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Il Generale Soleimani e il calcio d’inizio per il Mondo Multipolare

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Il consenso fra gli storici del futuro sarà inevitabile: gli anni ’20 sono iniziati con un omicidio diabolico.

Aeroporto di Baghdad. 3 Gennaio 2020, ora locale 00:52. L’assassinio del generale Qassem Soleimani, comandante della Forza Quds, una componente del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica, insieme a quello di Abu Mahdi al-Muhandis, vice comandante del Hasd al Sha’abi Iracheno, avvenuti per mezzo di missili Hellfire lanciati da due droni MQ-9 Reaper, è stato, di fatto, un omicidio come atto di guerra.

Questo atto di guerra ha fissato il tono della nuova decade ed inspirato il mio libro, pubblicato ad inizio 2021, “Raging Twenties: Great Power Politics Meets Techno -Feudalism”.

L’attacco tramite drone all’aeroporto di Baghdad, direttamente approvato dall’imprenditore/intrattenitore pop Donald Trump, che all’epoca governava l’Egemone, ha costituito un atto di imperialismo progettato come una forte provocazione, capace di generare una reazione da parte iraniana alla quale poi rispondere per legittima difesa, confezionata da “deterrente”.

Il proverbiale fronte della narrativa è arrivato alla saturazione, definendolo come un “omicidio mirato”: un’operazione preventiva atta a debellare i supposti piani di “imminenti attacchi” del generale Soleimani, ai danni di truppe e diplomatici US. Nessuna prova, di alcun tipo, è mai stata presentata a corroborare tale tesi.

Sia all’interno dell’Asse della Resistenza – Teheran, Baghdad, Damasco, Hezbollah – che nei paesi del Sud Globale, chiunque era a conoscenza di come il Gen. Soleimani avesse guidato la lotta contro Daesh in Iraq dal 2014 al 2015 e di quanto egli fosse stato strumentale alla riconquista di Tikrit nel 2015.

Questo era stato il suo vero ruolo: quello di un vero eroe della “Guerra al terrore” e non della “guerra del terrore”. Per l’Impero era un anatema ammettere che la sua figura brillasse anche fra le nazioni, rese vassalle, dell’Islam Sunnita.

È toccato all’allora Primo Ministro Irakeno Adil Abdul-Madhi, di fronte al parlamento di Baghdad, fornire il contesto definitivo: Il generale Soleimani, impegnato in missione diplomatica, è salito a bordo di un regolare Airbus A320 della Cham Wings da Damasco a Baghdad. Egli era coinvolto in complessi negoziati fra Teheran e Riyadh che includevano il Primo Ministro irakeno come mediatore, tutto ciò come da richieste del presidente Trump.

In questo modo la Macchina Imperiale, in beffa del diritto internazionale come accade da decenni e secondo il suo marchio di fabbrica, ha assassinato quello che di fatto era un inviato in missione diplomatica.

Due in realtà, perché al Muhandis esibiva le stesse doti di leadership di Soleimani, con il suo promuovere una sinergia fra la diplomazia ed il campo di battaglia, era considerato un insostituibile e fondamentale articolatore della politica in Iraq.

L’assassinio del gen. Soleimani è stato “incoraggiato” a partire dal 2007 da parte di un mix tossico di Neo-Con Straussiani e Conservatori neo-liberali, sommamente ignoranti della storia, della cultura e delle politiche dell’Asia sud-occidentale, in tandem con le lobbies Israeliane e Saudite di Washington.

Trump, beatamente ignorante delle relazioni internazionali e di questioni di politica estera, non poteva possibilmente comprendere il quadro generale e le sue terribili ramificazioni, avendo solamente, a bisbigliargli all’orecchio, fiancheggiatori di Israele tipo Jared “d’Arabia” Kushner.

Il Re ora è nudo

Ma tutto è poi andato in malora. La risposta diretta di Teheran all’assassinio di Soleimani, nei fatti abbastanza circoscritta considerate le circostanze, è stata attentamente misurata per non scatenare misure “deterrenti” imperiali prive di alcun freno. Ha preso la forma di una serie di attacchi missilistici sulla base di Ain al-Assad, sotto controllo americano, dei quali il pentagono ha ricevuto cruciali avvertimenti anticipati.

È stata esattamente questa risposta misurata ad aver cambiato le carte in gioco.

Il messaggio di Teheran ha reso chiaro e visibile a tutto il Sud Globale, che i giorni dell’impunità imperiale erano conclusi. Chiunque fosse dotato di un cervello funzionante, anche se disposto a concepire un’eccezione, non avrebbe potuto mancare di cogliere il messaggio: possiamo colpire i vostri asset ovunque nel Golfo Persico e oltre, quando lo riterremmo opportuno.

Questa è stata dunque la prima istanza alla quale ha contribuito Soleimani nella nascita del mondo multipolare, anche dopo aver abbandonato le sue spoglie mortali.

Quegli attacchi missilistici di precisione sulla base di Ain al-Assad hanno narrato la storia di un potere di medio livello, fiaccato da decenni di sanzioni e nel mezzo di un’enorme crisi economico-finanziaria, capace di rispondere ad un attacco unilaterale bersagliando installazioni imperiali facenti parte delle più di 800 a disposizione del “Impero delle Basi”.

Un inedito storico mondiale, di cui non si registrava eguale sin dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, che è stato chiaramente interpretato, attraverso l’Asia sud-occidentale e generalmente in tutto il Global South, per quello che significava: il Re è ora nudo.

Esaminando la scacchiera in mutamento

A tre anni dall’effettivo omicidio, possiamo ora scorgere altre istanze attraverso le quali Soleimani ha spianato la strada del multipolarismo. C’è stato un cambio di regime nella potenza egemone, con il Trumpismo che è stato sostituito da una cabala tossica, conservatrice e neo-liberale, infiltrata da Neocon Straussiani, che telecomanda un’entità senile e guerrafondaia a malapena in grado di leggere un gobbo.

La politica estera di questa cabala si è rivelata infine sommamente paranoica, contrapponendosi non solo alla Repubblica Islamica ma anche al partenariato Russo-Cinese. Si da il caso che questi tre attori siano i vettori principali del processo di integrazione Euroasiatica in corso.

Il generale Soleimani potrebbe aver previsto, in anticipo su ogni altro eccetto forse l’Ayatollah Seyyed Ali Khamenei, leader della Rivoluzione Islamica, che il JCPOA, o Nuclear Deal Iraniano, fosse morto e sepolto, così come reso evidente dalla recente farsa degli ultimi mesi a Vienna. Egli potrebbe aver dunque previsto come con una nuova amministrazione, sotto la guida del presidente Ebrahim Raisi, Teheran avrebbe finalmente abbandonato ogni speranza di venire “accettata” nel consesso dell’Occidente, così da abbracciare con tutto il cuore il suo destino Eurasiatico.

Anni prima della sua uccisione, il generale aveva già previsto una normalizzazione dei rapporti fra il regime Israeliano e le monarchie del Golfo Persico. Allo stesso tempo egli era anche estremamente consapevole della posizione della Lega Araba del 2002, condivisa tra gli altri da Iraq, Siria e Libano: non si sarebbe potuto neanche iniziare a parlare di una “normalizzazione”, senza il riconoscimento di uno stato Palestinese indipendente e vitale, con Gerusalemme est quale capitale e nel rispetto dei confini stabiliti nel 1967.

Soleimani aveva colto il quadro generale in tutta l’Asia Occidentale, dal Cairo a Teheran e dal Bosforo fino a Bab-al-Mandeb. Egli ha certamente colto in anticipo la “normalizzazione” della Siria all’interno del mondo arabo, così come quella della Turchia, oggi in corso d’opera.

Probabilmente egli aveva già impressa in mente la timeline con la quale l’Impero del Caos si sarebbe completamente disfatto dell’Afghanistan per concentrare la sua strategia del caos e del divide et impera, puntando sull’Ucraina e sulla guerra per procura contro la Russia. È facile immaginarsi Soleimani prevedere le mosse del presidente degli Emirati Arabi Mohammad bin Zayed (MbZ), mentore del principe saudita Mohammad bin Salman (MbS), scommettere contemporaneamente su un commercio libero fra Israele e gli Emirati e su una distensione con l’Iran.

Egli avrebbe potuto far parte del team di diplomatici quando, più di un anno fa, il consigliere per la sicurezza di MbZ lo sceicco Tahnoonmet ha incontrato a Teheran il presidente Raisi, discutendo anche della guerra nello Yemen.

Avrebbe anche potuto prevedere quanto è successo a Brasilia lo scorso fine settimana quando, a margine del drammatico ritorno di Lula alla presidenza del Brasile, funzionari sauditi ed iraniani si sono riuniti a discutere di una possibile distensione sul territorio.

Mentre si va riconfigurando a velocità folle l’intera scacchiera dell’Asia occidentale, l’unico sviluppo che il generale Soleimani non avrebbe forse previsto sarebbe stato la sostituzione del petrol-dollaro con il petrol-yuan, da compiersi in un arco di tempo di 3/5 anni, come suggerito dal presidente Xi Jinping nel suo recente summit epocale con il Gulf Cooperation Council (GCC).

I have a dream

La profonda riverenza espressa a tutti livelli della società iraniana per il generale Soleimani, dalla base fino alla leadership, si è certamente tradotta, onorando il lavoro della sua intera vita, nella la ricerca del meritato posto dell’Iran in seno al nuovo assetto multipolare.

L’Iran si è ormai consolidato come un nodo cruciale della Nuova Via della seta attraverso l’Asia Occidentale. La partnership strategica fra la Cina e l’Iran, accelerata dall’ingresso nel 2002 dell’Iran nella Shangai Cooperation Organization (SCO), è forte sia geopoliticamente che geo-economicamente in misura uguale ai partenariati interconnessi con altri due membri del BRICS: la Russia e l’India. È previsto che nel 2023 l’Iran diventi membro del BRICS+.

Parallelamente la triade Iran/Russia/Cina sarà fortemente coinvolta nella ricostruzione della Siria, completa di progetti BRI che spaziano dalla linea ferroviaria Iran-Iraq-Siria-Mediterraneo Orientale al gasdotto Iran-Iraq-Siria nel prossimo futuro, probabilmente il fattore chiave che ha scatenato la guerra per procura americana contro Damasco.

Soleimani è oggi riverito nel santuario dell’Imam Reza a Mashad, presso la moschea al Aqsa in Palestina, nell’abbagliante duomo tardo barocco di Ragusa nel sud-est della Sicilia, in uno stupa in cima all’Himalaya o presso un murales a Caracas.

In tutto il Sud Globale c’è una sensazione nell’aria: il nuovo mondo che sta nascendo, si spera più equo e paritario, è stato in qualche modo sognato dalla vittima dell’omicidio che ha scatenato gli Impetuosi ’20.

 

Pepe Escobar

Articolo originario da PressTv

Traduzione di Claudio Consoli

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