienza del nuovo gioiello della tecnologia italiana: di questo
treno non avevo più sentito, in seguito, parlare.

Quel simpatico signore mi
disse:”Vede, caro Reggiani, noi (la Breda) e la Fiat
sapevamo già
dalla fine degli anni sessanta che in Europa si stava pensando allo
sviluppo dell’alta velocità ferroviaria come mezzo principe per
offrire
un’alternativa più veloce ed ecologica al trasporto su gomma e
che
avrebbe inoltre permesso di alleggerire l’intensità del
traffico
su strade ed autostrade.

Ma mentre i francesi ed i
giapponesi si concentravano su treni che avevano bisogno di nuove linee
costruite per la bisogna, noi italiani, più geniali, avevamo
concepito
un treno che potesse andare, per merito di un carrello ad assetto
variabile, più veloce di circa il venti per cento, rispetto gli
altri
convogli, anche sulle linee già esistenti: ciò significa
che se
un treno copre un percorso in quattro ore il Pendolino poteva
effettuare la stessa tratta in tre ore ed un quarto offrendo da subito
un miglior servizio ai viaggiatori.

Purtroppo, però, in
Italia la
cultura politica imperante è quella che io definisco (è
sempre il
manager che parla)
“arabo-borbonico-papalino-spagnolesco-mediterranea”, per la
quale chi è al potere elargisce favori a sudditi che,
grati,
“baciano le mani” confermando, con ciò, il potere di chi
è al potere.

Per un esponente di tale
cultura di potere, un treno tra Milano e Palermo, sulla carta,
c’è: che

poi questo treno possa
portare tremila persone quando invece la richiesta da soddisfare
è di
cinquemila, che copra la tratta in venticinque ore quando ci sarebbe la
possibilità di compiere il percorso in dodici, che le
toilettes
non funzionino e che non abbia un servizio di ristoro nemmeno
all’altezza di una mensa per poveri, per tale signore queste cose
costituiscono particolari di secondaria importanza: non stiamo a
sottilizzare.

Questa è la ragione,
continuava
il gentile manager, per cui, pur avendo offerto su un piatto d’argento
il Pendolino
alle Ferrovie dello Stato, in modo che si potessero porre
all’avanguardia in Europa, il treno, dopo i collaudi sulla linea Roma-
Ancona, è stato messo in un deposito ad ammuffire: lo tireranno
fuori
per i campionati
mondiali di calcio del novanta
tanto per far vedere che anche in
Italia abbiamo fatto qualcosa in proposito.

Nel frattempo, però,
a
distanza di quasi vent’anni, siamo stati sopravanzati dai francesi e
dai giapponesi.

Il danno è stato enorme
per
l’economia e l’occupazione italiana perchè quando cercavamo di
vendere
alla ferrovie di altri Paesi, compresi quelli dell’Est europeo, il
nostro gioiellino, giustamente ci chiedevano come mai, se il prodotto
era cosÏ valido, le ferrovie italiane non lo utilizzassero”

Queste le parole del manager,
il quale passò a spiegarmi che la cultura politica di cui sopra
era per
forza di cose perdente rispetto a quella scaturita dalla Democrazia
Ateniese e rispuntata nel medioevo in Inghilterra con la Magna Charta ,
per la quale si va al governo sulla base di un programma, eletti da
cittadini, e non da sudditi, che poi giudicheranno nei fatti se gli
amministratori hanno o no mantenuto le promesse: la politica,
insomma, come servizio.

A conferma di ciò
mi
spiegava che qualche tempo prima la Breda aveva vinto un concorso
internazionale per il ricambio totale di tutto il parco autobus della
Città di Seattle ( due milioni di abitanti circa), negli Usa
(gli
americani, per fortuna, son fatti cosÏ), mettendo in campo un
altro gioiello della tecnologia Made in Italy, il Dual-Bus, un
autobus non inquinante col propulsore a metano ed una batteria
elettrica che, alimentata da una dinamo collegata al motore termico,
una volta riempita, fornisce energia ad un motore elettrico, con
notevole risparmio economico.

Mi raccontò che quando
andò in
quella città per firmare il contratto si ritrovò in un
salone,del
Comune dove l’assessore ai trasporti spiegava a rappresentanti dei
clienti del trasporto pubblico municipale (operai, impiegati,
professionisti ed altri) che i tecnici avevano scelto l’autobus
italiano, preferendolo a quelli presentati da General Motors,
Mercedes, Toyota ed altre case mondiali, poichè era quello
maggiormente
rispondente ad alti standard ecologici, economici e di sicurezza.

Ad un certo punto alzò
la mano
un paraplegico in carrozzella, rappresentante degli handicappati, che
domandò “and for us, please?” ( e per noi, grazie?).

Subito l’assessore
scartabellò
nel fascicolo e mostrò all’interessato che tutti i Dual-Bus erano
attrezzati in modo che un paraplegico potesse salire sul mezzo ed
inchiavardare la propria carrozzella senza l’aiuto di alcuno: se quel
signore non fosse stato convinto nessun assessore o sindaco si sarebbe
arrischiato a firmare il contratto: in una vera democrazia i cittadini
hanno il diritto effettivo di controllare la bontà delle scelte
degli
amministratori. Non mi risulta che , per faccende del genere, in Italia
si seguano simili procedure (possiamo anche notare che di Dual-Bus,
prodotti fin dagli anni ottanta del secolo scorso, nelle
nostre città, non si è vista l’ombra).

Questo ci spiega perchè
nei
Paesi in cui, con le buone o con le cattive, si è affermata la
cultura
di potere che potremmo chiamare “Angloateniese” (Stati Uniti,
Canada, Australia, Giappone, Nord Europa ed oggi anche l’India)
assistiamo ad uno sviluppo economico molto alto e ad un livello
di partecipazione quotidiana alla vita della “Polis” molto intenso e
responsabile da parte dei cittadini.

Questo ci spiega anche
perchè
nelle ex colonie spagnole e portoghesi non si riesce a sviluppare una
società veramente democratica e si passa, malgrado
territori ricchi di risorse (vedi l’Argentina e/o il Brasile), da
una dittatura ad un’altra, da una oligarchia ad un’altra col
contorno di devastanti crisi economiche.

Questo ci spiega perchè
due
onesti signori in pensione, qui a Roma, quando hanno voluto aprire una
pizzeria da asporto in Via dei Monti di Primavalle, nel pieno della
zona di interscambio tra la stazione della metropolitana
“Battistini” e le fermate d’autobus, anche per creare un lavoro
ai propri figli, hanno aspettato “i permessi” per quasi un anno dovendo
pagare a vuoto l’affitto del locale senza poter produrre una focaccia,
col risultato poi di vedersi piovere come un falco, il giorno
dell’inaugurazione, la solita guardia comunale che voleva far pagar
loro una multa di dieci milioni delle vecchie lire perchè si
erano,
ormai esausti, azzardati ad aprire l’attività senza avere
ancora
l’ultimo permesso per l’armadio-frigorifero delle bibite, a causa di un
ritardo dell’ufficio “preposto”: mi informava un indiano Sick (quelli
col turbante), di nazionalità inglese, che, dopo la rivoluzione
liberale di Margaret
Thatcher
, nel regno di Albione i permessi si ottengono in una
settimana e l’amministrazione pubblica ti invia anche un biglietto di
auguri, dicendosi grata per il fatto che con una nuova attività
stai
creando lavoro e ricchezza. Negli Usa prima apri e dopo cinque
anni cominci a pagare le tasse poichè il pensiero dominante,
laggiù, è
che non si può cominciare a potare un albero mentre ancora
spuntano le
foglie.

Questo ci spiega anche
perchè
il mio amico Saro, proprietario di un ristorante nella splendida
Petralia Sottana, in Sicilia, sulle Madonie, uomo di grande energia e
fantasia produttiva, quando non ne può più, si mette ad
urlare “Bossi non
deve stare a
Milano: in Sicilia deve venire!”.

Microchip sottocutanei permanenti di Ivan Ingrilli









Se nei giorni scorsi aveva alzato una certa attenzione la decisione
delle autorità giapponesi di Osaka di agganciare un chip a
radiofrequenza sugli abiti degli alunni delle scuole locali, ora dal
Messico arriva una notizia che porta la questione della localizzazione
via chip ad un
nuovo livello.

Stando a quanto riportato da LA
Times
, il governo messicano ha deciso di richiedere che venga
impiantato un chip sottopelle a tutti coloro che intendono accedere al
Centro Nazionale dell’Informazione diretto dal procuratore generale del
Messico. Si tratta di un nuovo database nazionale di interesse primario
per le autorità di pubblica sicurezza.

A dare il "buon esempio"
è
stato proprio il procuratore Rafael Macedo de la Concha che ha
dichiarato di avere già un chip installato
sottopelle
. Secondo de la
Concha si tratta di una misura fondamentale per garantire sicurezza al
proprio ufficio e a se stesso: il chip è infatti
in
grado di
individuare la posizione della persona sul territorio. Una misura
ritenuta necessaria per evitare sequestri.

Lo stesso impianto, reso
necessario per poter accedere ai locali del Centro informatico, lo
hanno subito i membri dello staff del procuratore. "Si tratta – ha
spiegato Macedo – di un’area ad alta sicurezza ed è necessario
che si
acceda attraverso un chip
che non possa essere rimosso". Macedo si
riferisce evidentemente al fatto che, se rimosso, il chip non può
più
essere utilizzato come sistema di identificazione.

Al momento, forse a causa della
riservatezza della notizia, non si hanno dettagli su quale sia la
tecnologia utilizzata, al di là dell’impiego di un localizzatore
satellitare. È possibile che si tratti di quella sviluppata da Applied
Digital Solutions
, società pioniera del settore e già
autrice di
una
serie di progetti, come il Veripay, chip sottopelle da
usare come
"bancomat" per i pagamenti. Sono di Applied
Digitale
, peraltro, i chippetti
sottopelle
utilizzati in un locale notturno spagnolo che ha
lanciato il "Giorno dell’Impianto".


http://punto-informatico.it/p.asp?i=48985

LETTERA AD OSAMA di Davide Enrico

Spett.le
Associazione Criminale "Al Qaeda"
alla cortese attenzione
del presunto direttore Osama Bin Laden

c/o Ufficio Distrettuale della C.I.A.
812 Pennsylvania Avenue
4017 Washington D.C.

Caro Osama,
sono un bimbo di 9 anni e vivo in un ameno paesotto della penisola italica. Da un terzo della mia vita seguo con passione le tue imprese criminali e noto con dispiacere che negli ultimi tempi non sei più comparso sullo schermo televisivo. Dicono che stai preparando attentati molto peggiori di quelli capitati l’11/9 e questo giustificherebbe la tua latitanza dalla scena pubblica. A quanto pare sei impegnatissimo a definire i dettagli di una strage fantasmagorica e al riguardo mi permetto di suggerire alcune modifiche al tuo consueto modus operandi.
Invece di colpire la gente comune, in modo da infliggere danni indistinti al perfido mondo occidentale che trae vantaggio dallo sfruttamento del mondo arabo, che ne diresti di prendertela con i veri responsabili di tale sfruttamento, ossia con i vertici della politica e dell’esercito che effettivamente mandano i soldati in terra musulmana nonostante il parere contrario dei loro cittadini?
Mi spiego meglio e all’uopo tornano idonei gli attentati del citato 11/9. Perchè hai fatto ammazzare gente innocente che lavorava alle Torri Gemelle, anziché i fautori del nuovo imperialismo americano che risiedono alla Casa Bianca? Ci è stato detto che tale obiettivo era effettivamente nei tuoi piani, ma allora perché l’hai messo al quarto posto invece che al primo? Ti dirò di più… Se avessi centrato solo la Casa Bianca la maggioranza degli americani sarebbe stata contentissima, perchè avrebbe potuto tornare a votare in modo nuovamente democratico. Al contrario tu hai colpito la gente comune e questa comprensibilmente si è incazzata.
Ti definiscono un "genio del male", ma secondo me hai sbagliato mestiere e l’11/9 mi offre la plateale opportunità per dimostrartelo. I tuoi attentati hanno scatenato una guerra infinita nel mondo arabo e i soldati del perfido mondo occidentale stanziano sempre più numerosi sul sacro suolo musulmano. Era questo che volevi? Credo di no e allora perché hai fatto quell’enorme stupidaggine dell’11/9? Se te ne fossi stato buono in compagnia di quel cerebroleso del mullah Omar, facendo di tanto in tanto una visitina ai tuoi amiconi della CIA, a quest’ora l’umanità sarebbe più in pace e i tuoi compatrioti islamici sarebbero meno afflitti dal quotidiano susseguirsi di omicidi.
Invece hai fatto un casino enorme e tornare indietro pare ormai impossibile. Tuttavia in piccola parte puoi ancora riscattarti e, se vuoi ritornare a essere una persona degna di fiducia, ascolta il saggio parere di un bambino come me, che nonostante i 9 anni ho sicuramente più cervello nella zucca.
Ritirati… Dico davvero: ritirati. Annuncia oggi stesso le tue dimissioni e dichiara finita la guerra santa contro l’Occidente. Faccio appello alla tua scarsa intelligenza e ti chiedo di rinunciare subito a organizzare nuovi attentati. Non lo dico per paura d’incorrere in qualche bomba lanciata dalla tua spettabile associazione, ma per il bene stesso dei tuoi fratelli musulmani che smetteranno di essere etichettati come terroristi (tanto quanto noi italiani veniamo etichettati come mafiosi).
So che tale prospettiva ti pare assurda, ma per lo meno riflettici un momento. E se proprio non vorrai prenderla in considerazione, spero che ti venga un blocco renale. Anzi no, quello ti è già venuto e probabilmente, come affermano alcune voci, ti ha già condotto nella tomba.
Se così fosse salutami Hitler, dato che il Signore ti assegnerà sicuramente allo stesso reparto di psicopatici criminali. Se così non fosse, presumo che continuerai a mettere a punto il tuo prossimo attentato, quello fantasmagorico con decine di migliaia di morti, che gli statisti americani stanno profetizzando con sempre maggiore frequenza.
Come fare per fermare questo deprecabile proposito? Sicuramente occorre scovarti e assicurarti alla giustizia, però le ricerche non devono concentrarsi nelle grotte afgane bensì dalle parti dei tuoi amiconi della CIA, che prima ti hanno creato e adesso fanno finta di non conoscerti.
Mi riservo di approfondire la questione in una prossima missiva e, nella speranza di rivederti vivo e vegeto attraverso gli schermi televisivi, ti auguro di scegliere con cura la tempistica del prossimo attentato e cioè il più vicino possibile alle elezioni americane, altrimenti quel tuo socio di pari intelligenza non verrà riconfermato.
Cordialmente critico.

RASSEGNATI O PLAGIATI di Paolo Cortesi

Oggi assistiamo alla
sistematica
manipolazione della realtà, che viene presentata al pubblico
secondo le
versioni utili ai fini di chi detiene il potere.

Abbiamo visto, ad
esempio, che la
guerra d’invasione dell’Iraq è stata motivata da un pretesto
(armi di
distruzione di massa) che si è rivelato inconsistente.

Chi ha una pur modesta
pratica del
mondo dell’informazione, nota con sgomento che le notizie vengono
regolarmente
filtrate; alcune sono semplicemente ignorate.

Quando la notizia non la
si può
proprio tacere, la si “distilla” in modo che ne esca un prodotto
innocuo al
potere, anzi addirittura ad esso benefico: la formazione artificiale
(non
storica) di un mastodontico impero come l’Europa Unita viene dipinto
come la
più sublime realizzazione della fratellanza dei popoli, e la
colonizzazione
dell’Iraq è una missione
di
pace
.

I mass media inventano e
alimentano una mitologia fantastica, ma che viene ripetuta così
spesso,
secondo
una ritualità decennale, tale da creare la
versione ufficiale della realtà
.

Non importa se poi, ad un
esame
più profondo, questa realtà si rivela falsa.

Il potere sta assumendo
caratteristiche metafisiche, ultraumane: è così
onnipresente e
onnipotente che
si può pensare –senza ironia o provocazione- che abbia preso il
posto
di Dio il
quale, se non è morto come taluni vogliono, oggi di certo non
vive
momenti di
gloria.

La quantità di
leggi e
regolamenti
cui siamo sottoposti è forse la più alta nella storia
dell’umanità.

Mai, neppure sotto Attila
o Nerone, la
vita pubblica e privata era così minuziosamente, così
nevroticamente
codificata.

Sotto Napoleone (che
pure
fu un
dittatore sanguinario) i francesi godevano di alcune libertà che
oggi
ci
sembrano addirittura impensabili: si potevano vendere alimenti e
bevande purché
se ne avessero; si apriva un negozio, un caffè, un ristorante,
un
albergo
purché si disponesse delle stanze in cui farlo e del personale
da
impiegare.

Provate a farlo adesso!…

Laurence Sterne
compì
il
suo
celebre viaggio senza avere passaporto e attraversando senza problemi
nazioni in
guerra fra di loro: provate a farlo adesso!

Oggi, periodo in cui a
scuola
insegnano che lo stato siamo noi e
godiamo della più ampia libertà possibile, le leggi e i
regolamenti ci
sovrastano e ci guidano, come fili invisibili delle marionette che
siamo diventati.

Tutto ciò che
riguarda
l’esistenza
umana, dalla culla alla tomba, è stabilito da leggi, le quali
sono
ovviamente
ben corredate da minacce, sanzioni, punizioni, ammende eccetera.

(Tutto ciò,
beninteso,
vale solo
per coloro che non hanno santi in paradiso, che non godono di efficaci
coperture, che non esercitano professioni particolari, che insomma non
riescono
a mettere neppure un dito nella torta del potere).

Restano davvero poche
attività in
cui possiamo esercitare liberamente e completamente la nostra
volontà.

Non solo, ma l’estensione
del
potere coercitivo è continua, inarrestabile. Appena si trova una
residua
attività non regolamentata, il potere provvede a ricoprirla, a
cristallizzarla
con la sua legge astratta, generica, ferrea. La vita, insomma, l’intera
vita
umana viene fagocitata dal Leviatano, e ci viene sputata fuori come un
astruso,
gelido elenco di “si può”, “non si può”.

Arriveremo a leggi che
determineranno le forme delle crostate e vieteranno, con la medesima
intransigenza, di sbucciare le mele in senso antiorario.

Ecco: la
parossistica mania legiferante del potere
stupirà lo storico
del
2200, il quale si chiederà come abbiamo fatto a vivere come le
disciplinate,
sottomesse formiche operaie.

Egli si chiederà,
ancora
più
angosciato, come abbiamo fatto a tollerare che, mentre noi eravamo
addestrati a
bastone e carota, una oligarchia di onnipotenti faceva quello che
voleva,
vivendo sopra le leggi che, troppo
spesso, imponeva alla gente e violava impunemente.

Egli si
sbalordirà, non
meno, per
la docilità con cui la gente subisce tutto ciò: tasse,
miseria,
sperequazioni,
ingiustizie, corruzione, militarizzazione della società, mass
media
inquinati,
condizionamento occulto…

Forse troverà
inquietante
la
mansuetudine con cui milioni di uomini e donne hanno permesso che poche
centinaia di infami figuri disponessero delle loro vite, dei loro
destini e del
futuro del pianeta.

Se mi soffermo sulla
storia dei
secoli scorsi, noto con stupore che le rivoluzioni – in quei tempi –
scoppiavano per molto meno!

La gloriose Giornate di
Luglio
1830, che detronizzarono Carlo X di Francia,
furono scatenate dal
tentativo del
re di imbrigliare la stampa.

Enrico conte di Chambord
perse il
trono per aver preteso di sostituire il tricolore con il vessillo
bianco col
giglio dei Borbone!

La Rivoluzione Americana
fu, in
buona sostanza, una sommossa organizzata dai borghesi e dai mercanti
delle
colonie americane contro il Regno Unito al quale non intendevano
più
versare le
tasse previste dalla legge britannica.

Quando penso alla
mansuetudine
bovina con cui le folle subiscono leggi, decreti, ordini, imposizioni
non posso
fare a mano di chiedermi se certe ipotizzate forme di controllo
psichico di
massa siano già attive…

Mi domando: l’inerzia con
cui
accogliamo tutto ciò che dispone delle nostre vite è
rassegnazione o
siamo
tutti vittime del più colossale plagio della storia umana?

Non è inquietante
la
rigorosa
repressione del dissenso organizzato che è invece molto
misurato,
pacato, quasi
folcloristico più che sovvertitore?

Esiste qualche segreta
forma di
dominio a distanza? (Oltre, beninteso, alla televisione, che sta
svolgendo
egregiamente la sua missione di ottundimento e disumanizzazione).

Abbiamo perso il nobile
senso
dello sdegno morale, della grandezza della dignità umana?

Siamo esseri umani
diversi da
coloro che proclamarono i diritti fondamentali dell’uomo?

Siamo tutti plagiati o
rassegnati?